Anno nuovo, propositi vecchi, come quello di mettersi a dieta per perdere qualche chilo di troppo, specie dopo le festività. Ma quale scegliere? A stilare la classifica dei regimi alimentari del 2021 è stato l’US News & World Report, che con l’aiuto dei nutrizionisti ne ha esaminati 39 tra i più popolari confermando al primo posto la dieta Mediterranea seguita dalla Dash, specifica per l’ipertensione ma che consente di dimagrire. A pari merito si trova la flexitariana, seguita poi dalla paleo dieta e dalla cheto modificata, mentre fanalino di coda è la Dukan. Tra le novità anche la Noom. Ecco di cosa si tratta, pregi e difetti, secondo l’esperto.

La dieta Dash

Dash è l’acronimo di Diety Approaches to Stop Hypertension. È un modello alimentare messo a punto dall’Università di Harvard ed esattamente dal National Heart, Lung, and Blood Institute, pensata soprattutto per chi soffre di ipertensione. L’obiettivo è mantenere bassi pressione e il contenuto di sodio, per questo punta soprattutto a valorizzare nutrienti come potassio, calcio, fibre e proteine, partendo dalla limitazione del sale da cucina. Sono privilegiate frutta e verdura di stagione, cereali integrali, grassi “buoni” come l’olio e proteine, limitando invece grassi saturi, sale e altri alimenti che possano avere effetti negativi a livello cardiocircolatorio.

Ha seguito in Italia la dieta Dash?

«Come la dieta Mediterranea, ha un background scientifico. Nasce con una precisa valenza medico-preventiva, è supportata da dati che ne sottolineano i benefici, a partire dalla considerazione che i fattori ri rischio dell’ipertensione sono proprio un eccessivo consumo di sale, il sovrappeso, l’inattività. Per questo, però, va associata a uno stile di vita attivo, con una certa dose di attività fisica quotidiana» spiega Luca Piretta, gastroenterologo e nutrizionista dell’Università Campus Bio Medico di Roma.

La dieta flexitariana

Prevede un regime alimentare prevalentemente vegetariano, ma che consente anche carne e pesce con un po’ di flessibilità (da qui il nome, che deriva da flexible, flessibile, e vegetarian, vegetariana). È seguita anche da molte star come Emma Thompson, Cameron Diaz e Gwyneth Paltrow. A idearla è stata la dietista americana Dawn Jackson Blatner, autrice nel 2008 di un libro diventato una sorta di “Bibbia” in materia, The Flexitarian Diet, che prevede un consumo limitato di carne e pesce, non tanto per motivi etici quanto per ragioni di salute. Sono anche consigliati prodotti bio o a km zero, mentre le calorie complessive giornaliere sono 1.500, suddivise in 300 a colazione, 400 a pranzo, 150 per ciascuno spuntino e 500 a cena.

Quanto è utile per perdere peso e quanto è bilanciata la dieta flexitariana?

«È il tentativo di dare una veste moderna e “fantasiosa” alla dieta Mediterranea: parte dal presupposto di una dieta vegetariana, ma sopperendo alle carenze soprattutto di adattamento da parte di chi la segue, dando il “contentino” di poter mangiare di prodotti di origine animale. È un po’ più estrema della dieta Mediterranea, che ha come base frutta, verdura, pasta, legumi, olio e una minor quantità origine animale, però di fatto non dà indicazioni specifiche sulle quantità o le proporzioni, né ha valutazioni scientifiche a supporto» spiega l’esperto.

La Noom è una App o è una dieta?

Più che un regime alimentare, si basa sulle indicazioni della App omonima (Noom Coach), che ha spopolato negli Usa nel 2020, ma è molto diffusa anche in Italia. Non offre indicazioni specifiche su cosa mangiare, ma permette agli utenti di registrare bevande e cibi consumati, ai quali associa un semaforo a colori che indica quanto sono sani e consigliabili. Secondo alcuni sondaggi americani, il 78% di chi la utilizza (a pagamento, a circa 50 dollari per 4 mesi) ha perso peso. Ma quanto può essere utile un sistema del genere? «Personalmente sono contrario a questo tipo di metodo, ma la perplessità è diffusa in tutta la comunità medico-scientifica. Proprio come per le etichette degli alimenti a semaforo, che suddividono i cibi in rossi, arancioni o verdi, il limite è che non danno indicazioni su ciò che è più sano perché non tengono conto del contesto: lo stile di vita, la quantità di attività fisica, le dosi, le proporzioni o le cotture» spiega Luca Piretta.

Dieta paleo, chetogenica e Dukan

Nella classifica di US News & World Report si trova poi anche la dieta Aip, una variante della paleodieta, che però sarebbe stata pensata soprattutto per chi soffre di malattie autoimmuni. A seguire c’è poi la chetogenica modificata, che in comune ha una riduzione dei carboidrati e un maggior apporto di proteine. «In particolare la paleo prevede un maggior consumo di carne, il che va controcorrente rispetto ai dati della ricerca scientifica mondiale che consiglia invece più alimenti di origine vegetale, non solo per l’impatto ambientale, ma per i benefici in termini di salute e di prevenzione di malattie come il cancro – spiega l’esperto. Entrambe, però, sono sbilanciate e prive di evidenze scientifiche sui loro presunti effetti positivi sullo stato di salute. Nascono da un equivoco: voler misurare la bontà di una dieta solo dai chili che fa perdere. Ma io faccio sempre un esempio: anche tagliandosi una gamba si perdono chili, senza però dimagrire. Le diete drastiche, il sondino intestinale o regimi iperproteici, come la Dukan (all’ultimo posto del ranking, NdR), non rispettano il bilanciamento, fanno perdere massa magra, ossia muscoli, poi difficili da recuperare, e non appena interrotte portano a riprendere peso» commenta Piretta.

Dieta Mediterranea e obesità in aumento: perché?

«Il motivo è semplice: perché non la seguiamo più né noi in Italia, né altri paesi che si affacciano sul Mediterraneo, come la Grecia o la Spagna. Dal Dopoguerra e soprattutto dagli anni ’60 si sono seguiti stili alimentari più vicini a quelli nordamericani, dove però il 40% della popolazione è obeso. Noi siamo al 9% (più il 38% di persone sovrappeso), ma a preoccupare è l’obesità infantile in forte aumento. Ciò che manca è soprattutto un’educazione alimentare corretta, da seguire per tutta la vita, non una dieta drastica e temporanea» dice Piretta. L’esperto fa un esempio: «La dieta Mediterranea è la più studiata al mondo da decenni e i suoi benefici sono confermati sul lungo periodo, ma va conosciuta. Non basta mangiare pasta o olio, si devono rispettare le giuste quantità, le proporzioni e va associata a uno stile di vita attivo, mentre invece siamo orma troppo sedentari e lo smart working non aiuta. Abbiamo tanto, troppo cibo a basso costo a disposizione, anche se potremmo scegliere gli alimenti corretti e più sani. Insomma, è come avere una Ferrari a disposizione di un neopatentato: se non gli viene insegnato a usarla, finirà con lo schiantarsi, ma la colpa non è dell’auto» conclude l’esperto del Campus Bio Medico di Roma.