La calvizie è spesso considerata un problema maschile, ma in Italia ne soffre una donna su 4. Parliamo di circa 4 milioni di donne colpite dalla malattia. Inizia con la caduta di qualche capello o con il loro assottigliamento ed è diversa dall’alopecia. Sono parecchie le terapie disponibili e, grazie a recenti linee guida internazionali, è aumentato il numero di cure che possono essere seguite dalle donne.

Non è tutta colpa dell’ormone maschile

Secondo l’Androgen Excess (AE-PCOS) Society, la calvizie femminile può presentarsi anche senza che ci sia un eccesso di ormoni maschili, come in molti ritenevano finora. Le nuove raccomandazioni internazionali sgomberano dunque il campo da un equivoco: «Possiamo affermare con sicurezza che la donna con problemi di perdita di capelli non ha assolutamente tratti maschili, anzi: in genere il tasso di ormoni androgeni è del tutto normale. Il vero problema è che alcune zone del cuoio capelluto sono semplicemente ipersensibili a un ormone derivato dal testosterone. Si tratta del diidrotestosterone (DHT), prodotto anche dalla donna nelle ovaie e secreto nel sangue, tramite il quale raggiunge anche i follicoli, contribuendo in alcuni soggetti sensibili a infiammarli. La conseguenza è che questi si indeboliscono, diventano più piccoli e arrivano a chiudersi, impedendo la ricrescita dei capelli. Proprio l’azione di questo ormone, derivato dal testosterone, porta a chiamare la calvizie femminile alopecia androgenetica femminile, anche se ci sono differenze rispetto a quella comunemente nota come alopecia» spiega Mauro Conti, direttore scientifico di Hairclinic, centro specializzato in Medicina Rigenerativa Multidisciplinare applicata alla cura della calvizie.

Calvizie e alopecia: che differenza c’è

L’alopecia androgenetica o calvizie è la forma è più comune di perdita di capelli, e può essere maschile o femminile. La caratteristica è che è lenta, continua, progressiva e porta a diradamento. L’alopecia areata, invece, è quella che comunemente chiamiamo solo alopecia e si presenta con una perdita molto veloce e consistente di capelli, a chiazze. «Spesso inizia con le dimensioni di una moneta da due euro, in modo improvviso, anche dall’oggi al domani. Negli uomini colpisce maggiormente nella zona delle tempie, della chierica o nella parte posteriore della testa, mentre nella donna interessa principalmente la zona centrale. È dovuta a un danno circolatorio legato alla diminuzione degli anticorpi: si tratta infatti di una patologia del sistema immunitario. E la prima conseguenza è un minor apporto di sangue e ossigeno ai follicoli» spiega il dottor Conti. Ma sono soprattutto le cause e l’evoluzione a fare la differenza: «L’alopecia areata è come un fulmine a ciel sereno e in alcuni casi si risolve anche senza cure specifiche o con cortisone locale, in altri è una battaglia lunga e complessa. Anche l’alopecia androgenetica richiede un intervento articolato, perché oltre al fattore genetico concorrono altre concause» spiega Conti, che è anche presidente dell’Osservatorio Nazionale Calvizie.

Cos’è la calvizie femminile

«La calvizie femminile o alopecia androgenetica femminile è detta ad albero perché parte dalla zona centrale della testa, in prossimità della classica riga a centro testa, che separa i capelli. Inizialmente la donna che si accorge del diradamento sposta la riga per ridurre l’inestetismo, fino a quando però la perdita di capelli aumenta al punto tale da raggiungere anche la zona temporale, sopra le orecchie» spiega l’esperto. Questo tipo di calvizie è diversa rispetto a quella tipicamente maschile, che invece si presenta prima sulle tempie e lungo la chierica.

Le altre cause della calvizie delle donne

Se l’ormone DHT ha un ruolo fondamentale nell’insorgere della calvizie femminile, spesso il problema è legato a più fattori concomitanti. Oltre alla predisposizione genetica, possono influire le malattie autoimmuni come quelle tiroidee che colpiscono maggiormente le donne (ipo e ipertiroidismo o tiroidite di Hashimoto), l’artrite reumatoide, la celiachia, la fibromialgia, dove giocano un ruolo importante gli anticorpi. «Anche un ovaio policistico può concorrere, perché le piccole cisti producono ormoni androgeni. Per questo alcune terapie ormonali come la pillola contraccettiva possono dare sollievo ai follicoli e migliorare la problematica, pur non risolvendola del tutto – spiega Conti. Anche lo spotting, la perdita di sangue durante il ciclo, può aggravare la problematica perché riduce l’apporto di ferro e ossigeno». Un repentino o drastico stile di vita (come una dieta estrema) può contribuire a indebolire i capelli, per il minor apporto di sostanze come ferro, zinco e magnesio. Infine, anche il ricorso a prodotti o trattamenti troppo aggressivi per la cute può contribuire alla caduta e perdita di capelli. E lo stress?

Che ruolo ha lo stress?

«Lo stress può incidere per almeno due motivi: il primo è che aumentando il cortisolo (l’ormone dello stress) cresce anche la produzione di sebo, dando luogo spesso alla dermatite seborroica che affatica anche i follicoli. Ma soprattutto un elevato tasso di adrenalina crea a livello periferico una vasocostrizione, quindi meno ossigenazione. Un trasloco pesante, un lutto o un licenziamento sono quindi in grado di stimolare negativamente follicoli ipersensibili. In questi casi la caduta di capelli è una reazione analoga a quella di chi soffre di colon irritabile» spiega il direttore scientifico di HairClinic.

Come riconoscerla

È importante riconoscere una caduta di capelli temporanea da una che può essere spia di un problema più importante. Per la calvizie femminile occorre fare attenzione soprattutto all’assottigliamento dei capelli, che rappresenta un campanello d’allarme maggiore rispetto alla caduta. «È paradossalmente più preoccupante che i capelli diventino più fini rispetto al fatto che rimangano sulla spazzola. Nel primo caso si è in presenza, infatti, di una caduta lenta, progressiva, quasi impercettibile, ma che manifesta una sofferenza dei follicoli, che man mano si compromettono. Mentre nel secondo caso si può essere in presenza di un problema temporaneo – spiega Conti. Quanto alla cura, come in un cubo di Rubik scomposto, bisogna ricomporre le facce con più mosse contemporanee, per questo si parla di medicina inclusiva».

Come si cura

«Gli ingredienti possono essere diversi a seconda dei singoli casi, ma sono tre gli interventi più importanti: uno di medicina rigenerativa inclusiva, cioè l’uso di cellule del paziente che, iniettate, spengono l’infiammazione e portano maggiore ossigenazione per permettere la ricrescita dei capelli; una terapia nutraceutica mirata a ciò che effettivamente manca al singolo paziente (non una fiala uguale per tutti); infine, farmaci topici come gel da applicare al cuoio capelluto, a base di anti-androgeni, quindi ormoni che riportino un equilibrio generale se c’è uno scompenso. Servono a proteggere i follicoli senza interferire, ad esempio, sul ciclo mestruale» dice l’esperto. Esistono anche terapie al laser o iniezioni al plasma ricco di piastrine (Prp) «ma in quest’ultimo caso la scienza ha già fatto ulteriori progressi. Oggi, ad esempio, esistono 15 diverse tecnologie in grado di estrarre proteine antiinfiammatorie o persino la cosiddetta matrice extracellulare, un colloide che compatta le cellule e permette la ricostruzione dei follicoli danneggiati. Ogni terapia, però, necessita di essere calibrata sui singoli pazienti, dopo aver individuato le specifiche cause» conclude l’esperto.