Di lei ero curiosa in un modo un po’ malizioso, lo ammetto. Ma si capisce: che tipo sarà mai questa ragazza che a 33 anni (ora ne ha 37) ha lanciato un e-commerce di sex toys in Italia con la bella pretesa di vendere felicità alle donne? Lo penseranno quelle a cui la parola dildo non suona imbarazzante ma anche quelle che hanno il timore di essere la noia in persona in fatto di sesso. Norma Rossetti che le donne possano essere banali a letto non lo prende nemmeno in considerazione, anzi: «Nella coppia siamo sempre noi la parte più creativa e propositiva» mi risponde appena lo insinuo. Gioca con i lunghi capelli ricci mentre racconta. Non so se si può definire sexy, di certo è una femmina istintiva, e mi va subito a genio. Del resto, la sua avventura con MySecretCase, così si chiama il sito di e-shop, è partita nel 2014 dall’idea che un sexy shop potesse avere una declinazione totalmente femminile e risultare simpatico alle donne.

L’atto di nascita è già una piccola leggenda nel mondo delle startup.

«Piace a tutti quando lo racconto. Mi trovavo in Malesia per un progetto fotografico, il mio lavoro precedente. Una sera, in compagnia di un gruppo di amici italiani e del mio fidanzato dell’epoca, che è diventato poi il mio primo socio, parte la chiacchiera sui lavori vincenti del futuro. Si arriva al solito luogo comune: il settore che non muore mai è il porno. Nella testa dell’unica donna presente, cioè io, si accende la lampadina e parte la sfida: creare una cosa che in Italia non esisteva, un sexy shop in cui la donna non è un oggetto ma sceglie, con la sua sensibilità e le sue fantasie e si trova a suo agio tra oggetti giocosi, esteticamente belli, presentati con ironia e senza volgarità».

Una sfida vinta?

«Il mio socio finanziario dice sempre che se avessi messo la passione e la dedizione che ho dedicato a MySecretCase in una farmacia online a quest’ora fattureremmo quattro volte tanto! Non siamo nel tipo di mercato che fa grandi balzi in avanti come il tech e l’innovazione. Però quest’anno superiamo i 5 milioni di euro, che non sarà tantissimo ma è il frutto di una crescita costante e continua. Il mio socio ha ragione: ho fatto una fatica enorme per riuscirci. Ma sono contenta perché avere un’azienda che, in questo momento in particolare, invece che licenziare assume persone perché ha una prospettiva di crescita è una grande soddisfazione. E poi facciamo una cosa che, posso dirlo? È socialmente utile».

In che senso?

«Alla fine i sex toys sono quasi un pretesto. MySecretCase è un’occasione di rivincita per affrontare un tabù da donna normale e senza passare per una poco di buono. Perché all’inizio era questa l’immagine che delle donne restituivano i sexy shop di una volta. Non è che io abbia chissà quale incredibile vita sessuale né la propongo alle altre. Però il nostro è un e-commerce che da sempre è anche un contenitore di argomenti di discussione, di proposte e di ascolto, Abbiamo creato una community con il blog e i social e grazie alle collaborazioni con sessuologhe, ginecologhe e ora anche un urologo, facciamo informazione e rispondiamo a tante domande legate alla sessualità, alla salute ma anche alle delusioni d’amore. Quando riesco a portare le ragazze e i ragazzi su MySecretCase metto il seme di qualcos’altro. A volte lavoro così tanto anche solo in nome di questo risultato».

Ai tempi di pornhub, dell’esibizione hot fai-da-te sulle chat ma anche del revenge porn, da dove dovrebbe iniziare l’educazione sessuale?

«Non amo la definizione “educazione sessuale”, credo che quando si parla di sesso non esista una distinzione tra pulito e sporco, normale e eccessivo, giusto e sbagliato. Non c’è un manuale che insegna cosa va bene e cosa no. Io invito a condividere l’arte del piacere. In parallelo all’esperienza di MySecretCase ho fatto anche un percorso personale e posso dire che oggi se un uomo mi mette la mano sul braccio già lo so che tipo è. Una donna per capire se un uomo è capace di entrare nel suo corpo non dovrebbe aver bisogno di andarci a letto, dovrebbe bastarle un minimo contatto per percepirlo subito. Insomma, se mai dovessi fare educazione sessuale cercherei di spiegare cos’è l’intimità. Ho la fortuna di stare con un uomo che dà grande spazio all’intimità e oggi non potrei stare con uno diverso».

Sei un settore dove dovrebbero scatenare le perversioni e invece attiri i bravi ragazzi?

«Se proponi la donna come oggetto sessuale richiami chi vuole che le cose stiano così. Se MySecretCase fosse una donna sarebbe una che dice sempre la sua e parla chiaro, chiama le cose con il suo nome, dice liberamente vagina ma non è volgare».

Come riesci a evitare la volgarità?

«Non vendiamo alcuni prodotti come le bambole gonfiabili o le pasticche per ingrandire il pene, anche se ci perdiamo fatturato. Selezioniamo i prodotti e anche il linguaggio. Per esempio, giorni fa ho ripreso un ragazzo del mio team che aveva dato un titolo blasfemo alla nostra Newsletter. Il doppio senso incriminato era: “C’è una pecorina nel presepe”. Il mio team è fatto da giovani che a volte mi rimproverano di essere noiosa. Io sono sempre per l’ironia però, anche se la sessualità libera è sempre stata osteggiata dalla religione, ma non mi va di mancare di rispetto a chi ha questo tipo di sensibilità».

