Una cosa è certa: una primavera così non ce la saremmo mai immaginata.
Se qualcuno mesi fa ci avesse chiesto di ipotizzare il nostro guardaroba della primavera estate 2020, avremmo semplicemente guardato indietro, alle tendenze ammirate sulle catwalk più famose, sognando il tanto atteso momento di shopping tra le nuovissime collezioni impeccabilmente esposte negli showrooms.
Insomma, come sempre saremmo state impegnatissime a cercare il “sandalo giusto” o il “vestito perfetto”. E di certo avremmo finito con il riempirci l’armadio, probabilmente oltremisura.
Invece oggi siamo qui, a fare i conti con le ceneri lasciate da qualcosa di infinitamente più grande di noi. E la moda ovviamente non fa eccezione, perché oggi il vero dibattito non gira più – ahinoi – intorno ai color-trend o alla sopravvivenza o meno delle jungle prints all’interno del ready to wear stagionale.
Nossignore, oggi i quesiti purtroppo sono altri: chi nell’industria del fashion riuscirà a risorgere a mo’ di fenice dalle tristemente note ceneri post-quarantena? Come cambierà la moda? E soprattutto: arrivati alla tanto agoniata fase 2, come verrà influenzato il nostro il nostro guardaroba?
Partendo dunque dalle riflessioni dei grandissimi del settore e dall’osservazione dei primi effetti del Coronavirus, ecco dunque qualche (piccola) risposta in merito alle (grandi) domande del momento. Con alcuni spunti per un armadio più leggero e – soprattutto – più consapevole.
Cosa cambia nella moda
“Rallentare e riallinearsi”, è l’ormai celebre monito di Giorgio Armani al mondo della moda, che ha individuato in questo momento anche un’opportunità per “ridare valore all’unicità”. E il mondo del fashion ha ovviamente risposto, iniziando a riconvertirsi e a ripensarsi su binari del tutto inediti.
Dagli shooting delle super models su FaceTime, ai progetti di showrooms virtuali, fino ad arrivare alle campagne “a distanza” – come quella annunciata da Pierpaolo Piccioli e dalla Maison Valentino che ha coinvolto diversi testimonial “amici” in scatti casalinghi – le idee per andare avanti si sono viste eccome.
Ecco dunque che la Camera della Moda annuncia la prima Fashion Week meneghina totalmente digitale, un segnale importante che si unisce ai tanti piccoli passi fatti in queste settimane volti in direzione di una riscrittura di regole e standard del fashion-system.
Ma cosa dobbiamo aspettarci concretamente nel ready to wear? La prima importante rivoluzione sarà probabilmente volta alla stagionalità delle collezioni, che saranno senz’altro più fluide e punteranno sui famosi drops, ovvero le capsule legate a festività ed eventi oppure create in collaborazione con artisti d’eccezione. Ci aspettiamo dunque una moda più “liquida” e sostenibile, con un importante riposizionamento di molti brand sulle vie del digitale.
Cosa cambierà nei nostri armadi
Sulla scia di questo importante giro di vite nelle alte sfere del mondo del fashion, anche i nostri guardaroba tenderanno con ogni probabilità a un cambiamento. Una magra consolazione certo, ma da questa situazione il nostro approccio alla moda uscirà senza dubbio più critico e certamente (almeno in parte) “rieducato” a concetti e valori che si erano persi nel tempo.
La tendenza a rendere le collezioni più fluide e meno incasellate in stagioni concepite a compartimenti stagni – lo abbiamo detto – è dietro l’angolo: un processo in parte già in ascesa da prima della pandemia, e “spinto” definitivamente dalla quarantena.
Ecco dunque che anche nei nostri armadi si potrà respirare aria di cambiamento e andare a grandi passi verso un guardaroba più “snello”, con meno pezzi e più qualità. Compreremo meno e meglio insomma, con un ritorno all’acquisto consapevole e trasversale, basato sulla conoscenza di sé e su una cultura diversa di ciò che infiliamo nel nostro armadio.
Si auspica dunque a un ritorno al sartoriale – dove il “fatto su misura” deve essere davvero pensato su colori, body shape e gusti personali – ma anche a una nuova attenzione ai tessuti, alle tinture e alle lavorazioni, troppo spesso dimenticati nella corsa al modello di tendenza, e invece importantissimi se pensati nell’ottica di un guardaroba che voglia durare nel tempo.
Cosa significa? Acquisti mirati e più diluiti, capi tailor made con minuziosa scelta della materia prima, studio della propria figura, rimessa a modello di quel vecchio abito che hai dimenticato nell’armadio (e che con l’aiuto di una brava sarta può prendere nuova vita!) e tanto, tantissimo vintage e second-hand. Ecco il futuro che si profila per una moda che tenta di riscriversi su una pagina bianca, simbolo di opportunità e non solo di emergenza.
Da questo periodo portiamo a casa una nuova coscienza insomma, fatta di ritrovata sensibilità nei confronti di tutto ciò che ci circonda: un armadio più sostenibile – “pieno” sì, ma di qualità e consapevolezza – è senza dubbio un buon obiettivo da porsi per ripartire sui binari del “nuovo fashion”.
Fase 2: cosa mi metto?
Ma veniamo al sodo del “qui e ora”: allentate le restrizioni della quarantena, la vita riprende lentamente a scorrere.
Per tante di noi la domanda è la stessa: “come esco di casa?”.
Già, potrebbe sembrare strano ma per molte si tratta di un momento di smarrimento più che naturale, dopo aver trascorso settimane in pigiama!
Tornare a rimettere mano al guardaroba, ponendosi di nuovo il buon vecchio quesito del “cosa mi metto?”, significa in parte tornare alla normalità in un momento in cui tutto appare cambiato.
Cosa indossare dunque? Semplice: al di là dei ruoli o delle situazioni per le quali ci stiamo vestendo, puntiamo sul comfort, su ciò che ci fa sentire bene, belle e a nostro agio.
I jeans preferiti con una t-shirt in puro cotone e blazer per il tempo libero, un tailleur di un colore che riesca a metterci di buon umore per il lavoro, un accessorio capace di illuminarci. Riscopriamo il piacere di indossare abiti e dettagli che riescano a farci letteralmente sentire “nei nostri panni”.
E poi sciogliamo i capelli (o leghiamoli se l’appuntamento con il parrucchiere ci sembra ancora un miraggio), un filo di rossetto e via… verso quella pagina che aspetta di essere riscritta da tutti noi.