Un po’ studenti in anno sabbatico, un po’ lontani cugini venuti da un Paese straniero. Sono i ragazzi alla pari. Sì, ragazzi, con la “i”. Finora erano le universitarie che, per imparare una lingua o fare un’esperienza di vita all’estero, decidevano di partire e abitare con una famiglia, in cambio della disponibilità ad accudire i bambini. Adesso a farlo è un numero crescente di maschi.
Uno dei più cliccati siti per far incontrare ragazzi a caccia di ospitalità e genitori in cerca di un aiuto domestico, Aupairworld.com, registra l’aumento del fenomeno: i giovani iscritti, di entrambi i sessi, sono oltre 2 milioni, il doppio rispetto al 2011. E lo scorso anno gli “au pair boys” sono stati il 5% del totale di coloro che hanno fatto questa scelta. Italiani andati a Parigi o New York, ma anche stranieri venuti nel nostro Paese.
Chi sono questi giovani?
«Tra i principali compiti di un “alla pari” c’è la cura dei bambini: forse per questo ci si rivolge di solito alle donne. Ma sono sempre di più i maschi selezionati per fare da “fratelli maggiori” a ragazzini in età preadolescenziale. I genitori li preferiscono perché hanno la capacità di adattarsi a ogni situazione e l’attitudine a intrattenere i ragazzini con sport e giochi “scatenati”» dice Gaia Leonardi, direttrice dell’agenzia International Au Pair Italy di Milano e mamma di 3 figlie cresciute sempre con una, o un, “au pair”. Chi sono questi giovani? Hanno tra i 18 e i 30 anni, frequentano l’università o l’hanno finita da poco, desiderano conoscere un altro Paese, ma anche gettare le basi per un lavoro. A unirli c’è lo spirito di intraprendenza e la voglia di mettersi alla prova. Sui siti specializzati dove i ragazzi avanzano la propria candidatura c’è chi scrive che vuole «avere qualcosa da raccontare ai propri figli», chi desidera «trarre ispirazione dalla saggezza dei più piccoli» e chi sottolinea che è «un modo per aprirsi al mondo».
Come sceglierli?
«L’esperienza dei ragazzi alla pari è uno scambio culturale regolamentato da una convenzione internazionale: un contratto stabilisce compiti e orari dei giovani in cambio di vitto e alloggio» chiarisce Gaia Leonardi, che è anche presidente dell’Associazione nazionale italiana alla pari (Aniap). Il momento della scelta è delicato. Bisogna capire chi si ha di fronte attraverso colloqui telefonici o su Skype, durante i quali, oltre al curriculum e alle motivazioni, si prendono in considerazione “optional” come il possesso della patente di guida o gli sport praticati. «Le famiglie in genere preferiscono periodi lunghi, 1 o 2 anni, per non destabilizzare i figli» dice Elisabeth Lenihan, direttrice della Celtic Child Care di Torino «mentre i ragazzi si propongono spesso per 2 o 3 mesi».
I costi?
Un sito come Aupairworld.com è di solito gratuito per i ragazzi e costa intorno ai 40 euro per le famiglie. «Per contare su tempi rapidi e sulla possibilità di cambiare l’au pair qualora non si andasse d’accordo, c’è chi si affida alle agenzie certificate dall’associazione internazionale Iapa (Iapa.org, ndr)» spiega Elisabeth Lenihan. In questo caso l’iscrizione per i giovani si aggira intorno ai 300 euro, esclusi visti e assicurazione, mentre per le famiglie va dai 300 ai 600 a seconda della lunghezza del soggiorno.