Orbiting. Ghosting. Crumbling. La lista sarebbe lunga. Cosa sono: le disgraziatissime paroline che, dicono gli esperti, ci stanno rovinando la vita. E crescono nel dizionario (quello inglese) come i funghi. Al punto che perfino il New York Times ha analizzato in un lungo articolo il fenomeno. Cosa vogliono dire: in realtà, niente. Fanno riferimento tutte alla stessa pratica: lasciare, sparire, poi tornare, tirare un’esca all’ex, sempre senza intenzioni precise. Quelli del millennio scorso (come me) possono confermare alla nuova generazione che fin qui non c’è nulla di cui preoccuparsi, è tutto già visto.
Anche a noialtre arrivava il messaggio dell’ex 2 mesi dopo la sciagura sentimentale e veniva convocato il congresso delle amiche per rispondere al sondaggio: «Se ha scritto, vuol dire che mi ama ancora?». Ogni decennio pensa di soffrire per amore a modo suo, invece non siamo per niente originali. «Se mi scrive, guarda le Stories di Instagram e commenta, vorrà dire qualcosa, no?». Eccolo, il disastro sentimentale moderno. Lasciatemi essere sincera: no. Se un ex scrive, non si perde una storia e partecipa alle vostre discussioni su Twitter, non vuol dire niente.
Certo, è inutile negarlo: sono anni infernali per l’interpretazione del lessico amoroso
Abbiamo imparato a nostre spese che cercare di capire cosa vogliono le persone da come si comportano con i loro account è impossibile. Gli amici ti leggono a volte, i nemici sempre. Ai fidanzati in carica non importa nulla di cosa fai sui social, gli ex invece non si perdono una pubblicazione. Sanno a memoria pure i tuoi like. Ora ci si sono messe anche le notifiche di chi guarda i video su Instagram.
Ammettiamolo: Mark Zuckerberg è il più grosso produttore di illusioni sentimentali della storia. La grande domanda è: «Perché non mi lasci in pace, se te ne sei andato?». Al momento in questo consiste l’orbiting: restare (apparentemente) interessati alla vita online dell’altro. C’è un triste decalogo da consultare, all’occorrenza. La risposta all’orbiting è tra le seguenti 10:
1. Sta guardando tutte le Stories di Instagram ed era troppo pigro per saltare la tua.
2. Si annoia.
3. Gli manchi abbastanza, ma meno di tanto.
4. Intervallo della partita di calcio.
5. Gli manchi vagamente 5 minuti alla settimana, ma non ti rivorrebbe.
6. È in fila in banca.
7. Gli manchi ma non sa che fare. E pure a saperlo, deve ancora decidere se gli va di farlo.
8. Non gli riesce di prendere sonno.
9. Gli manchi ma al momento gli piace anche un’altra. Aspetta che esca il caffè dalla macchinetta o la nuova fidanzata dal bagno.
10. Aspetta che esca il caffè dalla macchinetta o la nuova fidanzata dal bagno.
L’obiezione delle romantiche posso immaginarla da sola
«Come fai a essere così sicura che l’orbiting non sia invece nostalgia?». Facile. Perché la nostalgia è un sentimento che non esiste più da almeno 10 anni. È fatto di mancanza, e come facciamo a mancarci se ci vediamo e ci leggiamo tutti i giorni? Come si fa a non vedersi mai più in questa convivenza forzata collettiva che è Internet?
Tutto quello che 20 anni fa poteva finire nel «Ti rivoglio» adesso è diventato tempo libero per passare in rassegna le foto. È l’epoca del ricambio rapido e della supervisione gratis di vite altrui. Cosa sta facendo chi ti manca lo sai, o avrai modo di saperlo. La nostalgia attecchisce al buio: ora ogni cosa è illuminata, fotografata e sottoposta a commento.
L’orbiting sono le 3 gocce di speranza nel bicchiere mezzo vuoto: non chiama, però mi guarda
«Ha creduto alla vittoria segreta dell’amore come tutti gli innamorati respinti che il minimo gesto inaspettato basta ad infiammare. Potrei scriverci un romanzo. Il tizio che non ti si fila nemmeno di striscio e una mattina, per distrazione o crudeltà, ti lancia un segnale imprevisto, sa bene cosa scatena» scrive l’autrice francese Yasmina Reza.
Racconta bene la delusione che viene dopo. Credere che le cose si sistemeranno, quando non c’è niente da sistemare. Tutto è meglio che guardarsi allo specchio e dirsi: «Bisogna ricominciare». Dovremmo averlo imparato: i ritorni non dipendono da chi li aspetta. Online e fuori, servono solo 4 parole: «Ti vengo a prendere». Il resto non conta.