La scelta tra le università oggi è molto vasta. Certo la pandemia ha creato disagi anche nel mondo universitario, non solo per la sospensione delle lezioni in presenza, ma anche nella ricerca di lavoro dopo la laurea.
Intanto, cresce il numero di “dottoresse” e “dottori” che sognano di lavorare all’estero: quasi la metà. La crisi sanitaria, quindi, non ferma la “fuga di cervelli”, ma potenzialmente la aumenta, nonostante le incognite sulla possibilità di spostamenti nel mondo. A dirlo è il Rapporto 2021 di AlmaLaurea, il consorzio Interuniversitario che rappresenta 76 Atenei e circa il 90% di coloro che ogni anno si laureano in Italia. Analizzando il profilo dei 291mila che hanno terminato il percorso universitario nel 2020, e confrontando il mercato del lavoro con quello dei laureati nel 2019, 2017 e 2015 (intervistati rispettivamente a 1, 3 e 5 anni dal conseguimento del titolo) è emerso, ad esempio, che cala l’età in cui si finisce l’università, scesa a 25,8 anni (era 26,9 nel 2010). Migliora anche la regolarità degli studi, cioè la capacità di concluderli nei tempi previsti, mentre si confermano la presenza e l’andamento delle donne: sono oltre la metà (58,7%) e continuano a distinguersi per i risultati anche nelle discipline STEM (Scienze, Technology, Engineering, Math). Ci sono, però, alcune novità: ad esempio alcuni nuovi corsi di laurea che preparano a professioni prima inesistenti, dove la presenza femminile è in crescita o persino maggiore rispetto a quella maschile.
Dopo la laurea, il lavoro all’estero
Tra gli universitari italiani aumentano coloro che maturano un’esperienza di studio all’estero riconosciuta dal corso di laurea, anche se la percentuale è ancora bassa: 11,3% rispetto all’8,7% del 2010. In compenso, crescono coloro che sono pronti a trasferirsi all’estero dopo la laurea: sono poco meno della metà ed esattamente il 45,8%.
«È un dato che ha una doppia valenza. Da un lato non si può nascondere che lo spostamento verso l’estero a volte è legato a problemi di occupazione in Italia. Dall’altro, però, può indicare una disponibilità e apertura mentale, oltre che culturale, da parte dei nostri laureati. Certamente viviamo in un mondo globalizzato, dove anche le opportunità di impiego implicano una certa mobilità, quindi l’attitudine a cercare il lavoro fuori dal Paese di nascita e non sotto casa (dove comunque è più difficile trovarlo) va valutata positivamente: significa mettersi in gioco in maniera dinamica» spiega la professoressa Marina Timoteo, direttore di AlmaLaurea.
I dati indicano anche che chi ha effettuato una parte di formazione all’estero ha il 14% in più di probabilità di trovare lavoro: «Sì, questo vale sia che si tratti di esperienze di studio all’estero, sia che consista in esperienze di lavoro e tirocinio, che incidono positivamente sulla possibilità di trovare lavoro. Va sottolineato anche i lavori non collegati al percorso di studi che si sta seguendo, fa la differenza: è importante non rimanere in situazioni non troppo statiche in un mondo che invece è iper dinamico» aggiunge Timoteo.
Con quali lauree si trova lavoro
La scelta del corso di laurea non è mai semplice, ma spesso a dettarla sono motivi familiari. Come conferma il Rapporto AlmaLaurea, il 20,1% degli studenti completa gli studi nello stesso campo di uno dei genitori: nel 35,5% dei casi si tratta di discipline che portano alla libera professione, come avvocati, commercialisti, dentisti, ecc. Ma quali sono le lauree più “efficaci”, in grado di aprire più possibilità nel mondo del lavoro?
Qui le facoltà più quotate e soprattutto quelle che offrono le lauree con cui trovare lavoro.
Qui le lauree che offrono lo stipendio più alto.
«Sicuramente al top troviamo le lauree STEMM e in particolare informatica, ingegneria industriale e dell’informazione, quelle di area economica, architettura e ingegneria industriale, che hanno tutte un tasso di occupazione superiore al 90% a 5 anni dal conseguimento della laurea. Vantano anche il primato a livello retributivo rispetto alle altre lauree. Per gli altri gruppi, comunque, non si scende mai sotto il 75% – spiega il direttore di AlmaLaurea – Ciò vale anche per l’area letterario-umanistica, che è al 77,8%. Ovviamente ci sono differenze se si prende in considerazione il dato temporale: con alcuni percorsi di studio la possibilità di trovare occupazione è maggiore anche a breve termine. Quest’anno, invece, la pandemia ha pesato con una contrazione del tasso di occupazione a un anno dalla fine degli studi universitari».
Donne brave (o più brave), ma penalizzate
Nel 2020, anno dell’emergenza sanitaria, infatti, a un anno dal conseguimento del titolo il tasso di occupazione medio è pari al 69,2% tra i laureati di primo livello e al 68,1% tra quelli di secondo livello, in diminuzione rispetto al periodo pre-Covid, rispettivamente del 4,9 e del 3,6%. La situazione, però, è peggiore per le donne, che hanno il 17,8% in meno di probabilità di essere occupate a un anno dalla fine dell’università. Eppure le studentesse sono brave, se non persino più brave rispetto agli studenti.
«Purtroppo le donne hanno un percorso di studi positivo, ma che diventa negativo quando si tratta di entrare nel mondo del lavoro e questa non è una novità. Però abbiamo notato un aspetto interessante: nonostante ci sia stato un calo generale nel tasso di occupazione, causa Covid, tra i laureati STEM questo è stato inferiore per le donne. Significa che ne hanno risentito meno e si sono collocate un po’ meglio» spiega Timoteo. È troppo presto per poter stabilire da cosa sia dipeso, occorrerà valutare l’andamento nei prossimi anni, «ma vale la pena, per ora, osservare questo dato e tenerlo monitorato» aggiunge il direttore di AlmaLaurea.
Nuove professioni: le donne nell’E-commerce
Ma quali sono le nuove professioni e come ci si accede, con quali percorsi di studio? «Sono sicuramente quelle legate alle nuove tecnologie, che in questo periodo pandemico hanno registrato un balzo in avanti. In particolare ce ne sono due: gli specialisti di Cyber Security e quelli del mondo dell’E-commerce – spiega Timoteo – In questo caso abbiamo notato un altro aspetto interessante: l’ascesa delle donne per entrambe le figure. Nel caso dell’E-commerce sono persino la maggioranza: il 53,6% contro il 46,4%. Anche nell’ambito della sicurezza informatica, però, rappresentano un quarto, pari a circa il 27%». Come si diventa specialisti in questi settori? «Per l’E-commerce sono indicate le lauree in Scienze economico-aziendali, Scienze della comunicazione, Giurisprudenza, Economia e Scienze internazionali, mentre per la Cyber Security l’accesso privilegiato è rappresentato dalle varie Ingegnerie, come ingegneria informatica, gestionale o delle telecomunicazioni, oppure Scienze economico aziendali e Informatica» conclude il direttore di AlmaLaurea.