Se fosse una serie televisiva (e non è da escludere che lo diventi, prima a poi) somiglierebbe molto a Succession, manuale illustrato di come nelle grandi dinastie le dinamiche di potere si confondono con i legami di sangue, i soldi con l’affetto, l’eredità con la discendenza. Lo scorso luglio Margherita Agnelli ha chiesto al tribunale di Torino di verificare «la correttezza e la trasparenza» degli atti della Dicembre, la “società semplice” che racchiude il patrimonio di famiglia. Si tratta di una manovra per contestare l’impianto societario degli Agnelli: di semplice non c’è proprio niente. A cominciare dall’albero genealogico. Margherita è la secondogenita di Gianni e Marella Agnelli, sorella di Edoardo – morto suicida nel 2000 – e madre di Jaki, Lapo e Ginevra Elkann, figli dello scrittore Alain; ma anche di Maria, Pietro, Sofia, Anna e Tatiana, avuti dal secondo marito Serge de Pahlen.
Un’eredità contestata
Gianni Agnelli era convinto che in famiglia si dovesse comandare «uno per volta» e aveva riconosciuto nel nipote Giovanni, figlio di suo fratello Umberto, il degno successore. Ma nel 1997, per una rara forma di tumore all’intestino, Giovannino muore all’improvviso, e l’Avvocato risolutamente sposta l’attenzione sul primogenito di Margherita, quel John Philip Jacob detto Jaki, classe 1976, che ancora studia Ingegneria al Politecnico di Torino.
Un mese dopo la morte di Gianni Agnelli, avvenuta il 24 gennaio 2003, Margherita viene perciò convocata nello studio di un notaio torinese da Franzo Grande Stevens e Gianluigi Gabetti, storici consiglieri del padre. Alla presenza di Donna Marella, Jaki viene investito ufficialmente del ruolo di delfino, grazie al passaggio diretto delle quote appartenute al nonno. Subito dopo però – racconta Margherita al Vanity Fair americano – succede un fatto «che non era assolutamente nell’ordine delle cose». Marella cede a Jaki anche la nuda proprietà delle sue azioni, conferendogli in sostanza il controllo della società. Margherita si sente scavalcata, esautorata, relegata in un girone minore insieme ai figli di secondo letto.
Inizia la battaglia legale
È a questo punto che inizia la battaglia. Margherita Agnelli richiede un resoconto completo e dettagliato del patrimonio paterno, convinta che ce ne siano significative porzioni sommerse, ma ottiene solo un elenco parziale. Quando insiste, si trova davanti il resto della famiglia a fare muro. Lo scontro prosegue fino al marzo del 2004 quando, sulle rive del lago di Ginevra, Margherita firma una “transazione tombale” in cui cede la sua partecipazione societaria in cambio di beni valutati all’epoca oltre 1 miliardo di euro – tra i quali “il castello” di Villar Perosa e quadri di Wharol, Bacon, Klimt – rinunciando contestualmente a ogni altra pretesa.
«L’ho fatto solo per guadagnare la pace» spiega. «Perché mia madre non mi parlava più, i miei figli non mi parlavano più. Invece di rimanere aggrappata alle azioni, ho preferito una tregua». Quel settembre Jaki sposa Lavinia Borromeo, Margherita presenzia – nonostante un battibecco col figlio che non si decide a presentarla ai suoceri – a sottolineare che la famiglia rimane «unita in rapporti di affetto saldi e immutati». Pochi mesi dopo il marito Serge de Pahlen, dirigente Fiat da 22 anni, viene licenziato (da Jaki) senza troppe cerimonie.
La crisi della Fiat
Non è questione di soldi, ma vale la pena ricordare che in quel periodo la Fiat è in grave crisi: il titolo è in calo, il futuro incerto. A giugno del 2004 Sergio Marchionne viene nominato amministratore delegato. Se fosse una serie televisiva (e c’è da sperare che lo diventi, prima o poi) questo sarebbe il punto in cui nessuno capisce bene i dettagli finanziari – nel 2005 il gruppo fa segnare un utile netto di 1,3 miliardi di euro; e poi di 1,1 nel 2006 – ma sullo schermo cambia la luce, cambia la musica: si compie il rilancio.
Forse per questo nel 2007 Margherita riapre la questione ereditaria, facendo causa ai potentissimi consiglieri: «Non sono più i custodi del patrimonio di mio padre, sono convinti di essere diventati mio padre». E anche alla madre. Per Marella è un «gesto di ingratitudine» oltre che «un tradimento», e John si rifiuta (almeno in pubblico) di «essere trascinato in un ping pong inutile di querele e controquerele». Ma è nelle parole di Lapo al Corriere della Sera che affiora il nodo emotivo: «Purtroppo non è possibile dialogare con mia madre, avendoci io provato un milione di volte… Ho capito con tristezza che è autodistruttiva e autolesionista… Lei ha diviso la famiglia in due». Nel 2015 l’azione legale di Margherita viene giudicata infondata dalla Cassazione.
Nel 2004 Margherita Agnelli firma un accordo in cui cede la sua quota societaria in cambio di beni per oltre 1 miliardo. Non è solo questione di soldi: l’eredità è il modo che hanno le famiglie complicate per raccontare chi sono
Quali sono i termini della successione
Quando nel 2019 muore Donna Marella, i termini della successione sono quelli stabiliti dagli accordi di Ginevra: i passaggi ereditari automatici consolidano il 60% della Dicembre a John, e il resto ai suoi due fratelli. Un assetto che Margherita intende ora mettere di nuovo in discussione, sostenendo che il contratto svizzero non ha alcun valore di fronte alla legge italiana, e rivendicando quindi il diritto alla quota legittima dell’eredità. «Pretese temerarie, cui si resisterà con fermezza in ogni sede» fanno sapere fonti vicine agli Elkann.
Se fosse una serie televisiva (e francamente non si capisce cosa aspettino: le saghe di ricchi litigiosi sono un filone molto di moda) questo sarebbe il momento del flashback, con la storia di 3 bambini che si tengono stretti stretti in mezzo ad adulti pieni di problemi, legati come solo può essere chi ha condiviso circostanze eccezionali. Gli stessi bambini che Ginevra Elkann ha raccontato nel suo primo film da regista, Magari: «C’è una madre strana, un padre assente, il vero cuore della famiglia sono i tre fratellini». Dice ancora Lapo: «Se dovessi rinunciare a soldi o aziende per i miei fratelli, lo farei… Siamo uniti non per le aziende, ma per l’amore che ci lega e perché ci accettiamo come siamo». Non è questione di soldi: l’eredità è il modo che hanno le famiglie complicate per raccontare chi sono.