Il tumore alla mammella è il più diagnosticato nel 2020, con circa 55mila casi, il 14,6% di tutte le nuove diagnosi. Tra gli effetti che porta con sé c’è anche la calvizie legata alla chemioterapia, che interessa il 65% delle persone che si sottopongono a questo trattamento. Molte sono donne con tumore al seno che, oltre a soffrire per la patologia, devono spesso fare i conti con il disagio psicologico dovuto all’alopecia da cura.
È partendo da queste considerazioni che è nato il progetto Onco Hair a sostegno delle pazienti di cancro alla mammella in cura presso il Policlinico di Milano. In 25 hanno ricevuto una protesi che è molto più di una parrucca e ora l’iniziativa diventa nazionale.
Ben più di una parrucca
Ma che differenza c’è tra lo speciale presidio medico donato alle pazienti in cura e una normale parrucca? Ne abbiamo già parlato qui, in occasione della nostra visita ai laboratori CRLAB di Zola Predosa (Bologna), dove si producono questi veri e propri presidi medici.
«È un prodotto diverso, con caratteristiche uniche a partire dalla realizzazione, che è su misura, fino all’uso. È personalizzato perché realizzato su parametri personali come la circonferenza del cranio. Poi è prodotto con un materiale speciale su cui sono innestati capelli naturali umani e vergini, cioè non trattati e mai usati, frutto a loro volta di donazioni. Infine, si posiziona con un collante particolare che lo fissa al cuoio capelluto. Questo permette di condurre una vita normale, per esempio nuotando in piscina o al mare, facendo la doccia, spazzolandosi i capelli, legandoli, persino tirandoli e dormendo senza doverlo togliere. Richiede solo un trattamento di pulizia e igienizzazione una volta al mese, e comunque si può togliere in qualsiasi momento» spiega Donatella Gambini, oncologa del Policlinico di Milano che ha seguito il Progetto Onco Hair.
A cosa serve
«L’obiettivo è contribuire a limitare il danno psicologico dell’alopecia e del vedersi senza capelli, che induce al sentirsi ammalati e può portare a conseguenze emotive anche importanti» spiega ancora Gambini. L’alopecia da chemioterapia, infatti, è forse il sintomo più evidente in chi è in cura per un tumore e, specie nelle donne, può portare a uno stato di disagio e persino di depressione. La calvizie è considerata dal 47% delle donne l’aspetto più traumatico dell’intero percorso di cure, tanto che l’8% vorrebbe rifiutarle proprio per evitare questa conseguenza.
Secondo i dati clinici, l’86% delle donne ha ancora problemi con i capelli a 5 mesi dalla chemioterapia, il 40% afferma che l’alopecia complica le relazioni sociali e spinge a sospendere l’attività lavorativa; il 33% ne è preoccupata e il 28% è convinta che la perdita dei capelli interferisca con la vita quotidiana.
Onco Hair: per quali donne
Onco Hair è stato realizzato grazie alla Fondazione Cariplo e i laboratori CRLAB di Zola Predosa (Bologna) che lo hanno messo a punto, su promozione dell’Associazione per il Policlinico Onlus. In un’occasione passata, abbiamo visitato i laboratori e documentato con foto e interviste il lavoro artigianale, minuzioso e professionale che vi viene svolto.
Ora il progetto Onco Hair vuole far conoscere questo presidio così prezioso a quanti più medici e donne possibile, cercando anche di aiutare le più fragili: «La valenza, infatti, è duplice perché questi presidi sono ben oltre un supporto estetico: si tratta di vere protesi psicologiche, ma molti medici non le conoscono. Il progetto pilota di Milano però è nato anche per offrire un aiuto concreto ad alcune pazienti con tumore al seno in difficoltà economica, per le quali l’acquisto del presidio può essere difficile» spiega Gambini.
Il costo di una queste protesi si aggira intorno ai 5mila euro, quindi può risultare proibitivo. Per questo un’équipe di oncologi e psicologi del Policlinico di Milano ha individuato 25 donne alle quali è stato donato il dispositivo medico. La protesi, costituita da una sottile membrana polimerica biocompatibile, è coperta da brevetto CEE e può comunque essere acquistata da chiunque lo volesse. «Il marchio di produzione è riconosciuto a livello UE e rientra tra i presidi medici che possono essere oggetto di detrazione fiscale, a fronte di una certificazione del medico come dispositivi per la cura dell’alopecia» spiega l’oncologa.
I benefici psicologici
I benefici in termini di benessere psicologico sono noti. Una ricerca promossa da Salute Donna Onlus e condotta presso l’Istituto Nazionale Tumori di Milano ha misurato l’impatto positivo sulle pazienti con recidiva di carcinoma mammario e alopecia recidivante, in 10 punti di miglioramento sulla scala BIS, cioè una scala dell’immagine corporea che va da 0 a 30. Si tratta di un effetto positivo pari al 33% in chi utilizza questo dispositivo invece che la parrucca.
Agli effetti fisici generali delle cure chemioterapiche e del tumore stesso, infatti, si deve aggiungere l’impatto psicologico: «La caduta dei capelli – spiega ancora l’oncologa del Policlinico di Milano – rappresenta un evento psicologicamente molto impegnativo, qualcuno dice che contribuisce a dare alla persona il volto della malattia stessa. Può essere vissuto in modi diversi, a seconda del carattere di ciascuno, dell’età, dei contesti. Non fa distinzioni, infatti, neppure tra le donne e gli uomini (quelli in cura chemioterapica per altri tipi di tumore che non siano al seno), nonostante si possa pensare che siano più propensi ad accettare la calvizie. Lo stesso accade per le donne che, per motivi culturali o religiosi, si coprono il capo».
«Ancora oggi capita che qualcuno tenda a nascondere la diagnosi da tumore, ma la perdita di capelli a causa delle terapie rende ovviamente tutto molto più complesso. Ritrovarsi quindi in una situazione che anche esteticamente sia la più vicina possibile alla ‘normalità’ può essere di grande aiuto» conclude Gambini.
Un progetto nazionale
Se è vero che il progetto Onco Hair è partito da Milano, ha però l’ambizione di diventare nazionale. «Dopo aver promosso Onco Hair a Milano con un progetto pilota presso il Policlinico, abbiamo deciso di impegnarci per rendere l’iniziativa nazionale, facendola conoscere e, auspicabilmente, adottare in altri reparti oncologici in tutta Italia» ha spiegato Claudia Buccellati, Presidente dell’Associazione per il Policlinico Onlus. «Questo tipo di presidio medico ha un costo elevato, che non è alla portata di tutti e noi vogliamo offrire a quante più persone possibili, in tutte le regioni italiane, la possibilità di combattere il tumore con i migliori mezzi a disposizione».