Sta spopolando negli States e la moda ora ha contagiato anche i nostri ragazzi. Gli esperti di giochi e tendenze lo avevano predetto: questo sarà l’anno del fidget spinner. Il boom delle vendite si registra già anche da noi.
Ma che cos’è un fidget spinner? Più facile da vedere che da spiegare. È un aggeggio semplice e fa solo una cosa: gira e rigira su se stesso dopo che gli abbiamo dato una spinta.
Come è fatto (e quanto costa)?
È un cuscinetto con due o tre lobi esterni; si tiene fra due dita e, grazie a un gioco di dischetti, una volta avviato può ruotare centinaia di volte su se stesso. Il fidget spinner più venduto è la versione “Bat” con le ali del famoso supereroe pipistrello. Costa dai 5 ai 15 euro (ma frugando sui siti online, si trovano versioni anche più economiche). Accanto allo smartphone è diventato compagno inseparabile dei ragazzi. E, proprio come il cellulare, in America è già stato bandito dalle classi. In Italia sta iniziando ora a diventare motivo di disturbo e distrazione in aula.
Funziona come gioco?
Si tratta, insomma, di una specie di yo-yo del ventunesimo secolo, un passatempo da maneggiare che dovrebbe rilassare i ragazzi. L’abilità è fargli fare dei giri per aria, senza farselo scivolare dalle mani. «Ma lo yo-yo permette numerose evoluzioni “artistiche” più variegate, oltre a un confronto più dinamico con gli amici» spiega Simone Benedetto, ricercatore in psicologia ed ergonomia presso Tsw, azienda del digitale di Treviso. «Il finger spinner invece è un po’ riduttivo: sia nella competizione, sia nel gioco in sé. Alla fine vince chi riesce a far girare più a lungo l’aggeggio. Quindi, il gadget non ha alcuna utilità pratica, né stimola una interazione con il compagno di giochi».
È consigliato per i casi di iperattività?
Sui siti di e-commerce si trovano nelle descrizioni di vendita del nuovo giocattolo alcune informazioni che destano alcune perplessità.
In realtà, non ci sono studi o ricerche che confermino che il fidget spinner sia particolarmente indicato per ragazzi che soffrono di iperattività con o senza deficit di attenzione. Tanto meno che sia di supporto ai ragazzi con autismo.
«Stupidaggini» tuona Francesca Antonacci, docente di pedagogia del gioco all’Università Bicocca di Milano e autrice di “Puer ludens” (Franco Angeli). «Dire che una trottola come questa si possa utilizzare per una qualche attività terapeutica per il trattamento dell’autismo è una presa in giro. Oggi in Italia e nel mondo abbiamo un aumento di segnalazioni di bambini che soffrono di deficit e disturbi dell’apprendimento, difficoltà di attenzione, iperattività, sindrome dello spettro autistico. E davanti a queste situazioni, c’è sempre qualcuno che lucra: chi vende le finte medicine che dovrebbero curarli, chi le pseudo-terapie, chi produce fidget spinner. Per queste patologie non esiste nulla che possa aiutare come la relazione umana, il contatto diretto e soprattuto i medici specialisti e i professionisti che sanno trattare questi casi».
Funziona come antistress?
«In letteratura scientifica non è stato ancora pubblicato nulla su questo giochino» dice Benedetto. «Per questo ci andrei cauto: l’aspetto antistress è prima di tutto un espediente per venderli. Però due aspetti positivi ce li vedo. Primo, non è un oggetto digitale. Secondo, è sostanzialmente innocuo per la salute. Anche se, secondo me, resta un’attività un po’ alienante e poco aggregativa fra i ragazzi».
«Avete dei bambini ansiosi?» riprende Francesca Antonacci. «La soluzione è: giardino, aria aperta, giochi con altri bambini. Non certo chiuderli in casa davanti ai videogiochi o lasciarli da soli a roteare queste nuove trottole».