Qual è stata la tua massima soddisfazione da imprenditrice?

«Una cosa che mi ha reso orgogliosa è stato lo spot tv, che andato sulle reti private nel 2017. Il messaggio pubblicitario era: “Vogliamo un mondo in cui le donne non sono oggetti sessuali, ma possono averli tutti” (n.d.r. Lo spot è ancora visibile su YouTube). Ci ho messo 8 mesi per realizzarlo, spesi non per la parte creativa ma a convincere i media che si poteva fare, che non era peccato e che sarebbe stata un’iniziativa vincente. Addirittura, mi sono presa la responsabilità di produrlo prima di avere l’approvazione delle reti tv. E lì ho fatto una scelta veramente da imprenditrice, mi sono presa il rischio che i miei investitori alzassero il telefono e mi dicessero: scusa, stai mettendo i soldi su una cosa su cui non ti hanno nemmeno dato l’approvazione?. E ho scommesso che sarebbe andato benissimo».

E come è andato?

«Benissimo».

Essere a capo di MySecretCase da ormai 6 anni ha cambiato il tuo modo di intendere e di fare sesso?

«Più che a gestire un’azienda – preferisco ancora presentarmi come “fondatrice” che come CEO – ho imparato cos’è il pavimento pelvico! Ho iniziato a usare la coppetta mestruale mentre ne parlavamo sul sito. All’inizio, proprio per imparare, ho fatto tantissima assistenza clienti, ne avevo pochi e potevo chiacchierare molto. Sono le altre donne che mi hanno istruita con le loro storie sessuali e personali, mi hanno rivelato cose sull’orgasmo anale e anche sul matrimonio. Di solito sono le amiche che ti allargano la visuale su sesso e sentimenti, no? Ecco, io ho molto allargato la mia cerchia di amicizie».

Chi sono le donne che frequentano MySecretCase?

«Le più curiose e partecipative hanno tra i 18 e i 35 anno, sui social tra 18 e 24. Non comprano sex toys come anti-noia, perché sono sole o in una relazione clandestina e nemmeno perché così dimostrano di essere più evolute. Anche questo è un tabù che ho voluto combattere. E dopo tanto credere, una ricerca su 5000 utenti mi ha dato ragione: il 70 per cento degli acquirenti è in una relazione stabile da 1 a 5 anni. E poi certo, un dildo per una donna può anche essere uno strumento per conoscersi meglio».

Qual è il gioco che va di più?

«Con il lockdown c’è stato il boom dei dispositivi a distanza che funzionano tramite app. Tu hai un vibratore, con tuo partner colleghi il dispositivo via smartphone e lui può gestire da lontano le vibrazioni, attivarle, magari anche a ritmo di una canzone che vi piace».

Che differenza c’è tra un dildo con una forma realistica e uno che sembra un oggetto di design da esporre sulla scrivania? Le donne preferiscono il secondo perché non fa pensare a “quella cosa lì”?

«Anch’io la vedevo così all’inizio perché ascoltavo la mia voce da “brava ragazza”. Pensa che nei primi tempi addirittura non avevo i dildo tra i prodotti in vendita. Ma sbagliavo: è un giocattolo che piace e in forma realistica, magari fucsia anziché color carne. È più facile da accettare come oggetto di piacere sia nella coppia sia da sole. Quelli dalle forme buffe sono ».

Questi oggetti sono disegnati da donne o da uomini?

«Nella sex industry e nel sex tech ci sono anche le designer donne è una presenza abbastanza nuova che però in Italia non esiste ancora. Ho provato a coinvolgere un’azienda italiana produttrice di silicone medicale ma è stato complicato. E siamo ancora lontani dal poterci aggiungere componenti elettronici. Non sai quanto mi dispiace perché sono tutti soldi che spendiamo all’estero, in Cina, in Spagna, Olanda, Regno Unito».

Sei una persona creativa, non ti è venuto a noia “l’armamentario” del sexy shop?

«Noia no, abbiamo ancora tanti progetti da sviluppare. Stanchezza sì. Ammetto che ora quando seleziono nuove persone cerco anche qualcuno a cui delegare un po’ della mia parte di lavoro. Non è facile perché per carattere devo stare dentro al mio progetto al cento per cento, devo avere sempre l’ultima parola. Però sono anni che non stacco mai e comincio ad soffrire di non avere mai tempo per me. Da ragazza ero una casinista. Sempre un po’ sopra le righe, ho viaggiato tantissimo, stavo via per mesi inseguendo i miei progetti fotografici. E poi andavo a ballare, tanto. Ora invece quando le amiche mi invitano dico no grazie, ho bisogno di silenzio».

E la passione per la fotografia?

«Ho messo tutta l’attrezzatura in un baule e non l’ho più riaperto. Non sono il tipo che scatta foto nel tempo libero in giro per Milano. Se non ho un vero progetto in cui buttarmi, non mi ci metto nemmeno».

Ma la tua famiglia cosa pensa del tuo lavoro?

«La mia è una famiglia napoletana, volano sempre le battute. Mio padre mi chiama e mi chiede: Allora, che ca**o hai fatto oggi? E giù a ridere».