I cieli d’Italia sono sempre più affollati. Tra il 2016 e il 2019 ben 650 aziende hanno chiesto all’Enac, l’Ente nazionale per l’aviazione civile, l’autorizzazione a far volare un drone. Lo dice una ricerca dell’Osservatorio Droni del Politecnico di Milano, nato oltre 1 anno fa per monitorare un mercato che nel 2018 aveva un giro d’affari di circa 100 milioni di euro: giovane sì, ma pronto al decollo.

«Seguiamo già moltissimi progetti, però il bello deve ancora venire» dice Cristina Rossi Lamastra, economista industriale e responsabile scientifico dell’Osservatorio. «A Torino, in occasione della festa di San Giovanni dello scorso giugno, uno sciame di aeromobili a pilotaggio remoto (così si chiamano in gergo tecnico, ndr) ha messo in scena uno spettacolo di luci. In Puglia, nella lotta ai parassiti degli ulivi questi apparecchi indicano con precisione le aree dove spargere i pesticidi. Man mano che la tecnologia si sviluppa, si apriranno nuove possibilità, con un impatto sempre più importante sulla vita delle persone».

I droni aiutano nelle emergenze

Nelle recenti situazioni di crisi, un supporto è arrivato anche dall’alto. «Nei Comuni del Lodigiano messi per primi in quarantena a causa del coronavirus i droni hanno monitorato il territorio e consegnato beni di prima necessità» racconta Paola Olivares, ingegnere e project manager dell’Osservatorio Droni del Politecnico di Milano. «E durante l’incendio del luglio scorso alla cattedrale di Notre Dame, a Parigi, grazie alle riprese in tempo reale i vigili del fuoco hanno capito dove dirigere i getti d’acqua per domare le fiamme». In entrambi i casi, i droni sono decollati perché non c’erano rischi per le persone a terra. Il nodo da sciogliere prima che i robottini volanti diventino ancora più protagonisti nella salvaguardia della vita umana, infatti, è questo: evitare potenziali collisioni con altri velivoli e cadute degli apparecchi sulla folla.

«Con l’aumentare delle condizioni di sicurezza, un numero sempre maggiore di progetti diventerà operativo» spiega Alessandro Cardi, ingegnere e vicedirettore generale dell’Enac, una delle prime autorità europee ad avere disciplinato il settore, mentre dal 1° luglio entrerà in vigore il Regolamento europeo. «Per esempio, il trasporto di medicinali e analisi tra un ospedale e l’altro oppure quello di sacche di sangue e apparecchiature elettromedicali nel caso di incidenti. L’idea è di creare una rete a protezione della salute, che connetta in particolare le comunità più isolate».

I droni creano opportunità di lavoro

Emergenze a parte, è già un boom che ci riguarda tutti, come è stato in passato per l’avvento della macchina a vapore, dell’energia elettrica o del computer. «Pur essendo molto diverse tra loro, sono tutte tecnologie “general purpose”, cioè suscettibili di essere applicate in moltissimi campi» afferma Cristina Rossi Lamastra. «Siamo di fronte all’ennesima rivoluzione industriale: nasceranno start up e nuove professioni, come il pilota di droni o il programmatore di software appositi. Allo stesso tempo, molti dei mestieri esistenti subiranno una trasformazione».

Alcuni temono per la possibile perdita di occupazione che questa innovazione porta con sé. «Invece è un’opportunità» ribatte la professoressa. «Anche i lavori ripetitivi diventeranno più qualificanti, perché richiederanno capacità complesse. Per fare un inventario di magazzino, per esempio, non bisognerà più salire e scendere da una scala: si telecomanderà un drone che farà la conta dei colli. Mentre le mansioni più pericolose verranno almeno in parte sostituite dal drone, come si fa già per il monitoraggio di alcuni tratti di linee elettriche o degli impianti per la produzione di energia».

I droni migliorano la mobilità

Qualcuno ha paura di ritrovarsi una telecamera volante sopra il giardino di casa, è vero. Però il famoso Gdpr, il Regolamento Ue sulla privacy, vale anche per questi apparecchi. E la pizza consegnata sul balcone, come vediamo in alcune pubblicità? «Magari ci arriveremo, ma non a breve, perché il sistema satellitare deve poter contare su coordinate geografiche precise al centimetro» continua l’ingegnere Alessandro Cardi. «Entro 5 anni partiranno di sicuro i primi progetti di delivery urbano, secondo un modello che però non prevede l’arrivo del pacco a casa. Piuttosto, si pensa a creare una serie di stazioni all’interno della città dove ritirare la merce consegnata dal drone, un po’ come ha fatto Amazon con i locker all’interno dei supermercati».

Per gli amanti della fantascienza, il sogno resta quello del taxi aereo: salgo, seleziono un punto su una mappa digitale e in pochi minuti sono lì. «È uno dei possibili scenari» conclude Cristina Rossi Lamastra. «Si tratta di una mobilità condivisa, capace oltretutto di alleggerire il traffico stradale, e perciò piacerebbe ai millennial. Ma a livello economico non è facile: significherebbe rivedere le infrastrutture delle città, costruendo piattaforme di decollo e atterraggio. Credo che sia più fattibile nelle aree in via di sviluppo, ancora tutte da progettare».

3 cose da sapere sui droni giocattolo

– Sotto i 250 grammi di peso i droni sono considerati giocattoli. Vuol dire che chiunque li può pilotare, anche i minorenni, senza frequentare corsi (necessario per quelli oltre questo peso).

– L’apparecchio non deve avere una telecamera. Sulla confezione deve esserci il Marchio di Conformità Europea CE.

– Ci sono dei limiti sull’uso nelle aree aperte pubbliche. Il drone deve volare a vista e mai in prossimità di parchi pubblici, monumenti, piazze e aeroporti.