È già un oggetto del desiderio la borsa Falabella by Stella McCartney sfoggiata pochi giorni fa dalla popstar Miley Cyrus in occasione di un tributo a Elton John: un rettangolo nero in ecopelle con la scritta in rosso “All is love”, disegnato dall’artista Urs Fisher e dal costo ragguardevole di oltre 1.000 sterline. E a fine gennaio l’attrice Rooney Mara ha lanciato una sua collezione eco, chiamata Hiraeth, che si distingue dalle altre perché non utilizza nemmeno derivati animali come lana, seta e cashmere. Sono 2 segnali che tra le star, ma non solo, si diffonde sempre più una nuova parola d’ordine: “cruelty free”. Ovvero, capi e accessori prodotti senza materie prime di origine animale o test su cavie da laboratorio. E i numeri confermano la tendenza: secondo un report della società di ricerca Market Research Future, il mercato registrerà una crescita del 6% di qui al 2023. Lo stesso anno in cui una campagna lanciata dall’Unione europea vorrebbe vedere vietata in tutto il mondo la sperimentazione dei cosmetici sugli animali.
Una rivoluzione beauty. Questa sensibilità diventa sempre più importante nel mondo del beauty. Il brand globale L’Oréal Paris a breve dichiarerà ufficialmente, in tutte le sue comunicazioni, il proprio impegno contro i test su animali. E a riprova che i fatti seguono ( o in questo caso precedono) alle dichiarazioni, durante una visita che ci viene proposta negli immacolati e futuristici laboratori Episkin di Lione, ci vengono mostrati i campioni di pelle cresciuti in laboratorio e usati al posto delle classiche “cavie”. Gli esperti ci spiegano che il laboratorio ricrea campioni che rispecchiano le varietà di pelli (per esempio variano la forma e il numero dei melanosomi). Nonostante l’uso obbligatorio di guanti sterili, quando ci viene concesso di toccarli, siamo stupiti dalla elasticità e resistenza dei campioni di pelle. «Il Gruppo L’Oréal non effettua esperimenti del prodotto finito sugli animali dal 1989» spiega Pascale Mora, direttore della comunicazione della ricerca e innovazione di L’Oréal. «Non solo: nei laboratori Episkin di Lione facciamo i test su pelle ricostruita da cellule di pelle umana dei residui di interventi di chirurgia plastica. I kit di pelle ricostruita sono poi venduti ad altre aziende per evitare il ricorso a procedure nocive per gli animali». Anche l’alta moda si sta convertendo: sulla scia dell’apripista Stella McCartney, Gucci, Giorgio Armani e Tom Ford hanno annunciato di aver eliminato la pelliccia nelle loro collezioni.
Un’istanza politica. La difesa degli animali è anche un’istanza politica. Il partito laburista inglese ha promosso una rivoluzione di sinistra ironicamente denominata “falce e macello” per contrastare la caccia alla volpe. Mentre in Svizzera dal 1° marzo sarà vietato per legge gettare le aragoste in pentola senza averle prima stordite elettricamente. L’Italia non è da meno: i vari schieramenti hanno proposto, alternativamente, di istituire un Garante dei diritti per gli animali, di inasprire le pene per chi li maltratta e di stanziare ticket da 30 euro per chi adotta un cane del canile (lasciando però a bocca “asciutta” i proprietari dei 30 milioni di pesci e 3 di conigli registrati da Coldiretti nel nostro Paese). «La politica si fonda sul consenso, quindi è logico che segua le istanze dell’opinione pubblica» concede Fabio de Nardis, presidente del corso di laurea in Sociologia politica all’università del Salento. «La gente è attenta a questi temi perché oggi è più sentita l’esigenza di rispettare l’ambiente, in senso lato, e quindi anche il benessere degli animali». O, forse, perché resta valida per molti la vecchia battuta di Totò: «Più uno conosce gli uomini, più ama gli animali».