L’assalto ai rivenditori di bici e l’aumento di ciclisti nelle nostre città sono già un segnale. Al quale adesso si aggiunge l’ufficialità dei dati del rapporto 2020 Isnart-Unioncamere e Legambiente sulle tendenze e l’economia del cicloturismo in Italia: se nel 2019 si erano registrati 20,5 milioni di pernottamenti da parte di turisti italiani su 2 ruote questa estate toccheremo quota 26 milioni.
«Stiamo assistendo a un allineamento favorevole di pianeti per il mondo bici, assecondato dalle nuove esigenze del post Covid» spiega Paolo Pinzuti, fondatore del portale Bikeitalia e di Bikenomist, agenzia di formazione e consulenza del settore. «Quest’anno non ci si potrà affollare in spiaggia o negli aeroporti, molti sceglieranno mete vicine e formule di viaggio più economiche perché non possono permettersi il pacchetto nel villaggio turistico o la meta esotica: la bici soddisfa tutte le nuove esigenze, oltre a garantire la possibilità di stare all’aria aperta, un desiderio che oggi, dopo tanto isolamento, tutti sentiamo più forte». Ma i motivi del boom sono anche altri.
La vera svolta è arrivata con l’e-bike
Le esigenze post-Covid sono solo una spinta in più: il trend è già positivo da tempo. «Negli ultimi 6 anni i cicloturisti in Italia sono aumentati del 41%, i tour operator dedicati si sono moltiplicati e oggi questo è il settore del turismo all’aria aperta più maturo» dice Sebastiano Venneri, responsabile territorio e innovazione di Legambiente. «La vera svolta è arrivata quando nel mercato sono approdate le e-bike, che hanno aperto a nuovi target, come gli anziani, e hanno reso appetibili anche ai meno allenati percorsi che prima erano solo alla portata degli sportivi, come la rete di ciclabili dell’Appennino, 2.600 chilometri di saliscendi dalla Liguria alla Sicilia».
Il desiderio di natura ha fatto il resto. «A differenza degli altri mezzi, la bici permette di godere anche del tragitto e non solo della meta, perché i percorsi attraversano piccoli borghi e paesaggi di campagna. È anche per questo che la formula, nata per ragazzi con lo zaino o ambientalisti della prima ora, è diventata cool. Ci sono tour operator specializzati in vacanze da 4.000 euro a settimana: li ho visti accogliere americani che scendono dai jet privati e montano in sella per visitare la costa abruzzese».
Bisogna rivalutare il reticolo di strade agricole
La necessità politica di dotare l’Italia di ciclovie turistiche per seguire gli standard e gli obiettivi europei di mobilità sostenibile sta facendo la propria parte nella crescita del fenomeno, anche se a fatica: sono ancora in corso i progetti e i lavori per la parte italiana della rete EuroVelo e per le 10 grandi vie nazionali, dalla VenTo (Venezia-Torino) alla ciclovia del Sole (Verona-Firenze) a quella della Magna Grecia (Potenza-Siracusa). Ma i chilometri realizzati sono ancora pochi e manca un sistema integrato di servizi: segnaletiche, rete di bike hotel con officine, distributori automatici di camere d’aria, trasporto bagagli e così via.
Situazioni di questo tipo in Italia le troviamo solo in Trentino-Alto Adige (che intercetta il 30% del movimento cicloturistico nazionale). «Lì si è investito perché l’economia si fonda quasi esclusivamente sul turismo invernale ed è stato necessario quindi destagionalizzare l’offerta» spiega Pinzuti. «Nel resto d’Italia manca una regia unitaria e si procede per iniziative spot».
Alcune molto riuscite e interessanti, come in Toscana, Puglia e Abruzzo, ma non collegate le une alle altre, con il risultato che spesso, per passare da una zona all’altra bisogna percorrere tratti di statale e senza assistenza. A meno che non ci si rivolga ai tantissimi tour operator specializzati: da Girolibero, che è leader europeo, a Jonas e tanti altri. Sì, perché in realtà non è di nuove piste cicloturistiche che l’Italia ha bisogno.
«L’errore è ragionare in termini di “strutture”» riflette Pinzuti. «Per il cicloturismo non servono né altro cemento né grossi investimenti: basta rivalutare il vastissimo reticolo di strade secondarie e agricole, a traffico basso o nullo, che permettono di attraversare intere regioni godendosi il paesaggio senza mai finire nel traffico. Basterebbe segnalare queste strade già esistenti e i servizi attorno. Come è stato fatto, per esempio, per la Ciclovia dell’Adda, quella del Brenta e nella Valle d’Itria in Puglia».
La tecnologia ha favorito lo scambio di informazioni
Se il cicloturismo in Italia è aumentato anche in assenza delle grandi ciclovie, in parte lo si deve alla tecnologia. «Una miriade di app, come Komoot e Wikiloca, basate sulle recensioni dei turisti su 2 ruote, mettono a disposizione percorsi rodati e sicuri con indicazioni del fondo stradale, dell’altimetria e dei servizi intorno così da rendere possibile anche ai neofiti e alle famiglie la creazione di un itinerario su misura» continua l’esperto.
«I percorsi per turisti in bici non fanno altro che disegnare sul territorio degli itinerari che connettono il borgo, il museo, l’hotel, il ristorante, l’altro borgo lì vicino, la stazione e così via» conclude Venneri. «Il cicloturismo, cioè, unisce quei puntini che possono creare il grande meraviglioso disegno del sistema turistico italiano». Sostenibile, salutare, a basso costo e alla portata di tutti.
Cicloturismo: le vie più gettonate nel 2020
Il cicloturismo predilige il corto raggio: lo dimostrano le preferenze dei turisti nel 2019 e le tendenze previste per l’estate 2020. La più gettonata sarà Aida (Alta Italia da attraversare), ciclovia che va dal confine con la Francia all’Istria, collega grandi città come Torino, Milano, Verona, Venezia, Trieste e tantissimi borghi storici (aidainbici.it).
È un progetto di Fiab, la Federazione Italiana della bicicletta, che con il sito biciviaggi.it è un importante punto di riferimento del cicloturismo italiano. Bike to Coast, un progetto della Regione nel quadro del programma “Abruzzo bike friendly”, offre invece 130 km di costa, compreso il suggestivo tratto dei Trabocchi (abruzzoturismo.it). Al Sud, Valle dell’Itria è l’unico tratto già realizzato dell’ambizioso progetto nazionale Ciclovia dell’acquedotto Pugliese, 500 km da Avellino a Santa Maria di Leuca.