Vanno di moda i cocktail ready to drink, una tendenza nata qualche anno fa nel mondo anglosassone e oggi in voga anche da noi fra consumatori di tutte le età, accomunati dal gusto per il food and beverage di alto livello. Solo che siccome gli italiani lo fanno meglio, i nostri hanno una marcia in più quanto a qualità degli ingredienti, estetica del packaging e prestigio dei bar consultant che lavorano dietro le quinte. Il boom è stato durante il lockdown: con i locali chiusi i pronti da bere sono diventati un must. Le aziende hanno cavalcato l’onda perfezionando il prodotto con confezioni riciclabili e servizio fast delivery previo ordine nello shop on line. Nei due mesi di quarantena forzata la sola Nio, fra i leader del settore, ha venduto quasi trentamila cocktail con l’e-commerce e punta a raggiungere il milione entro la fine dell’anno e a superare ampiamente il milione di euro di fatturato.

Packaging irresistibili: buste, tubetti, mini bottiglie

Sì, perché ora che la vita è tornata alla normalità questi drink continuano ad andare alla grande e rappresentano una modalità di consumo destinata a diventare parte integrante delle nostre abitudini, in casa, ma anche in spiaggia, in barca, in aereo, in albergo e in tutte quelle occasioni, come un pic-nic o un brindisi mordi e fuggi, nelle quali la bottiglia formato standard sarebbe di troppo. E non è solo questione di praticità, perché a sedurre il consumatore più esigente c’è anche il look delle confezioni. Basta fare un giro su internet per scoprire quanto possa diventare intrigante un contenitore: dalle versioni in busta formato Cd di Nio e Spirito al packaging personalizzato di Cocktail House, dalle mini bottiglie di spiriti invecchiati di Drink-it ai tubetti modello dentifricio di GOTube, disponibili anche in versione analcolica, la rete pullula di raffinati cocktail monodose. Sono ormai almeno una decina i brand italiani dediti al business.

Il rischio binge drinking

Gli esperti, però, lanciano l’allarme: c’è il pericolo di bere troppo, perché se è vero che il formato è ridotto, con il ready to drink si ha sempre la tentazione a portata di mano. «Così, quello che sulle prime sembra un peccato innocente e perfino charmant può trasformarsi in vizio anche per persone non abituate a bere, che vengono attirate dalla novità» mette in guardia la dottoressa Sara Gilardi, biologa nutrizionista. Oltre all’alcol, per di più, c’è il rischio di ingurgitare quantità elevate di zuccheri: «Molti cocktail contengono saccarosio o altri dolcificanti che non giovano alla salute e di cui la nostra dieta purtroppo abbonda. Niente di diverso, sia chiaro, dai drink che si bevono al bancone del bar, ma con i monodose l’approvvigionamento è più immediato e la disponibilità può essere continua, quindi il rischio che uno tiri l’altro è in agguato» conclude l’esperta.