Un invito a riscoprire la parte più fanciullesca degli uomini, in nome di quella libertà che si sperimenta solo negli anni dell’infanzia e che Alessandro Michele, direttore creativo di Gucci, definisce in conferenza stampa «il regno dove tutto è possibile». Si concludono così le sfilate milanesi dedicate alla moda maschile iniziate lo scorso 10 gennaio, con lo show di Gucci che si è tenuto nel sontuoso Palazzo delle Scintille, adibito a «teatro elisabettiano, teatro scientifico, corrida» per l’occasione e che, secondo il Fashion Index di Blogmeter, è stata la sfilata più popolare su Instagram. Al centro della scena c’è un enorme pendolo che si muove e sembra più volte avvicinarsi ai modelli che gli girano intorno: è un rimando al pendolo di Foucault, uno dei filosofi preferiti di Michele e da lui spesso citato, ed è un richiamo allo scorrere inesorabile del tempo e alla perdita dell’infanzia.
Uomini, ritornate bambini
Dai colletti glitterati alle scarpette con gli occhi, dai grembiuli ai cappotti bon ton e le divise da scuola cattolica, mescolati con le pettinature rockabilly, i maglioni over con tanto di buchi e gli accessori punk: i giovanissimi modelli che hanno sfilato per Gucci sono uomini in erba, che si divertono con i vestiti, sembrano delle rockstar, a metà strada tra David Bowie e Kurt Cobain, ma senza prendersi troppo sul serio. Per il designer, l’elemento giocoso è l’antidoto alla mascolinità tossica che costringe gli uomini, e di conseguenza anche le donne, in stereotipi dannosi, come spiega bene la nota per la stampa che accompagna lo show.
«Sin dalla nascita, ai bambini viene imposto un modello di mascolinità dominante, vincente, oppressiva. Atteggiamenti, linguaggi e azioni finiscono col conformarsi progressivamente a un ideale di virilità machista che espelle la vulnerabilità e la dipendenza. Ogni possibile richiamo alla femminilità viene aggressivamente bandito perché vissuto come minaccia per l’affermazione completa di un prototipo maschile che non ammette cedimenti. Non c’è niente di naturale in questa deriva. Il modello è socialmente e culturalmente costruito in modo tale da rigettare tutto ciò che non si uniformi a esso. Con implicazioni molto serie. Questa mascolinità tossica, infatti, finisce col nutrire prevaricazione, violenza e sessismo».
Un modello alternativo, che non esclude
«La mia non è una narrazione della mascolinità che esclude quella mainstream, anzi per me significa raccontare la complessità di essere uomo. Il mondo degli uomini è un mondo variegato e pieno di sfaccettature, esattamente come quello delle donne», spiega ancora il designer ai giornalisti dopo lo show, «[La collezione, ndr] è un inno al romanticismo e, per me, al sesso maschile e agli uomini, che sono capaci di tante cose, anche di revisionare quello che è stato loro insegnato», conclude.
Ecco il significato, allora, di una collezione che a chi non mastica il linguaggio della moda potrà sembrare bizzarra: presi singolarmente, gli abiti e gli accessori di Gucci sono infatti estremamente portabili sia dagli uomini che dalle donne, come dimostra il successo commerciale che il nuovo corso inaugurato da Michele nel 2015 ha assicurato al marchio (+19,8%, pari a 4,6 miliardi di euro, per i ricavi nel 2019). Niente paura per gli uomini, allora, che non sono affatto scomparsi né rischiano di estinguersi: semmai benvenuti a tutti gli altri.