Latte, sale e caglio: il formaggio è fatto solo con questi tre ingredienti. Il più magico è il caglio, senza il quale non si potrebbe solidificare un liquido come il latte e ottenere dei formaggi capaci di stagionare anche per anni. In pratica, agisce grazie a particolari enzimi capaci di far coagulare le proteine del latte (le caseine), creando una sorta di spugna che espelle i liquidi e trattiene le proteine e i grassi. Così si ottiene una massa densa, pronta da lavorare e trasformare nelle tante tipologie di prodotti caseari che conosciamo. Gli unici che ne possono fare a meno sono quelli che si consumano freschi, perché sono troppo deperibili, come la ricotta e i fiocchi di latte. Ma c’è caglio e caglio.
Quali sono le differenze tra formaggi a caglio animale e quelli a caglio vegetale
«Normalmente quello più utilizzato, per tradizione e semplicità d’uso, è il caglio animale, ottenuto dallo stomaco di vitelli o agnelli» spiega Piero Sardo, autore del libro Formaggi Naturali. Viaggio alla scoperta dei migliori d’Italia (Slow Food). Molte aziende, soprattutto industriali, preferiscono invece il caglio microbico, ricavato da colture di microrganismi, perché è molto affidabile e dà risultati sicuri».
Oggi però si trovano sempre più spesso anche formaggi a caglio vegetale, che viene ricavato da fiori, erbe, frutta e ortaggi come il cardo selvatico, il carciofo, il fico o il finocchietto. È un’alternativa che soddisfa i vegetariani e che è gradita ai nuovi consumatori di formaggi, come quelli orientali, incuriositi dai prodotti di casa nostra ma che, per motivi etici o religiosi, devono evitare il caglio di origine animale. «Questi formaggi sono più facilmente digeribili e rilasciano l’energia in modo più lento, grazie alla maggior presenza di aminoacidi liberi e acidi grassi a catena corta. Per questo vengono spesso inseriti nell’alimentazione degli atleti» spiega il nutrizionista Fabrizio Tamburini.
Cosa trovi al supermercato
La tradizione dei formaggi a caglio vegetale (che si fa risalire ai Romani) non è mai scomparsa del tutto in Italia ed è a questa antica lavorazione che si deve la nascita dell’arte casearia. Leggenda vuole che fu l’accidentale caduta di un fico in una bacinella colma di latte a far scoprire che quest’ultimo poteva coagulare e trasformarsi in formaggio. Con il tempo sono stati individuati i vegetali che contengono gli enzimi giusti (anche erba zolfina, gallio, pinoli verdi e timo) e che sono tuttora molto usati per tanti formaggi prodotti in Portogallo e Spagna, ma anche per il famoso Stilton inglese.
E in Italia? Ci sono formaggi a denominazione di origine protetta che, da regolamento, possono usare solo caglio vegetale, come il Caciofiore Romano Dop e il Pecorino delle Balze Volterrane Dop. Di recente altri formaggi tradizionali tutelati, come l’Asiago Dop, hanno cambiato i loro disciplinari per consentirne l’uso e molte aziende hanno iniziato a produrre versioni con caglio vegetale, specificandolo sulle etichette.
Una di queste è Fattorie Fiandino, che può essere considerata fra i precursori (fattoriefiandino.it). «Il caglio vegetale è difficile da usare, richiede una minuziosa attenzione alle dosi e, soprattutto, dà al formaggio una consistenza piuttosto morbida e una texture farinosa. Caratteristiche che non sono adatte ai formaggi dalle lunghe stagionature, come quelli tipicamente italiani, ed è uno dei motivi per cui era stato abbandonato» spiega Piero Sardo.
Ma ora si sta recuperando questa lavorazione antica e alcuni centri di ricerca, come il Crea (Consiglio per la ricerca in agricoltura e l’analisi dell’economia agraria), lo hanno riscoperto in un’ottica di sostenibilità, economia circolare e sviluppo locale. In Basilicata, per esempio, si sta studiando come usarlo nei caseifici ricavandolo dai carciofi locali e, in particolare, dall’ultimo taglio di questi ortaggi, evitando così che venga sprecato.
Come gustare i formaggi a caglio vegetale
«In genere i formaggi a caglio vegetale hanno note più amare, una consistenza più morbida e un retrogusto aromatico» spiega Giovanni Guffanti Fiori, uno dei maggiori affinatori italiani. «E per esaltare queste caratteristiche l’ideale è abbinarli con fichi secchi, datteri o albicocche disidratate. Oppure con gli stessi vegetali usati per ottenere il caglio, come i carciofi o i fichi freschi».
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Il pecorino di Ilaria ha una lunga storia
È grazie al suo pecorino a caglio vegetale che Fattoria Bistecca ha vinto nel 2020 l’Oscar Green che Coldiretti assegna ai giovani agricoltori innovativi (fattoriabistecca.com). «Volevo un formaggio dal sapore diverso e così ho applicato lo stesso metodo che usava la mia bisnonna quando raccoglieva i fiori viola di cardo mariano, li faceva essiccare e poi li metteva in infusione per ottenere il caglio» spiega la titolare Ilaria Salvadori. «Io invece sono partita dai fiori dei carciofi di Chiusure. Ci sono voluti diversi tentativi, ma poi il risultato è stato fantastico».
Ne è nato un pecorino speciale, Il Fronte, fatto con il latte crudo delle pecore della fattoria di Cortona, avvolto in foglie di carciofo e messo ad affinare in una grotta scavata nel tufo, utilizzata dai partigiani durante la Seconda guerra mondiale.