E ora tutti pazzi per il curling! Con la strepitosa coppia mista Stefania Constantini e Amos Mosaner che hanno vinto contro la Norvegia è la prima medaglia del curling azzurro alle Olimpiadi invernali, e la quarta finora a Pechino 2022, dopo il magnifico argento di Federica Brignone (nel gigante) e Federico Pellegrino (nello sprint del fondo) e l’ancora più straordinario oro di Arianna Fontana.
La pietra, la scopa e il bersaglio
L’Italia non aveva mai vinto in questo gioco delle bocce polari dove uno tira la stone (una specie di teiera che gira su se stessa) e l’altro deve lisciare la superficie con il broom (la scopa) per indirizzarla con precisione chirurgica alla house (il bersaglio disegnato sul ghiaccio).
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La folle corsa della coppia che oggi tutti amiamo e cerchiamo con curiosità su Google è iniziata il 2 febbraio quando l’Italia era tutta sul palco dell’Ariston. E invece, due giorni prima rispetto alla cerimonia di apertura dei Giochi, con la discrezione, il silenzio e il fair play caratteristici di questo sport, Constantini e Mosaner giocano la loro prima partita e vincono contro gli statunitensi. Dopo sono state solo vittorie contro le squadre storiche: gli scozzesi, i norvegesi, gli svedesi e i giganti canadesi, portacolori di una nazione che ha già 11 medaglie olimpiche nella sua storia.
Un gioco ma non solo
A noi, pubblico distratto, ovviamente sfuggiva ma della coppia rivelazione si comincia a parlare dopo il Mondiale di Aberdeen del 2021, in cui si piazzano quinti, qualificandosi per Pechino 2022. In piena pandemia, l’attenzione di tutti si concentra su altri temi. E invece gli sportivi – tutti – continuano tra tante difficoltà ad allenarsi. Stefania Constantini racconta che anche loro si allenano tutti i giorni, sul ghiaccio e a secco. Certo, perché sembra “solo” un gioco e Stefania si sente quasi costretta a ribadirlo. Il curling come tutte le discipline del ghiaccio richiede una potenza fina nelle gambe, quella che ti consente di non cadere e di fare scivolate millimetriche sulla superficie gelata. E poi la forza misurata nelle braccia e nelle mani, gli addominali su cui fa perno la postura, che devono essere fortissimi per dare stabilità, la flessibilità con cui chi lancia la stone si accoscia in avanti finendo quasi sdraiato sul ghiaccio, senza perdere la linea del busto. E poi la concentrazione e la tattica, come negli scacchi: visto come Stefania fissa la superficie? È la stessa espressione che vediamo a chi tira al bersaglio.
Chi sono Stefania Constantini e Amos Mosaner
Già ci sono simpatici questi due giovani finora perfetti sconosciuti che sulla pista parlano e urlano di continuo tra loro (quant’è bello ascoltarli e ascoltare gli avversari nelle loro lingue nordiche): Stefania con i suoi buchini alle guance e il suo sorriso splendente, Amos con questo nome ebraico e la stazza da corazziere. Lei gioca per le Fiamme Oro (Polizia) e lavora in un negozio di abbigliamento, lui per l’Areonautica e lavora in un’azienda vinicola. Lei di Cortina, lui di Cembra, in Trentino. Stefania ha iniziato a praticare il curling a 8 anni, Amos seguendo il papà: quando vivi in montagna, sciare o pattinare sul ghiaccio è come nuotare per chi sta al mare. Ci vai anche con la scuola. E così questa giovane donna, che ora lavora in un negozio di abbigliamento, ha scoperto di amare uno sport così poco raccontato, visto e praticato: sono solo 400 i tesserati italiani, i palazzi del ghiaccio poco meno di 50, con la pista del curling non sempre presente e comunque, come per la pallanuoto, semmai ci si può andare la sera, quando tutti gli altri sono andati via. Possiamo quindi solo immaginare quanto lavoro e dedizione e quanta pazienza (la stessa che ci vuole per giocare, come dice Amos) ci sia dietro per arrivare fino alle Olimpiadi: pochi sponsor, poche agevolazioni, poca visibilità, tanta, tantissima passione e spirito di sacrificio.
La loro gara è già storia per l’Italia, con le facce pulite di questi giovani atleti, il loro brillante futuro sportivo davanti – tante le Olimpiadi da giocarsi – e soprattutto la grande scommessa dell’Olimpiade in casa tra quattro anni, quella Milano-Cortina che è molto più vicina di quanto si pensi
Come si gioca a curling
Le partite durano un’ora e mezza di sforzo fisico e pressione mentale. La pista è lunga 45 metri e larga 4. Come nelle bocce bisogna centrare il bersaglio con la stone e allontanare le stone degli avversari: ogni pietra che si piazza più vicina al centro del bersaglio rispetto alla prima pietra dei rivali, vale un punto. Il massimo di punti ottenibili in una manche è otto, che equivalgono al numero di stone che si possono lanciare.
A cosa serve la scopa (broom)
La superficie viene innaffiata prima della partita per favorire la formazione di piccole goccioline che, una volta ghiacciate, rendono la pista irregolare; la scopa serve a “ripulire” il percorso della stone (che comunque viene pulita a mani nude da chi lancia), per permetterle di accelerare se necessario o regolarne l’andamento in linea retta o leggermente curva. Il percorso della pietra quindi dipende dalla precisione e forza di chi lancia e dalla capacità dell’altro di agevolarne la corsa sul ghiaccio. A dettare l’utilizzo o meno della scopa è lo skip, ossia il giocatore che effettua il lancio e che conosce angolazioni, traiettorie e curve della pista. Nel caso in cui le stone vengano colpite dalla scopa, si parla di infrazione.