È un’icona di stile globale, il re indiscusso delle mezze stagioni, il capospalla più famoso e versatile che non passerà mai di moda: sì, ci stiamo riferendo al trench. Il jolly che completa perfettamente qualsiasi outfit, che acquista autorevolezza se abbinato ai tacchi ma va a nozze anche con un semplice paio di sneakers. E se è vero che la chiusura doppiopetto e il color kaki lo identificano da sempre, è anche vero che oggi le sue declinazioni e varianti virano verso l’infinito. Il trench merita sempre un posto d’onore nell’armadio. Sei d’accordo, anche tu non potresti farne a meno? Allora continua a leggere, perché stiamo per svelarti alcune interessanti curiosità sull’argomento.

1. Le origini del trench

La paternità del trench coat (tradotto dall’inglese, cappotto da trincea) è rivendicata da 3 marchi: Mackintosh, Aquascutum e Burberry. Non si sa chi per primo abbia prodotto il capo in questione, ma alcune cose sono certe. Innanzitutto, nel 1823 Charles Macintosh ideò un modo per impermeabilizzare i tessuti, cioè ne ricoprì le superfici esterne con un sottile strato di gomma. Altra cosa sicura è che intorno alla metà di quello stesso secolo Aquascutum realizzò impermeabili per i soldati impegnati nella Guerra di Crimea. All’inizio del Novecento, invece, il Ministero della Guerra inglese affidò a Thomas Burberry il compito di produrre per l’esercito un soprabito che fosse una via di mezzo fra l’impermeabile d’ordinanza e il classico cappotto militare e riparasse efficacemente dalle intemperie. Nacque così il primo trench in gabardine, tessuto brevettato dallo stesso Burberry nel 1888.

Trench

2. Trench: il primo modello

Indossato dai British Royal Flying Corps, il trench di Burberry era color kaki (e tutt’ora questa è l’opzione predominante), lungo fino alla caviglia nonché dotato di una cintura con robusti ganci a forma di D, ai quali i soldati attaccavano le granate e le borracce, e tasche di sicurezza. Le altre caratteristiche erano la mantella, per proteggere ulteriormente le spalle; le spalline su cui figuravano i diversi gradi militari; la patta frangivento e antipioggia. Le maniche raglan si potevano stringere per mezzo di fibbie. Presente un’ampia piega posteriore, concepita in modo da facilitare i movimenti nei casi in cui i soldati dovessero correre o cavalcare.

Trench

3. L’approdo al cinema

Resistente, pratico e anche esteticamente accattivante, nel giro di qualche tempo il trench passò dai campi di battaglia ai negozi. Negli anni Venti cominciò a essere considerato un capo di uso comune, anche perché assai meno costoso dei cappotti di lana. La consacrazione e il successo di portata mondiale, però, arrivarono grazie a celebri attori che lo indossarono in film altrettanto famosi: la prima fu Greta Garbo in Destino (correva l’anno 1928), poi arrivarono Humphrey Bogart e Ava Gardner, rispettivamente indimenticabili in Casablanca (1942) e I gangster (1946). Il trench divenne il simbolo dei noir e dei polizieschi, poi gradualmente gli orizzonti si allargarono e comparve anche in pellicole di altro genere; ricordiamo – per fare qualche altro esempio, ma l’elenco è ben più lungo – Marlene Dietrich in Scandalo internazionale (1948), Audrey Hepburn in Sabrina (1954) e Colazione da Tiffany (1961), Marilyn Monroe in Facciamo l’amore (1960).

Trench

4. Come riconoscere un Burberry

Amatissimo dalle celebrity, il trench di Burberry è anche parecchio imitato in tutto il mondo. Riconoscere un modello originale, però, non è poi così difficile. Basta andare oltre la stampa tartan della fodera interna, diventata simbolo del brand, e concentrarsi su altri dettagli. Innanzi tutto bisogna osservare il colletto, su cui vengono applicati a mano più di 180 punti seguendo una curvatura che si adatta perfettamente al collo. Un sarto esperto impiega più di un anno per imparare a eseguire questo lavoro, sembra incredibile ma è così. Nei modelli con cintura, sono ancora presenti i ganci a forma di D. Il collo è richiudibile con sottogola e la manica raglan, come sempre, si può stringere con l’apposita fibbia. Le spalline hanno il bottone, dietro c’è uno spacco. Le tasche hanno un taglio obliquo.

