C’è chi inizia al mattino presto, postando il video della prima colazione, chi invece preferisce puntare sulle piccole o grandi “conquiste” dei figli, come le prime paroline, la prima volta in bicicletta o al mare. Non manca poi chi punta alle feste di compleanno o alle gite della domenica, senza dimenticare i filmati dedicati all’allattamento dei figli o ai malanni. La parola d’ordine è comunque sempre “condividere”: condividere momenti di vita quotidiana, all’interno della famiglia, mostrando i propri figli o il marito, intenti in attività comuni o divertenti. Si chiama “family vlogging” e altro non è che un blog in formato video, visibile sul web e in particolare sui canali YouTube. Si tratta di una vera e propria tendenza, nata negli Stati Uniti e che si sta affermando anche in Italia, nonostante la tradizione e alcuni retaggi culturali abbiano storicamente frenato la propensione a “mettere in piazza” la propria vita privata.
Il web cambia le regole
La sempre maggiore affermazione di internet e dei social, però, sta cambiando le abitudini anche nel nostro Paese e così anche da noi aumentano i canali che raccontano la vita familiare, in barba alla privacy e alla tutela dell’intimità all’interno delle mura domestiche. Da un lato, infatti, si moltiplicano gli appelli a limitare la pubblicazione di foto di minori sui social, per evitare il rischio di alimentare la pedopornografia; dall’altro, invece, si afferma la voglia di raccontare e raccontarsi, senza pudore. Di pari passo, cresce l’interesse per la vita altrui, con un pizzico di voyeurismo: secondo YouTube, infatti, negli Stati Uniti il tempo trascorso a guardare i family vloggers è cresciuto del 90% in pochissimi anni*.
I video postati in rete e, in particolare su YouTube, riescono spesso a totalizzare migliaia e persino milioni di visualizzazioni, come nel caso di un filmato, postato sul canale Family Fun Pack – uno dei più popolari in rete – della durata di oltre 15 minuti*. Protagonista è una famiglia californiana, composta da Matt, Kristine e i loro 6 figli, alle prese con le prime prove in bicicletta o con il montaggio di una piscina da giardino, raccontati nella puntata “We’got a swimming pool”, vista da poco meno di 30 milioni di persone. Un altro esempio è rappresentato dal canale We are the Freemans*, che mostra le esperienze al luna park, le sfide al ping pong o i giochi in giardino dei quattro bambini della famiglia Freeman.
Anche in Italia esistono alcuni canali di “family vlogging”, come “Missgerberina”, dove si alternano spezzoni dedicati a piccole difficoltà con lo smartphone e il gestore telefonico, a racconti di vita quotidiana che interessano più da vicino Stefano, il figlio di Silvia Sfasciotti, una 37enne romana che aveva dato vita al vlog, per condividere l’attesa proprio di un figlio che faticava ad arrivare.
Il vlogging diventa un business
Il family vlogging sta diventando l’ultima frontiera del più ampio “family business”, ovvero il giro d’affari che ruota attorno alle dinamiche familiari. Di fronte alle numerose visualizzazioni, agli iscritti e al successo dei family vlogs, alcune famiglie hanno deciso di monetizzare la loro voglia di mostrarsi su YouTube. La piattaforma ha permesso, infatti, di inserire alcune inserzioni prima dei video familiari, che permettono di guadagnare, in base alle visualizzazioni, una media del 55% dei ricavi pubblicitari.
E se facesse male?
Mentre in Italia si afferma questa tendenza, negli Stati Uniti e nel Regno Unito, dove il family vlogging ha preso piede prima rispetto al nostro Paese, iniziano a interrogarsi sulle conseguenze. Qualcuno si è reso conto che il fatto di vivere costantemente davanti ad una telecamera, come in una sorta di Grande Fartello a dimensione familiare, può nuocere sia ai bambini, sia agli adulti. Cominciano a emergere alcuni rischi legati alla tendenza a voler apparire perfetti, che si scontra con la frustrazione di non esserlo nella vita reale. In qualche caso, alcuni genitori hanno ricevuto critiche per il modo in cui si sono rapportati con i figli, li hanno rimproverati o spinti a compiere gesti che potessero essere filmati e messi in rete. Secondo gli psicologi, la maggior parte dei bambini ha una certa tendenza ad assecondare i genitori, anche quando vengono fatte loro richieste che li mettono in difficoltà o li fanno vergognare.
Per Harold Koplewicz, psichiatra e responsabile del Child Mind Institute (ente che si occupa di bambini con problemi mentali e dell’apprendimento) intervistato dal Time, i genitori spesso tendono a scegliere un ruolo per i propri figli: se però questi non lo sentono proprio, si creano ansia e disagio. I problemi maggiori si possono verificare durante l’adolescenza, quando i ragazzi cercano spazi e momenti propri, all’interno dei quali sviluppare la propria personalità, anche compiendo errori. Il fatto di doversi mostrare sempre in pubblico non permette lori di sperimentare e crea frustrazioni che possono aumentare col passare degli anni.