Anche il running ha un’anima ambientalista. La sensibilità verso il tema del rispetto dell’ambiente, che negli ultimi anni si è sviluppata fino a conquistare i più giovani e a diventare la “loro” battaglia, tocca anche la corsa, in diversi modi. Se ne sono accorti gli organizzatori delle gare, delle maratone, degli eventi che mobilitano un gran numero di runner e che hanno, di conseguenza, un impatto notevole sul territorio che li ospita. Prima di tutto, e semplicemente, perché chi corre deve bere.
Il circuito SuperHalfs, le super mezze maratone
Il 2020 vede esordire una partnership inedita di competizioni che puntano a promuovere insieme podismo, sostenibilità ambientale e legame con il territorio, per favorire il turismo. Lisbona, Praga, Copenaghen, Cardiff e Valencia sono le cinque grandi città che ospitano cinque eventi di rilevanza continentale. Sono le cinque mezze maratone selezionate – in base a qualità, popolarità, posizione e politiche di sostenibilità – per costruire SuperHalfs – nuovo circuito europeo di mezze maratone che stima un totale di 100.000 partecipanti. Il progetto promette adesione a principi di qualità organizzativa e di attenzione ad ambiente, salute e cultura. I corridori si iscrivono ad una qualsiasi delle gare SuperHalfs e, completata la prima gara, ricevono un “SuperPassport”, un documento virtuale – abolite le comunicazioni cartacee – che dopo ognuna delle altre gare certifica la partecipazione. Hanno 36 mesi per completare tutta la serie e diventare, così, SuperRunner. Si parte a marzo 2020 con Lisbona e Praga, poi Copenhagen a settembre, Cardiff e Valencia ad ottobre. Una parte della fee da versare alla registrazione si tramuterà in supporto a progetti di sostenibilità ambientale. «Contribuiamo a garantire che le uniche impronte che lasciamo alle nostre spalle siano quelle che facciamo con i nostri piedi», si legge sul sito ufficiale.
La maratona di Londra
Naturalmente altri eventi di portata planetaria sono attenti a rispettare l’ambiente. Ad aprile, come ogni anno dal 1981, si tiene la Maratona di Londra – evento che già segna oltre 450mila domande di iscrizione per la prossima edizione del 2020. La più immediata conseguenza della manifestazione è il mare di bottiglie e rifiuti in plastica che si riversa lungo il percorso, perché i corridori cercano di mantenersi idratati durante la competizione. Dal parco di Greenwich a Buckingham Palace è inaccettabile che rimanga un tappeto di plastica usa e getta lungo la strada. Per limitare l’uso delle bottigliette di plastica, durante l’edizione 2019 gli organizzatori hanno offerto ai partecipanti delle capsule commestibili realizzate con estratti di alghe. Create da una start up londinese, le capsule contengono liquidi e basta morderle per abbeverarsi. Il tutto senza generare rifiuti: l’involucro in alga può essere tranquillamente ingerito, oppure gettato a terra. È infatti progettato per biodegradarsi in sole sei settimane. Considerando che la plastica impiega qualche centinaio di anni per disperdersi nell’ambiente, è un bel guadagno per la natura. Una iniziativa che è stata un po’ un test, da replicare in futuro, anche su ampia scala.
Ma la corsa londinese 2019 non è stata del tutto plastic free: lungo il percorso si poteva comunque acquistare acqua in bottiglia. Gli organizzatori hanno garantito l’attivazione di un circuito virtuoso di riciclo: le bottiglie distribuite erano almeno parzialmente realizzate con plastica riciclata, mentre tutte le bottiglie trovate a terra dopo la gara sono state destinate alla specifica raccolta e al riciclo.
La Venicemarathon
In Italia non mancano gli esempi. La Huawei Venicemarathon, alla quale hanno partecipato 30.000 persone per l’edizione 2019, si è trasformata in “corsa per l’ambiente”, con un intelligente circolo virtuoso che guarda all’edizione del 2010. Gli organizzatori hanno coinvolto direttamente il Corepla (il Consorzio nazionale per la raccolta, il riciclo e il recupero degli imballaggi in plastica), implementando azioni di riduzione dei rifiuti e valorizzazione del riciclo degli imballaggi e di tutta la plastica “generata” dall’evento. Come? Usandola per creare prodotti che verranno utilizzati nell’edizione 2020. In parallelo, sono stati siglati accordi con Trenitalia per agevolare l’utilizzo dei trasporti pubblici e abbassare la quantità di CO2 prodotta dalla competizione nel suo complesso. Visto che l’importante è agire in trasparenza e mostrare all’esterno lo sforzo ambientalista, tutte le azioni intraprese producono dati che vengono inseriti in una piattaforma digitale; l’elaborazione determina la percentuale finale di sostenibilità dell’evento. Un primo test era già stato effettuato nel 2018 con la 33^ edizione della Huawei Venicemarathon, che ha toccato un indice di sostenibilità totale dell’81,13%; di sostenibilità ambientale dell’82,95%; di sostenibilità socio-culturale dell’82,09%; di sostenibilità economica del 74,33% (l’impegno rientrava nell’ambito del progetto di tutela ambientale e del territorio denominato “Zero Waste Blue sport events for territorial development” finanziato nell’ambito del Programma Italia Croazia e promosso dalla Regione Veneto).
