Sono 12 le città in cui la colonnina di mercurio salirà nelle prossime ore, per poi essere rinfrescate dai classici temporali estivi. Ma se il caldo a luglio è normale, a preoccupare sono i record già raggiunti anche in località montane, come sulle Dolomiti, insieme alla paura che gli acquazzoni seguenti possano diventare delle bombe d’acqua, come già accaduto di recente a Palermo e Milano. Dovremo conviverci? Il clima sta davvero cambiando?
I giorni più caldi del 2020 (anche in montagna)
Gli esperti hanno avvertito: gli ultimi giorni di luglio saranno molto caldi in diverse città, per effetto delle correnti nord africane in arrivo su tutta l’Italia. Secondo il bollettino del ministero della Salute, Bolzano e Perugia saranno da «bollino rosso», dunque con un livello di allerta 3 per le persone anziane e con problemi di salute, rispettivamente con 36° e 37° percepiti.
Le città più calde
Non andrà meglio nelle città da bollino arancione: Bologna, Brescia, Campobasso, Firenze, Frosinone, Latina, Pescara, Rieti, Roma, Torino, Verona e Viterbo. Tra sabato e domenica, poi, in alcuni centri come a Firenze si potranno toccare i 40° percepiti, che scenderanno di poco (38°C) a Roma, Milano, Torino, Verona, Mantova e Ferrara. Il picco si raggiungerà in alcune zone interne della Sardegna, con 43°C. Ma i primi record sono stati già raggiunti anche in località montane come a Gargazzone, tra Bolzano e Merano, così come a Merano e Vipiteno, in Alto Adige, con 35 gradi.
«I modelli di
previsione a medio-lungo periodo, dunque fino a 15 giorni, per il bacino mediterraneo
ci dicono che questa sarà la settimana più calda del 2020. Non dobbiamo
attenderci picchi estremi, neppure tra giovedì e venerdì, ma temperature elevate
e tipiche del Mediterraneo, non un caldo eccezionale insomma» spiega Massimiliano Fazzini,
climatologo dell’Università di Camerino. «Va anche considerato che questa
ondata arriva dopo un periodo piuttosto lungo caratterizzato invece da
temperature sotto le medie, con una prima parte di estate che è la più
fresca degli ultimi 108 anni» aggiunge l’esperto.
Piogge brevi ma molto intense
Al picco di caldo seguiranno piogge rinfrescanti e il rischio sono alluvioni come quelle che hanno colpito di recente Palermo con diverse auto rimaste bloccate nei sottopassaggi, con la Coldiretti che ha lanciato l’allarme: da inizio anno sono oltre 60 i nubifragi registrati sulla Penisola, il 22% in più rispetto allo stesso periodo dello scorso anno. Dopo poche ore è toccato a Milano, dove in pochi minuti di scrosci violenti è esondato il Seveso e la zona nord è rimasta paralizzata.
Sbagliato parlare di tropicalizzazione
I dati dell’European Severe Database parlano di una tendenza alla “tropicalizzazione”, con una maggiore frequenza di fenomeni violenti, precipitazioni brevi ma molto intense, e con cambiamenti meteorologici rapidi col passaggio da cielo sereno a perturbazioni temporalesche. «Va fatta una precisazione: non parlerei di tropicalizzazione perché scientificamente si intende un tipo di clima nel quale le piogge maggiori si verificano nelle stagioni intermedie. Se osserviamo il clima pluviometrico degli ultimi 20 anni, dunque da quando registriamo cambiamenti climatici, vediamo che tende a piovere di più soprattutto in estate (e secondariamente in inverno), quando le masse d’aria si scontrano in modo più violento. Questo è un fenomeno tipico dei climi continentali, non tropicali» precisa Fazzini – «È vero, invece, che stanno aumentando le precipitazioni brevi e intense».
Bombe d’acqua in aumento in futuro
Secondo uno studio del Dipartimento di Ingegneria per l’ambiente, il Territorio e le Infrastrutture del Politecnico di Torino gli eventi atmosferici estremi stanno aumentando. Secondo il documento, pubblicato sulla rivista scientifica Geophysical Research Letters, i nubifragi sono cresciuti a partire dal 2000, con piogge torrenziali brevi, intense e sempre più frequenti, che spesso causano esondazioni e vittime. È presto per fare previsioni e valutazioni statistiche. Ma secondo i tre esperti di idrologia che hanno firmato l’analisi (Pierluigi Claps, Daniele Ganora e Andrea Libertino), l’analisi dei dati di misurazione delle piogge – su un campione rappresentativo di 1.346 stazioni – dicono che in alcune aree d’Italia la frequenza e l’intensità delle bombe d’acqua mostra tendenze all’aumento nel tempo.
«La temperatura è cresciuta di circa 1°C negli ultimi 30 anni e questo ha prodotto maggiore energia termica che, quando si scontra con correnti fredde, dà luogo a questi fenomeni più violenti, chiamati bombe d’acque – spiega Fazzini – Attenzione, però: i numeri e le statistiche ci dicono che non cade maggiore quantità di acqua in una volta sola, ma aumentano i valori medi: solitamente si registrano 30/40 mm di pioggia per ogni precipitazione, più frequente, ma non si raggiungono record da 100 mm».
Perché allora ci sono più alluvioni?
Se nelle grandi città la presenza del cemento e degli edifici ha l’effetto di aumentare le temperature e spesso anche la percezione di caldo e afa, proprio la cementificazione secondo Coldiretti contribuisce ad aggravare gli effetti delle precipitazioni: «Il consumo del suolo con l’abbandono delle campagne e la cementificazione, negli ultimi 25 anni ha fatto sparire il 28% delle campagne» denuncia l’associazione. Asfalto, cemento, capannoni sempre più numerosi contribuiscono a «impermeabilizzare» i terreni, che non riescono più ad assorbire l’acqua, aumentando il rischio di alluvioni anche nei centri urbani.
«Quando c’è un temporale, anche un terreno più asciutto fatica ad assorbire l’acqua se questa cade improvvisamente e in modo abbondante. Si crea così la tendenza a ruscellare, cioè a creare piccoli o grandi corsi che possono causare potenzialmente alluvioni-lampo. A ciò si aggiunga che negli ultimi 20 anni si è continuato a cementificare, con la conseguenza che l’acqua piovana non viene assorbita. Si formano così i l’acqua confluisce nelle zone a valle oppure nei corsi, cementati a loro volta» spiega il climatologo.
Il clima sta cambiando?
Quanto sta cambiando il clima? Cosa dobbiamo aspettarci? A fine giugno si erano raggiunte temperature inimmaginabili persino in Siberia, con 38° C in quello che è considerato il paese più freddo al mondo, Verchojansk, dove si può arrivare anche a meno 68°. «In Italia per ora l’estate è circa un grado sopra la media: calda, ma non eccezionale come negli anni precedenti. Invece si continuano a registrare record di caldo proprio in Siberia e complessivamente nel mondo giugno è stato il più caldo degli ultimi 150 anni» spiega il meteorologo Luca Mercalli, autore anche del libro Il clima cambia (BUR). «Ad esempio, in Scandinavia abbiamo avuto il giugno più caldo della storia, ma ora luglio è più freddo del normale. Ciò che conta però non sono le variazioni da un mese all’altro, o da una regione a un’altra, ma la tendenza globale sul lungo periodo che è verso il caldo, come dimostra la continua riduzione dei ghiacciai anche sulle nostre Alpi» conclude il presidente della Società italiana meteorologica italiana.