Trench

5. Quella frase di Michael Kors

“Metti su un trench e ti sentirai Audrey Hepburn a passeggio per Parigi”: parole dello stilista americano Michael Kors, da sempre un grande estimatore sia del capospalla in questione che dell’indimenticata attrice inglese. Lei l’ha indossato non soltanto sul set, ma anche – e spesso – nella vita privata. E anzi, è anche merito suo, e della sua sconfinata grazia, se il trench ha conquistato il mondo della moda. Tu che ne pensi, ha ragione il buon Michael?

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6. Trench, simbolo di epoche e generazioni

Il trench classico non è mai tramontato e non tramonterà. Ma nel corso del tempo questo capospalla è stato interpretato in modi diversi, a seconda dell’epoca e degli stili. Negli anni Sessanta si è accorciato, le linee si sono fatte più aderenti al corpo. Negli anni Settanta è stato realizzato con materiali molto diversi dalla gabardine, pelle e camoscio in primis. L’abbinamento perfetto era con i pantaloni a zampa e la camicia dal maxi colletto. Negli anni Ottanta ha conquistato, ovviamente nella versione nera, i punk. Che per manifestare il loro spirito ribelle l’hanno riempito di spille, borchie, scritte. E strappato qua e là.

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7. L’importanza del made in Italy

Per ovvi motivi si tende a identificare il trench come un prodotto tipicamente britannico, ma in realtà anche all’Italia spetta un ruolo molto importante. Molte aziende, sparse lungo tutto lo Stivale, erano e/o sono specializzate proprio nella realizzazione di questo particolare capospalla. Empoli, in particolare, ha conquistato la fama di “città dell’impermeabile”. Tra il 1907 e il 1943, prima dei bombardamenti, il distretto empolese contava oltre 60 confezioni e impiegava all’incirca 20.000 persone. Un sesto dei trench distribuiti nel mondo veniva prodotto proprio in quella zona.

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8. Il modo migliore per allacciarlo

Non usare la fibbia per chiudere il trench, l’effetto è un po’ banale. Piatto. Insomma, tutt’altro che chic. Piuttosto annoda la cintura, proprio come si fa col cappotto e anche con la vestaglia. In un modo che sembra casuale ma non lo è affatto (qualche prova davanti allo specchio, prima di fare l’abitudine, non guasta). Quando l’impermeabile è aperto, invece, la cintura si lega sulla schiena.

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9. Sotto il trench niente

C’è una nuova tendenza che sta prendendo piede grazie a diverse celebs fra cui Jennifer Lopez e Blake Lively: indossare il trench come fosse un abito. Ergo, senza niente sotto. Può sembrare una mise osé, se non addirittura volgare, ma in realtà non lo è affatto. L’importante è scegliere il modello giusto – non troppo sopra al ginocchio – e abbottonarlo totalmente, annodando poi la cintura con cura. Insomma, non deve esserci il rischio di “aperture” improvvise. Per il resto, l’effetto intrigante è assicurato.

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10. La corretta manutenzione del trench

In rete si trovano diversi consigli relativi al lavaggio fai da te del trench coat, ma in realtà è di gran lunga preferibile affidarsi a una lavanderia, anche perché nella maggior parte dei casi il lavaggio dev’essere effettuato a secco. Dopo di che, sarebbe opportuno optare per un trattamento di re-impermeabilizzazione, in modo che il capo conservi intatte le sue proprietà idrorepellenti.

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E dopo questo ricco excursus, è arrivato il momento di puntare i riflettori sui trench per la primavera estate 2022!