Quali ingredienti sono stati utilizzati per preparare le pietanze che avete mangiato oggi? Probabilmente gran parte di voi saprebbe rispondere a questa domanda e i più attenti saprebbero addirittura indicare anche la provenienza di alcune materie prime. Cosa succederebbe, invece, se vi chiedessimo di cosa sono fatti gli abiti che indossate?
Le fibre impiegate dall’industria tessile sono innumerevoli probabilmente più di quel che immaginiate. Partiamo col darvi alcune utili informazioni per saperne di più. Di solito, vengono distinte fra quelle naturali – di origine animale o vegetale – e le tecnofibre. All’interno di questa seconda categoria – esemplificando – si distinguono le fibre sintetiche – per la cui realizzazione vengono impiegati polimeri derivanti dal petrolio – che oggi sono quelle maggiormente usate nel settore dell’abbigliamento, da quelle artificiali che vengono solitamente ottenute da materie prime naturali che, tuttavia, subiscono processi chimici.
C’è da dire che negli anni i materiali che compongono i nostri capi sono cambiati in continuazione e probabilmente muteranno ancora anche per una crescente attenzione all’ambiente. Il comparto tessile è infatti in continua evoluzione e tra le sfide legate alla sostenibilità – oltre a chi lavora per allungare la longevità dei capi o per favorirne il riciclo a fine vita – c’è chi si impegna per individuare quali siano le fibre di origine vegetale più sostenibili nel confezionamento di vestiti ed accessori.
Alla scoperta delle fibre di origine vegetale
Quali tessuti di origine vegetale avete nell’armadio? Non ve ne vengono in mente molti o non ci avete mai fatto tanto caso? Ecco qualche suggerimento. Molte fibre naturali sono già oggi utilizzate, alcune di esse sono popolarissime e, se dovessimo stilare una classifica in termini di diffusione, al primo posto troveremmo il cotone – usato sia per gli abiti che per l’arredamento – seguito probabilmente dal lino. Sono, però, davvero numerose le piante – e i frutti – dai quali si può ricavare la materia prima necessaria ad arricchire il nostro guardaroba (e probabilmente controllando l’etichetta, già abbiamo più di un capo che sfrutta tali fibre organiche).
Vediamone insieme alcune partendo da quelle… della frutta.
Tessuti realizzati dalla frutta
Cosa c’entra un capo di abbigliamento con un frutto? È presto detto: ciò che mangiamo spesso è solo una minima parte (in termini di volume e di peso) della pianta tant’è che le diverse filiere si trovano non di rado nella necessità di dover smaltire bucce o altre parti vegetali. Applicando i principi dell’economia circolare e lasciandosi ispirare dalla Natura che non spreca mai nulla, diverse realtà si sono impegnate per individuare usi alternativi di ciò che solitamente veniva considerato un rifiuto. Tra questi troviamo alcune applicazioni che riguardano proprio il settore della moda.
Fibre di banano
Entrando in un negozio per chiedere un capo fresco, magari adatto a sopportare le calde temperature estive, potrebbe capitarvi di provare un abito realizzato con la fibra di banano. Sì, parliamo proprio di ciò che dà origine al noto frutto così diffuso in tutto il pianeta. Quel che mangiamo, come noto, è una parte molto limitata del tutto. Come valorizzare il resto? Una soluzione arriva proprio dalla moda! Dal fusto è oggi possibile ottenere diverse tipologie di filati: da quelle resistentissime per corde o tappeti a tessuti ruvidi – utilizzabili per elementi di arredo come una tovaglia – fino al bananatex ovverosia una tipologia più confortevole, ideale per capi di abbigliamento o addirittura per l’intimo. Se pensate, però, che sia un’idea del ventunesimo secolo vi sbagliate: in Giappone coltivavano banani a scopo tessile già nel tredicesimo secolo.
Pelle vegetale
Borse, scarpe, cinture e diversi accessori che indossiamo nella vita di tutti i giorni sono realizzati in pelle. Se quella “classica” è sì di origine naturale ma animale, negli ultimi anni si sono diffuse quelle ottenute da materie prime vegane. Come raccontato nel libro “Il sogno nel cassetto” di Stefano Sacchi & Humana People to people Italia (edito da FrancoAngeli), applicando i principi dell’economia circolare e per ridurre gli sprechi, la base di partenza è costituita dalla cellulosa ottenuta da una serie di fibre vegetali che rappresentano scarti di raccolte o produzioni. Le materie prime utilizzate sono davvero le più disparate: dalle bucce delle mele o di uva, alle foglie dell’ulivo fino a funghi e fondi del caffè.
L’elenco è ancora lungo e, tra le diverse piante utilizzate, c’è anche il fico d’India che, al di là del nome, è una delle piante cactacee più diffuse nella nostra penisola. Dalla lavorazione delle pale dell’amatissimo frutto estivo si riesce a trarre una eco-pelle particolarmente morbida e traspirante che può sostituire quella animale nelle diverse funzioni e addirittura per realizzare elementi di arredo come i rivestimenti di poltrone o per i sedili delle automobili. Un tessuto davvero… fichissimo!
Dalle arance all’alta moda
Se vi parlassimo di tessuti “raffinati e di altissima qualità”, a quale filato pensereste? Probabilmente a diversi, ma se vi dicessimo di guardare nel frigorifero? Grandi brand della moda hanno, all’interno delle loro collezioni, vestiti realizzati con fibre derivanti dai sottoprodotti dell’industria del succo di agrumi ovverosia dagli scarti delle amate aranciate e dei succhi a base del noto frutto. Non parliamo di prototipi o di progetti in fase di studio, ma di tessuti già esistenti ed utilizzati che hanno origine da una innovazione, tutta made in Italy, dell’azienda siciliana Orange Fiber. Questa fibra è stata ideata dall’agristilista Enrica Arena e da Adriana Santonocito nota, tra i fan dell’economia circolare, per le buone pratiche sostenibili e innovative che hanno contribuito a diffondere la consapevolezza che anche il lusso possa basarsi su scelte etiche e sostenibili.
Piante da indossare!
Tra i tessuti che hanno origine da una pianta ve ne è uno che sta spopolando. Chi non conosce la pianta di bamboo (o bambù)? Cresce anche spontaneamente in diverse parti del mondo – come nelle zone tropicali e subtropicali – e si trova spesso anche nei parchi, giardini o lungo i corsi d’acqua. La sua coltivazione è a ridotto impatto ambientale poiché non necessita di pesticidi o concimi e richiede meno acqua di gran parte delle altre coltivazioni. Tra le proprietà di questa pianta si registra anche la capacità di assorbire, durante l’accrescimento, un’altissima quantità di anidride carbonica e, al contempo, di emettere una maggiore quantità di ossigeno rispetto alla media delle altre specie vegetali.
Negli ultimi anni le fibre ottenute da questa portentosa pianta ricca di cellulosa sono sempre più utilizzate per realizzare abiti, capi di abbigliamento intimo, costumi da bagno, ma anche per creare accessori che siano, al contempo, resistenti, leggeri e traspiranti come coprimaterassi, federe e cuscini.
Potremmo continuare questo elenco citando tante altre specie vegetali come l’ortica, l’eucalipto, il faggio, la soia… addirittura le alghe.
Stupefacente? Pensate che non finisce qui, anzi vi diciamo di più: anche i colori, ovvero le tinture dei capi possono essere di origine vegetale.
E ora confessate: non vi è venuta la curiosità di andare a controllare le etichette dei vestiti che avete nell’armadio?