Studiare all’aperto fa bene. La scuola dentro le mura ha fatto il suo tempo: gli alunni devono poter giocare sotto gli alberi, correre tra i prati, saltare, respirare aria pura. Qualche insegnante ligio ai regolamenti e intimorito dagli incidenti storce il naso ma dopo una lezione sul prato gli alunni sono più concentrati in classe. I maestri o i professori che lavorano “fuori” lo sanno ma se non dovessero bastare le loro esperienze, i dati raccolti da uno studio pubblicato sulla rivista Frontiers in Psychology confortano la tesi di chi non sta in classe. La ricerca, coordinata da Ming Kuo dell’University of Illinois at Urbana–Champaign, si è basata sul comportamento di alcune classi di bambini fra i 9 e i 10 anni. Per 10 settimane un gruppo di psicologi ha proposto, con il consenso dei genitori, che alcune delle lezioni si svolgessero tra i prati a poca distanza dalla scuola. La comitiva di studenti doveva percorrere alcuni metri fuori dall’istituto per raggiungere la nuova “aula” dove i professori tenevano le lezioni sotto il cielo.
Le stesse lezioni sono poi state ripetute successivamente nelle normali classi con una sorpresa: dopo quelle all’aperto i professori potevano insegnare ininterrottamente per quasi il doppio del tempo grazie a una maggiore concentrazione dimostrata dagli alunni.
I primi asili nel bosco
In molti Paesi del Nord Europa lo sanno molto bene. Il tutto ha radici lontane. Negli anni Cinquanta, in Danimarca, una mamma, di nome Ella Flautau, decise di creare un piccolo asilo familiare per aiutare altre madri lavoratrici che vivevano in condizioni di ristrettezze economiche. Per ovviare alla necessità di affittare dei locali per ospitare l’asilo, decisero di tenere i bambini all’aperto, portandoli a giocare ogni giorno in un parco.
L’idea piacque a diversi genitori del vicinato e nacque così un asilo nella natura che prenderà il nome di Skogsbornehaven o Naturborneahaven e che nel giro di pochi anni si diffonderà in tutto il Nord Europa.
Prima di questa esperienza Friedrich Fröbel nei primi anni dell’Ottocento aveva creato i Kindergarten dove i bambini si prendevano cura del giardino e coltivavano piante o fiori. In Italia l’idea di fare scuola in natura era molto più sviluppata nei primi anni del Novecento: Giuseppina Pizzigoni nell’autunno del 1909 compì un viaggio in Svizzera ed in Alsazia, per visitare le “scuole del bosco” e ritornò decisa a promuovere un rinnovamento profondo della scuola specialmente in ordine all’ambiente educativo.
In anni più recenti Gian Franco Zavalloni ha ripreso lo spirito di queste scuole con il suo manifesto per i diritti naturali dei bambini e delle bambine ma oggi restano noti gli esempi provenienti dal Nord Europa come la forest school.
Le scuole nel bosco italiane
In Italia il timore degli insegnanti di assumersi troppe responsabilità di fronte alle Leggi sulla sicurezza priva gli alunni delle attività all’aria aperta. Solo negli ultimi anni si è diffusa l’esperienza in natura: “L’asilo nel bosco” ad Ostia Antica, l’Agrinfanzia a Milano, presso la scuola “Clotilde Ratti Welcher” ma anche la scuola all’aperto “Tiziano Terzani” di Marano di Gaggio Montano che da sette anni sperimenta il lavoro all’aperto nella quotidianità sull’appenino bolognese. A mettere in rete le tante esperienze nate per fare educazione “all’aperto”, il sito scuoleallaperto.wordpress.com e il libro Fuori curato da Monica Guerra (Franco Angeli ed.)
Ma le reticenze degli insegnanti e dei dirigenti che lavorano nella scuola pubblica sono ancora molte. La paura che qualche bambino possa cadere vince sulla bellezza di una lezione sotto una pianta o in giro per la città. Eppure camminare tra la neve, entrare nelle pozzanghere, osservare le montagne, guardare i cambiamenti della natura in questa stagione, ascoltare i versi degli animali in inverno o semplicemente trascorrere il tempo della ricreazione fuori dall’aula è un’esperienza arricchente che crea suggestioni.
Non solo. Chi fa il maestro sa che “staccare”, “entrare ed uscire” anche fisicamente da una lezione serve per ripristinare l’attenzione, per “risvegliare” il nostro cervello quando sembra assopirsi. Ciò che serve è cambiare i regolamenti d’istituto affinché si introducano alcune informazioni organizzative e stipulare un’ assicurazione con opzione “full operator” che consenta di tutelare al meglio le attività all’aperto.