La Maratona di New York
La New York Road Runner, la no profit che organizza la Maratona di New York, ha precise politiche di sostenibilità ambientale, con servizi dedicati di raccolta dei rifiuti e smistamento dei materiali riciclabili in tempo reale lungo il percorso, in collaborazione con il New York Department of sanitation. Nel 2018 l’82% dei rifiuti è stato destinato al riciclo. Non solo: l’organizzatore della maratona cittadina aderisce al protocollo dell’Onu Sports for climate action e durante l’Earth Day del 2019, in aprile, ha distribuito disinfettanti, guanti e borse biodegradabili alla sua community di runners. Obiettivo: incoraggiare la comunità a mantenere pulita la città durante le sessioni di corsa. In pratica, ha sposato la pratica del plogging.
Il plogging
L’idea del plogging nasce nel 2016 in Svezia (esattamente come il “fenomeno” Greta Thumberg, la giovanissima attivista che ha dato il via al movimento FridaysForFuture). L’iniziativa è di Erik Ahlström. «Quando sono tornato a Stoccolma dopo aver vissuto per 20 anni ad Åre, una piccola comunità sciistica nel nord della Svezia, ho capito quanto fosse diventata sporca la città», ha raccontato questo signore appassionato di bici e corsa. «Durante i miei spostamenti quotidiani in bicicletta sono rimasto scioccato dalla quantità di spazzatura vista in giro. Così ho iniziato a raccoglierla». Correndo, naturalmente. Allenandosi e intanto raccogliendo da terra rifiuti e cartacce. Il tutto raccontato sul suo profilo Facebook. L’iniziativa è diventata virale e si è espansa in tutto il mondo. Il creatore del plogging stima che un’ora di attività – che include dei simil-squat per chinarsi a raccogliere i rifiuti e lo sforzo aggiuntivo delle braccia per portarne il peso – permetta di bruciare in media 288 kcal contro le 235 di un’ora di jogging tradizionale. Consumo calorico o no, resta la piacevole sensazione di aver usato il proprio tempo libero per una attività che fa bene anche all’ambiente. Anche in Italia si sono sviluppati gruppi organizzati di runners dotati di zainetto e guanti da lavoro per la raccolta dei rifiuti (il termine deriva dalla fusione delle due parole “running” e “plocka upp”, “raccogliere” in svedese).
L’esempio italiano
Ma non siamo dei “followers” dell’esperienza svedese, tutt’altro. Il consulente ambientale, divulgatore e scrittore Roberto Cavallo organizza da cinque anni la corsa “versione plogging” più lunga d’Italia. Si chiama Keep clean and run: l’edizione 2019 è partita dalla provincia di Cuneo il 4 maggio ed è giunta a Pila (Porto Tolle), seguendo il corso del Po, il 10 maggio. Ben 730 chilometri (con tappe lungo il fiume) di corsa e bicicletta, alternando attività fisica e raccolta dei rifiuti. Il percorso lungo il fiume più lungo d’Italia è stato scelto perché la maggior parte dei rifiuti che raggiungono i nostri mari non vengono scaricati direttamente lì, ma arrivano dall’entroterra, trascinati dai fiumi – sono circa il 75%. Nelle edizioni precedenti la Keep clean and run aveva toccato altre zone d’Italia, da Aosta a Ventimiglia, dalle Marche a Roma, dal Vesuvio all’Etna e lungo la costa adriatica da Bari a Chioggia.
Come spiega lo stesso Cavallo, l’idea è nata per rispondere alla richiesta dell’allora Commissario Europeo all’ambiente Janez Potocnik che era alla ricerca di uno strumento comunicativo per promuovere la giornata europea di pulizia dai rifiuti abbandonati (European Clean Up Day) che si celebra il 10 maggio. L’esperto di ambiente ha pensato che correndo dalla montagna al mare avrebbe potuto simulare il percorso virtuale dei rifiuti, raccogliendoli e raccontandoli. A chi? Agli studenti delle scuole, coinvolti in migliaia in questi anni, dalle materne all’università. Per il prossimo anno, sta progettando un percorso che vada anche oltre confine, per dare respiro internazionale all’iniziativa.
