E dopo le “pokerie” arrivano le “spidocchierie”, i centri per spidocchiare. Così nuovi che non esiste neanche una categoria specifica nel registro delle imprese, il famoso codice Ateco che abbiamo imparato a conoscere con il Covid. In Italia stanno nascendo vari centri, che fanno capo a diversi franchising: uno è americano, con due negozi a Roma e uno a Milano. Gli altri sono spagnoli, Sin Màs Piojitos (Basta pidocchietti) con sedi a Roma, Milano, Torino e Mestre, e Head Cleaners, che si trova a Roma, Torino, Ragusa, Monza e presto a Cuneo e Bologna. Un’offerta in crescita a fronte di una domanda altissima, che non conosce crisi: prima della pandemia i fatturati di questi centri erano superiori al cento per cento e ora, con la fine delle restrizioni, gli afflussi stanno già aumentando.
Spese sanitarie, non estetiche: la proposta
Questi centri sono a metà tra il salotto dello psicologo, lo studio medico e il salone del parrucchiere. Le addette, munite di guanti e cuffia, raccolgono la disperazione dei genitori (di solito le mamme, che sono pure le più contagiate dai figli – due su tre) e restituiscono serenità a chi è alle prese con i pidocchi da molto tempo. Già, perché c’è chi combatte con lendini & C anche da sette anni. Ce lo racconta Alessandra Gaeta che ha aperto a Monza uno dei centri italiani del franchising Head Cleaners. «I trattamenti andrebbero considerati sanitari, non estetici, sia per la natura dell’operazione, sia per il beneficio che ne ricavano le famiglie. Soprattutto le mamme, su cui ricade in genere lo stress della pulizia dei figli. Infatti il nostro obiettivo è far sì che i trattamenti si possano scaricare dalle spese sanitarie». Il che sarebbe un bel vantaggio per il bilancio familiare, soprattutto se i figli colpiti sono più di uno. «Il primo trattamento costa 80 euro e dura in media un’ora e mezza, in base alla serietà del caso. Il secondo 30 euro, il terzo è gratuito e copre 30 giorni di garanzia». Utile soprattutto adesso che sono ripartiti i centri estivi e quindi il rischio di contagio è alto.
Occhio ai periodi critici
Per questa epidemia cronica c’è una stagionalità da cui però non ci si può difendere vaccinandosi: «In genere le avvisaglie cominciano dopo Pasqua, quando inizia il caldo – amato dai parassiti, per poi esplodere in estate, quando bambini e ragazzi stanno insieme di più. Anche settembre, con il rientro a scuola, è un mese critico e – sorpresa – pure Natale, quando la famiglie si ritrovano» prosegue sempre Alessandra Gaeta. Insomma, come il Covid, i pidocchi proliferano nella convivialità, solo che sono compagni dell’uomo dall’era dei dinosauri e, purtroppo, non c’è campagna vaccinale che tenga.
Lo stigma sociale non ha senso
E non ci sono vittime privilegiate: tutti possono venirne colpiti. I pidocchi sono avvolti da uno stigma sociale che non ha alcun fondamento: «Per nutrirsi, l’animale deve bucare il cuoio capelluto e più questo è pulito, più è facile farlo. Non esiste alcun legame con la sporcizia. Oggi, poi, a furia di trattamenti, questi parassiti sono diventati più resistenti, come i batteri agli antibiotici. E aumentando la mobilità, la possibilità di passarseli è cresciuta».
Le soluzioni che non funzionano
La titolare del negozio è diventata così esperta che tiene anche conferenze nelle scuole. A lei si rivolgono poi in privato molte mamme, naturalmente chiedendo “per un’amica”. E a lei allora chiediamo consigli anche noi. «Non è vero che i capelli colorati siano salvi. Molte mamme tingono i figli pensando di creare così un’immunità. Abbiamo visto ragazzi con la cute verde, rovinata dal colluttorio o dalla maionese: soluzioni rimediate sul web dall’efficacia nulla. L’unica che funziona davvero è quella manuale». Il rimedio della nonna, insomma, che però oggi, con il minor tempo a disposizione, diventa ancora di più uno stress in grado di ammorbare il clima familiare ma soprattutto l’umore delle mamme, su cui nella maggior parte dei casi il compito ricade. «Esistono macchinari che disidratano le uova ma, in verità, il trattamento migliore, anche rispetto ai vari prodotti acquistabili, resta proprio quello manuale».
No piastra, no taglio dei capelli
Se si punta al taglio dei capelli, non serve tagliarli all’altezza delle spalle. «Il taglio dev’essere radicale: meno di 3 millimetri» spiega sempre Alessandra Gaeta. «Funziona invece legarli stretti stretti, per esempio in una treccia. Come non ha senso passare la piastra: sul web si legge che questa soluzione schiaccerebbe l’animale e, riscaldando le uova, le ucciderebbe. È falso perché l’animale scappa (camminano velocissimi) e per di più, scaldando la colla di cui sono rivestite le uova, la trasforma in un cemento molto difficile, dopo, da togliere. Non serve poi disinfettare tutta la casa: alcune mamme lavano perfino le tende o buttano i materassi. Basta cambiare le federe dei cuscini e non appoggiare la testa dove staziona la persona colpita. Gli animali possono infatti essere caduti dalla sua testa ma, ovunque siano finiti, stanno fermi, in attesa di un’altra testa da scalare. Se non trovano la vittima successiva, in due giorni muoiono. Occhio anche ai sedili dei mezzi pubblici: se il bimbo va al centro estivo con lo scuolabus, non deve appoggiarsi con la testa».
Come si fa il trattamento manuale
Una volta a casa, sempre meglio controllare tutti i giorni. E se per caso i pidocchi ci sono, bisogna armarsi di pazienza e pettinino. Il problema è che occorre tempo. «Sui capelli asciutti si passa un buon balsamo, poi si divide la testa in 4 parti e ciocca per ciocca si passa un pettinino che deve avere i denti di ferro e fitti fitti, altrimenti le uova non si tolgono. Si possono anche eliminare gli animali solo spazzolando i capelli, ma se le uova restano, dopo 20 giorni il ciclo ricomincia».
Tutta la famiglia deve controllarsi
È molto importante che tutta la famiglia esegua questa pulizia: «I pidocchi non saltano da una testa all’altra, camminano, ma basta stare vicini e avere una ciocca in libertà perché la usino come ponte per raggiungere la cute, il luogo buio e caldo dove amano stare. Da lì non si muovono a meno che diventino così numerosi che, per continuare a nutrirsi, debbano spostarsi. Sono capaci di sentire il calore altrui con la semplice vicinanza e così basta davvero una piccola ciocca per migrare. Le ragazze se li prendono con i selfie, mettendosi vicine». Avvisiamole. Un selfie in meno può fare la differenza tra un’estate di libertà e una di stress (e prurito).