Maria Lai, al principio, è stata una scalinata, faticosissima, che ci ha portato in cima alla splendida Bosa, cittadina adagiata sul fiume Temo, sulla costa occidentale sarda. Abbiamo fatto caso al toponimo per maledirlo. Ma anche perché appartiene a una donna, circostanza che ci stupisce ancora. Poi Maria Lai è divenuta un consiglio: «Non perderti Ulassai, nell’Ogliastra, il suo paese museo» mi ha raccomandato l’art director di Donna Moderna.
A quel punto Maria Lai è divenuta una storia che andava assolutamente conosciuta. Quella di una delle più grandi artiste italiane contemporanee, morta nel 2013 e ideatrice tra le altre cose di alcuni straordinari interventi sul paesaggio, alla Christo per intenderci, con la piccola, fondamentale differenza che ha richiesto la partecipazione attiva della popolazione locale.
Eleonora d’Arborea, invece, è stata una strada di Alghero, nella nostra prima serata sarda. Ma ben presto abbiamo realizzato che non c’era minuscolo villaggio o grande città dell’isola che non avesse una via, un lungomare, uno slargo o una piazza a lei dedicata. Abbiamo scoperto così uno dei personaggi più importanti della storia locale. Giudicessa, ovvero sovrana, nel Trecento del Giudicato d’Arborea, ultimo baluardo della resistenza sarda all’invasione aragonese, fu colei che firmò la Carta de Logu, un sistema giuridico rimasto in vigore fino al 1827, considerato di grande modernità in quanto si occupava di temi come la difesa della donna e la tutela del territorio, ma anche perché fu scritto in lingua sarda, in modo da essere comprensibile a tutti. Oggi Eleonora d’Arborea è un libro da leggere: la biografia che ha scritto su di lei Bianca Pitzorno.
La conoscenza procede così. Inciampiamo nei nomi, diventano un tarlo, vogliamo saperne di più, approfondiamo, scopriamo. E quante volte il nome di una strada è stato il punto di partenza di un processo casuale di conoscenza? Infinite volte, almeno per me. Peccato che ciò che mi sta succedendo in Sardegna sia una rarità: solo 7 piazze su 100 in Italia sono dedicate a personaggi femminili. E quasi sempre si tratta di sante o martiri. Dove sono le avvocatesse, le ingegnere, le politiche, le scienziate? Non nella vita pubblica, ma neppure nella toponomastica del nostro Paese.
A Parigi è in atto una guerrilla culturale che piazza targhe abusive sulle strade proprio sotto quelle ufficiali, dedicandole a nomi di donne: io avevo intercettato una rue de Furstenberg divenuta rue Michelle Perrot, una storica contemporanea. Ma anche in Italia da anni è attivissimo un movimento impegnato a portare avanti questa rivoluzione della toponomastica, e infatti la percentuale di piazze e strade al femminile sta salendo nelle principali città. Che la parità passi anche per il nome di una via può sembrare strano. Ma esse segnano il nostro immaginario più di quanto siamo disposti a credere. Parola di una che ha vissuto per 24 anni in via Grazia Deledda.