Gli Spazzorunners
Durante l’ultima edizione è stato accompagnato da una cinquantina di biker e runner lungo il percorso. Tra loro anche i due amici Gianfranco Pasquinello e Roberto Gardino, noti come Spazzorunners fondatori di un piccolo gruppo di appassionati di corsa ad Alessandria nel 2011. Un bell’esempio di uno dei tanti piccoli gruppi locali che si dedicano al pianeta… correndo. Un amore, quello di Gianfranco e Roberto per la corsa, sbocciato definitivamente con la partecipazione alla Maratona di New York nel 2006. Poi, dopo anni ad esplorare i sentieri del Monferrato, della Liguria e dell’Oltrepò pavese, inorriditi dalla quantità di rifiuti visti lungo i loro percorsi, hanno deciso di promuovere il binomio “corri e raccogli”. Hanno trovato un ottimo seguito a livello locale, legandosi a gruppi di cittadini impegnati nella raccolta rifiuti e continuano ad invitare professionisti o dilettanti della corsa a partecipare, e chiunque individui aree con rifiuti abbandonati a segnalarle prontamente. Hanno anche creato corse educative per i bambini, e promosso azioni di sensibilizzazione sul tema a livello locale. Nel 2016 hanno anche consegnato una maglietta degli Spazzorunners a Papa Francesco.
Elements Fury del triathleta Alessandro Fabian
Tanti piccoli gruppi di dilettanti sposano questo modo di unire corsa e ambientalismo, ma ci sono anche campioni dello sport di altissimo livello pronti a mettere la faccia – e le gambe – su queste iniziative. O persino a progettarle di loro iniziativa. Il triatleta padovano Alessandro Fabian, pluricampione italiano che ha partecipato alle Olimpiadi di Londra 2012 e Rio 2016, ha concluso un viaggio molto speciale nel suo Veneto. Si chiama Elements Fury: un evento di running, bici e corsa in tre tappe, da Venezia a Padova passando per le montagne di Belluno, per sensibilizzare contro lo sfruttamento del territorio e lo scempio che la mano dell’uomo può causare al pianeta. L’idea era toccare territori in cui la natura ha già lanciato segnali di allarme, palesando l’intervento invadente dell’uomo. La furia di tre elementi, insomma: aria, acqua e terra. Prima tappa il bellunese, a pedali, sulle montagne in cui si è consumata nel 2018 la strage dei pini secolari delle Dolomiti, a causa di un vento record. Poi a nuoto intorno a Venezia, la città tradita da anni di promesse disattese e sommersa inesorabilmente da una marea record nelle scorse settimane. Infine Padova, con una corsa in città durante a quale Fabian ha corso con una trentina di runner sotto una pioggia battente.
Il progetto Origini di Sara Lavino Zona
Altre gare o esperienze di singoli corridori dilettanti sono costruite ad hoc per sottolinearne le qualità del territorio. Addirittura rivitalizzarlo, come spera di riuscire a fare Sara Lavino Zona, psicologa ed e istruttrice di yoga biellese, che ha lanciato Origini, un progetto che punta a valorizzare i piccoli paesi di montagna sotto i mille abitanti. «Per andare verso il futuro secondo me è necessario riconnettersi col passato, con quello che siamo», ha spiegato Sara. A ottobre 2019 ha completato un percorso da triatleta con 3.000 metri a nuoto nel Lago di Viverone, 95 km in bicicletta tra i paesini del biellese e 30 km di trail tra i comuni della Valle Cervo con arrivo a Oriomosso. E sta già progettando altre tre imprese: un viaggio tra i paesini under 1000 che si completerà nel 2022 con un percorso di ben 5 mila chilometri lungo l’arco alpino, da est a ovest.
Le corse tra i vigneti
Più consolidate, ma non per questo meno affascinanti, le corse tra i vigneti. Alcune di queste, in Italia, sono più che consolidate. La Valtellina Wine Trail nel 2019 ha tagliato il traguardo della 7ª edizione con iscrizioni andate sold-out con mesi di anticipo. Si tratta di un percorso unico che si snoda fra vigneti, cantine e i borghi storici della valle, dove i terrazzamenti si fregiano del titolo di Patrimonio Immateriale dell’UNESCO, con degustazioni dei prodotti del territorio e passaggi in dieci cantine. L’evento prevedeva tre gare sulle distanze di 42, 21 e 12 km e ha visto partecipare circa 2500 runner da 33 differenti Paesi. Un “format” che piace: in Umbria quest’anno ha fatto il suo esordio la Sagrantino Running. Corse e camminate tra i filari, le cantine ed i paesaggi del Sagrantino. Mille i partecipanti, più della metà delle presenze da fuori regione, la corsa era suddivisa in due trail-running di 26 km (Trofeo Perticaia) e 13 km (Trofeo Terre De La Custodia) con partenza da Montefalco; la “EnoGastroCamminata del Sagrantino” partita da Bevagna; la “Sagrantino running Kids” e una “Nordic Walking”. Perché l’ambiente è anche fatto di sapori da assaggiare: anche questo è un modo per rispettarlo.