Ci si aspetta molto dalle sfilate di Alessandro Michele per Gucci. Del resto, è stato eletto creativo dell’anno dalla rivista Time e le case di moda – la maggior parte in difficoltà nel trovare un designer che riesca a stare al passo con i tempi e i cambiamenti del mercato – sognano di trovare qualcuno che riesca a far risorgere il marchio e portarlo nell’Olimpo della moda, non solo del passato, ma anche del presente, facendo anche lievitare consistentemente il fatturato. Sì perché non c’è creatività senza costi per mantenerla, e se le collezioni non vendono, non c’è molto da star tranquilli, nonostante il nome altisonante. Ne sa qualcosa proprio la casa di moda di Firenze, prima dell’arrivo di Michele. Acque buie, buissime, solo un miracolo poteva salvarli. Ed il miracolo è arrivato sottoforma di questo stravagante personaggio, lontano dai riflettori, alieno nel suo modo di comunicare. Se non seguite Alessandro Michele su Instagram vi perdete parte delle ispirazioni delle sue collezioni, la sua vita è una continua osservazione e ricerca, lontana dal caos, che allo stesso tempo riesce a gestire e captare, raccontandoci dell’estetica del presente meglio di quanto noi riusciamo a rappresentarlo (forse) nella nostra mente.
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Alessandro Michele come David Lynch
Assistere ad una sfilata di Alessandro Michele, comprenderne una collezione, non è facile. Per molti è arte, per alcuni solo accozzaglia e confusione di stili e di genere. In realtà, è proprio questa la forza del designer, attingere continuamente alla “libertà”. Non si è trincerato dietro una riproposizione del passato con un taglio moderno, come sta facendo, seppur egregiamente, Maria Grazia Chiuri da Dior – ha fatto di più: ci ha rappresentato il tempo che viviamo con tutte le sue contraddizioni. Nella semiotica della sfilata di Alessandro Michele ci sono testi e sottotesti che in molti casi non riusciremo a cogliere fino in fondo, ma che ci attirano come una calamita, ci scuotono, non ci lasciano indifferenti. Come in un racconto Lynchiano, in una puntata di Twin Peaks, troviamo il bene e il male, il normale e lo strano, che convivono serenamente su una passerella dove tutto è possibile, tutto è incredibilmente attuale. Quell’estetica surrealista, onirica a tratti angosciante, la presenza di personaggi (in questo caso i modelli) decisamente fuori da qualsiasi canone estetico prestabilito (niente Top qui).
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Continua la Guccification
Troviamo lo stile transgender, i pizzi e i merletti delle nonne, le buste della spesa da gattara, le pellicce con logo da portare come una giacca qualsiasi, la scritta Guccy con la Y, come vuole lo slang della comunicazione via social tra i giovanissimi. I turbanti, ma anche gli anni ’70 nei trench e negli occhiali maxi quadrati – ormai trait d’union di tutte le sue collezioni. Alessandro Michele non ha paura di osare, e il fatto che sappia mixare il presente con il passato riesce ad essere talmente contemporaneo che anche chi non sa nulla di Gucci (prima di Alessandro Michele), ovvero la generazione Z o Post Millennials – desidera ardentemene una t-shirt con logo o un paio di occhiali, un pezzo qualsiasi delle collezioni di Alessandro Michele, perché raccontano anche un po’ di loro.
Gli ospiti alla sfilata di Gucci Cruise 2018
Tantissime le celebrities italiane e non solo accorse per lo show firmato Gucci. Da Dakota Johnson a Kirsten Dunst, fresca di Cannes, passando per il blogger Bryan Boy e la fotografa Tamu McPherson, immancabile la nostrana Miriam Leone che negli ultimi anni veste spesso capi della griffe, in particolare nelle occasioni più importanti. In prima fila anche Silvia Venturini Fendi e Delfina Delettrez. Special guest in passerella anche il cantante dei Baustelle, Francesco Bianconi.