Dall’inglese patch=pezza e work=lavoro, con il termine patchwork si indica un prodotto artigianale realizzato dall’unione di tessuti diversi, svariati colori, fantasie a volte improbabili e materiali agli antipodi. Eppure la somma di questi strani addendi è assoluta armonia. Il patchwork è un’arte tessile magica, poetica e femminile, con un’origine affascinante, un significato, una storia che racconta di scarti da nobilitare e strappi da cucire. E che non è solo un’arte: diventa persino una terapia.
Il patchwork è il tessuto dei tempi difficili
Il patchwork esiste sin dai tempi dell’Antico Egitto (al British Museum di Londra una scultura di avorio raffigura il re della prima dinastia egizia con un mantello trapuntato), ma si è consolidato negli anni della colonizzazione americana quando le mogli dei pionieri creavano abiti, coperte e biancheria per la casa cucendo insieme pezzi di stoffa di vecchi indumenti.
La tecnica ammaliò sempre più donne fino a diventare un passatempo rilassante diffuso in tutto il mondo, che oggi – a distanza di secoli – ci piace ancora. Tanto che nelle collezioni per la moda primavera ha spopolato.
Ma perché? Perché è il tessuto dei tempi difficili, dice Eugenio Gallavotti, docente alla facoltà di Comunicazione dello Iulm, che spiega questa rinnovata passione per il patchwork attraverso il fenomeno della contrapposizione. «La moda si muove per contrasto rispetto all’epoca che si trova a vivere. Come Elsa Schiaparelli inventò il rosa shocking alla vigilia della seconda guerra mondiale, così tanti stilisti oggi lanciano messaggi di ottimismo e fiducia. Il patchwork, con il tema floreale e il colore, aiuta a trasmettere esuberanza in tempi calamitosi. In più spinge sulla voglia di artigianato, recupero e sostenibilità, valori sempre più sentiti».
In Italia il patchwork è approdato negli anni ’90
Nel 1996 è stata fondata Quilt Italia (quilti talia.it), associazione nazionale di patchwork e quilting, che in 25 anni ha visto un’impennata di fan. La sua presidentessa, Patrizia Girlanda, ricorda l’essenza green di quest’arte, che grazie al riutilizzo di tessuti favorisce una cultura ecologista. E aggiunge al puzzle un aggettivo importante: «L’arte del patchwork, ancor più in questo ultimo anno di tempo sospeso, si è rivelata “terapeutica”. Pensare a un progetto e realizzare un manufatto, abbinare colori e materiali, tagliare e cucire richiede concentrazione, allontana lo stress, favorisce serenità d’animo e alleggerisce la tensione della quotidianità». Insomma, fare (e indossare) patchwork riduce lo stress. E se non si è brave con ago e filo, si può trovare conforto nei capi creati per questa stagione, fatti di stoffe unite tra loro e nate, a loro volta, per unire.
Perché il patchwork ha anche una forte valenza sociale. Ne sono certi Domenico Dolce e Stefano Gabbana, con la loro nuova collezione Patchwork Sicilia. Hanno ripescato dall’archivio alcuni pezzi del 1992 e affidato quegli stessi tessuti alle loro sarte, affinché ognuna scegliesse il suo modo di metterli insieme. «Abbiamo voluto dare al patchwork un significato sociale» ha spiegato Stefano Gabbana «rappresentando così la nostra voglia di unire le culture di tutto il mondo, di stare bene insieme, ognuno con la sua visione, convivendo nel rispetto».
Il patchwork regala buonumore
Indossare un capo multicolore ha sempre un “effetto Elmer”, quel buonumore portato dall’elefantino variopinto del libro per l’infanzia di David McKee che non era grigio come i suoi simili, ma sfoggiava una pelle arlecchino diffondendo allegria ovunque andasse. E questo è il primo risultato positivo. Poi vogliamo mettere la gioia di non dover perdere tempo con gli accostamenti? Un capo patchwork si abbina a occhi chiusi, è talmente sfaccettato che sta bene con tutto. Infine c’è la bella sensazione di portare un vestito che parla di cucire, unire, condividere, dare valore a tutto, rifiutando l’etichetta di “scarto”. Se ti sembra poco…
Il patchwork stile Harry Styles
Il patchwork è no gender e piace alle star. Sai che il maglione di Harry Styles firmato JW Anderson si può fare da sole? Lo stilista ha messo in Rete le istruzioni. E su YouTube trovi il tutorial: