Niente conto, siamo donne. La polemica del momento nasce dalla denuncia di una influencer australiana, Abby Chatfield, personaggio televisivo e icona social, ma ci riguarda da vicino dal momento che il fatto è accaduto a Venezia. La ragazza – bionda, occhi azzurri e sguardo solare – era in Laguna con il fidanzato quando, all’inizio di quella che doveva essere una romantica cena tra calli e canali, le è stato portato un menu senza prezzi, un cosiddetto blind. Un gesto di discrezione? Non proprio, o almeno non per la Chatfield, che l’ha interpretato come sessismo. Il motivo è presto detto: sulla lista lasciata al partner il costo dei piatti e dei vini era ben in evidenza. Da qui la deduzione: le donne non devono sapere quanto spendono, soprattutto perché – questo il pensiero – a pagare è “lui”.
Il precedente
In realtà non è la prima volta che si parla del fenomeno. Era già accaduto a novembre. All’epoca la protagonista era stata Augustina Gandolfo, compagna del calciatore Lautaro Martinez. La modella si era indignata dopo aver scoperto – a detta sua con gran sorpresa – che in Italia esiste il ricorso al blind menu (chiamato, però, con termine inglese). La domanda era sorta spontanea allora come oggi: è galanteria o sessismo nascondere il prezzo di una cena? Va detto che la pratica è nata non pensando alle donne in senso stretto, ma come gesto rivolto agli ospiti: è paragonabile allo scontrino di cortesia quando si fa un regalo con la possibilità di cambiare modello o taglia, oppure all’adesivo che nasconde il prezzo di un libro, ad esempio. Ma allora perché tanto clamore? Ma soprattutto, è un fenomeno di nicchia, riservato solo ai ristoranti di lusso?
Un fenomeno di nicchia?
«È capitato anche a me, molti anni fa e rimasi sorpreso. Ero in un ristorante con un’amica (non compagna) e a lei era stato dato un menu senza prezzi. Quando chiesi spiegazioni, il ristoratore mi disse che era “scostumato” mostrare i prezzi a una signora quando è in compagnia di un uomo. Ora, però, l’episodio recente va inserito in un contesto particolare: non è certo prassi quotidiana né ovunque» spiega Nicola Santini, giornalista esperto di galateo e volto tv molto noto. «Nel caso della Chatfield, della quale non conoscevo il nome prima che scoppiasse la polemica, va ricordato che si trovava a Venezia, la città più romantica d’Italia, insieme al fidanzato, dunque in coppia. È vero che anche a Milano esiste un ristorante che ha il blind menu, ma non è così comune, insomma è un fenomeno di nicchia» spiega l’esperto di bon ton.
Cosa dice il galateo
«Il galateo non è granitico, ma fluido, duttile: in una parola, segue il costume. Oggi non è scontato che un uomo e una donna che si siedano insieme a tavola siano una coppia. Il ristoratore o il cameriere, quindi, dovrebbero avere la sensibilità di capire che tipo di rapporto ci sia e non è così difficile, lo si può intuire da semplici gesti prima di portare il menu. Va anche detto che sempre il galateo moderno non fa distinzioni di genere, per esempio nell’indicare a chi portare il conto, ma suggerisce che sia consegnato a chi ha la capacità maggiore dal punto di vista economico. Cosa che oggi capita più spesso alle influencer» osserva Santini.
Sessismo o pubblicità?
«D’altro canto, un po’ di buone maniere sono richieste anche ai clienti: sarebbe stato sufficiente che la modella australiana chiedesse un menu tradizionale, invece che pubblicare un post polemico, conquistandosi così le pagine dei giornali italiani! – osserva Santini – La vera notizia, infatti, è che una influencer si indigni se non paga la cena perché nella maggior parte dei casi le viene offerta in cambio di pubblicità sui social. Magari non è il suo caso, ma io non scambierei una gentilezza o un gesto di cavalleria per sessismo, anche perché si corre il rischio di banalizzare ciò che è veramente discriminatorio: credo che il sessismo vero sia l’impedire a una donna (o a un uomo) di diventare dirigente nonostante sia più brava, per esempio».
L’alternativa “smart”
Per evitare imbarazzi, comunque, esiste un’alternativa, dettata proprio dal galateo: «Generalmente chi fa l’invito e il nome di chi prenota indica la persona alla quale fare riferimento e a cui portare sia il menu coi prezzi che il conto a fine cena, a prescindere dal fatto che sia un uomo o una donna. Il galateo – conclude Santini – non fa distinzioni, ma parla di “persona più autorevole, di padrone di casa o di colui che fa l’invito“».