C’è chi parla di “effetto Greta Thumberg” e dunque di una sempre maggiore sensibilità ambientale da parte soprattutto dei giovani. Un’attenzione che non si limita solo alle manifestazioni come i Future for Fridays, ma che può diventare anche un lavoro al termine di un percorso di formazione specifico nel settore ambientale. È così che, dopo le prime specializzazioni nell’ambito di corsi tradizionali, le università stanno moltiplicando l’offerta di “lauree green”. Gli atenei hanno infatti presentato poco meno di 200 nuovi corsi (esattamente 195) che, se approvati dall’Agenzia di valutazione Anvur, diventeranno attivi per l’anno accademico 2020/2021. Si tratta di una crescita del 38% rispetto ai 141 corsi dello scorso anno e riguardano soprattutto le aree di Ingegneria industriale, Informazione e Scienze giuridiche.
Il boom dei corsi “green”
«Indubbiamente esiste un effetto mediatico che ha contribuito alla crescita di domanda e di offerta di formazione di tipo ambientale, ma c’è anche una componente economica: tutta la cosiddetta Green Economy è in forte sviluppo, si prevedono nuovi posti di lavoro in questo settore e persino opportunità e figure professionali che oggi non esistono e non sono neppure prevedibili. Tutto ciò fa sì che ci sia un grande interesse in questo ambito» spiega il professor Francesco Ficetola, del Dipartimento di Scienze e Politiche ambientali dell’Università degli Studi di Milano.
«Per fare un esempio, lo scorso anno avevamo circa 50 nuovi iscritti ai corsi di laurea in Scienze e Politiche ambientali, quest’anno sono aumentati del 50%. Nel corso di laurea in Scienze Naturali il numero è persino quadruplicato negli ultimi tre anni» spiega Ficetola. Lo stesso fenomeno viene registrato anche a Venezia Ca’ Foscari, una delle prime università italiane ad attivare la laurea in Scienze Ambientali: «Come Dipartimento abbiamo visto un aumento negli ultimi due anni del 15%-20% per la laurea magistrale in Scienze Ambientali. Dopo il boom iniziale di qualche anno fa, c’era stata una battuta d’arresto, mentre adesso la domanda è tornata a crescere» spiega Fabio Pranovi, docente di Ecologia e professore associato presso il dipartimento di Scienze Ambientali dell’ateneo veneziano.
L’ambiente diventa materia trasversale
Secondo le previsioni di Unioncamere la Green Economy e il suo indotto potranno portare 800mila posti di lavoro entro il 2025, in diverse aree. Si stima che siano richiesti sempre più ingegneri energetici, agricoltori attenti alle nuove tecnologie e al settore biologico, operatori e consulenti nel settore del riciclo e delle energie e strumentazioni “eco”, a riprova che l’ambiente rappresenta una materia e un interesse trasversale ad altre “tradizionali”. Oltre al corso di laurea in Scienze Ambientali attivato all’università degli Studi di Milano (tra le primissime in Italia), alla Bicocca (sempre a Milano) si può studiare Scienze e Tecnologie per l’ambiente, al Politecnico del capoluogo lombardo c’è la laurea in Ingegneria energetica o per l’Ambiente e il Territorio. A Bologna, altro ateneo all’avanguardia in questo settore, è attivo il corso di laurea in Ambiente e Materiali, a Parma quello in Sostenibilità, Management e Tecnologie, solo per citare alcuni esempi.
«Anche all’interno di percorsi accademici tradizionali, come Giurisprudenza, ci sono nuovi corsi rivolti a chi dovrà occuparsi di problematiche legali-ambientali. Lo stesso vale per Ingegneria o Agraria: la produzione del cibo, ad esempio, è uno dei settori che più risente delle tematiche di sostenibilità” spiega Ficetola.
E le donne?
Le donne sono molto presenti nel comparto green, a livello di formazione universitaria. «Soprattutto nelle aree biologiche la presenza femminile è molto elevata, persino maggioritaria. Nel mondo della fisica, invece, c’è un numero superiore di uomini, ma nel complesso la presenza è assolutamente bilanciata» spiega Francesco Ficetola. «Nella nostra esperienza di laurea in Scienze Ambientali a ca’ Foscari c’è sempre stata parità di genere. La vera scommessa la stiamo facendo per quanto riguarda il nuovo corso di laurea in Environmental Humanities, attivo dal prossimo anno accademico, perché sappiamo che le facoltà umanistiche hanno generalmente una maggiore presenza femminile» spiega Fabio Pranovi.
La novità: unire l’area umanistica a quella scientifico-ambientale
«A Ca’ Foscari stiamo per attivare un nuovo corso di laurea, chiamato appunto Environmental Humanities, che mira a unire l’universo umanistico con le tematiche ambientali e scientifiche. Per esempio, declinare l’antropologia o la filosofia e i loro protagonisti in un contesto ambientale. Finora gli studenti di area umanistica avevano la possibilità di seguire singoli corsi base sulla sostenibilità o il cambiamento climatico o l’ecologia, ma dal prossimo anno sarà disponibile un unico corso di laurea magistrale che metta insieme anime differenti del sapere» spiega il prof. Pranovi.
Studenti anche dall’estero
Se le donne sono già presenti, è la componente straniera che sta aumentando nei nuovi corsi a carattere ambientale: «Abbiamo ricevuto molte richieste dall’estero, ad esempio, per seguire Cambiamenti climatici, che fa parte nel curricolo internamente in lingua inglese. Oltre alcuni asiatici, come pakistani, registriamo la presenza di studenti molto eterogenei tra loro, che arrivano da Svezia, Olanda, Germania, Regno Unito, Canada, Usa, Montenegro, Russia, Azerbaijan, Iran e Africa subsahariana» spiega Pranovi.
Inserire sempre esami a tematica ambientale
Gli esperti dei vari atenei che hanno già attivato corsi green o sono in procinto di farlo non hanno dubbi: i giovani devono ragionare con una visione a lungo termine caratterizzata da un’economia ambientale in crescita: l’industria automobilistica dell’elettrico in espansione, il comparto delle materie riciclabili, l’agricoltura sostenibile. Il consiglio è quello di puntare a una buona e solida preparazione scientifica di base (chimica, fisica, matematica) con la laurea triennale, per poi affinare l’ambito di studio con la specialistica. In ogni caso, inserire esami a tematica ambientale viene considerato un valore aggiunto: «Con la crescita della Green Economy anche percorsi di studio tradizionali come quelli delle scienze economiche si stanno riposizionando e adeguando, per esempio inserendo materie come l’Economia circolare. A prescindere dai singoli corsi, dunque, ci sarà sempre più l’esigenza da parte del mondo del lavoro di avere figure preparate in temi ambientali. La sostenibilità economica, sociale e ambientale saranno inevitabilmente integrate perché, ad esempio, non ci potrà essere una valutazione sul disagio sociale che non tenga conto degli aspetti ambientali» conclude Pranovi.