In inglese si chiama wrap dress, abito che avvolge o da avvolgere. Si tratta di quel vestitino che si indossa (e si sfila) in due mosse, incrociandolo sul davanti e chiudendolo in vita con un nodo o un fiocco, inventato da Diane von Fürstenberg. Niente di più semplice, niente di più potente, tant’è che da 50 anni continua a essere il passe-partout con cui ti puoi presentare in ufficio come a una serata speciale, a un primo appuntamento come a un pranzo in famiglia, sentendoti sempre a tuo agio. Non è cosa da poco per questo abito nato nel 1974, adorato subito dalle clubber ultra glam dello Studio 54, dalle waspy girl snobbissime dell’Upper East Side e dalle comuni mortali di tutta America prima e del resto del mondo poi.
Il wrap dress e la principessa
Diane von Fürstenberg, all’anagrafe Diane Simone Michelle Halfin, ha compiuto 77 anni il 31 dicembre scorso e ancora oggi è l’artefice del wrap dress, uno dei capi iconici della storia della moda, al pari del tailleur di Chanel o della mini di Mary Quant. Diane nasce a Bruxelles da una famiglia di origini ebraiche. La madre, sopravvissuta ai campi di sterminio nazisti, ha un ruolo centrale nella storia personale e nella carriera della stilista: è lei che la spinge a coltivare un ideale di uguaglianza, indipendenza e femminismo. Diane studia economia e gira l’Europa, si ferma a Madrid, a Parigi (lavora come assistente del fotografo di moda Albert Koski), a Como (nell’azienda tessile di Angelo Ferretti, che le insegna tutto su tagli, colori, tessuti, stampe) e a Ginevra. Qui incontra il principe Eduard Egon von Fürstenberg. Si sposano nel 1969, lei diventa principessa e insieme si trasferiscono a New York, dove li attende il jet set dell’epoca. Nelle valigie lei infila una dozzina di prototipi di vestiti di jersey realizzati sulla base di un suo disegno nel laboratorio di Ferretti. Essere “la moglie di” non le basta.
Wrap dress: un abito manifesto
Il divorzio dal marito e la mancanza di capitali non la abbattono, anzi rafforzano la sua idea di indipendenza. Ottiene un appuntamento con Diana Vreeland, leggendaria editor di Vogue America, e le sottopone quegli abiti nati dal suo estro e dai suoi bisogni, che poi erano quelli di tutte, principesse e non. Il modello? Semplice e perfetto: scollo a V, lunghezza appena sotto al ginocchio, linea crossover, a portafoglio con cinturina da annodare in vita. Niente ganci, nessun bottone, nessun fronzolo. Il tessuto scelto: un jersey che non si sciupa, si lava e si ripone senza pensieri, avvolge senza costringere, segue le curve con noncuranza. Insomma, il suo wrap dress è la quintessenza della femminilità e della praticità insieme. La Vreeland ne intuisce la genialità: è l’alternativa sia agli abiti hippie e ai pantaloni a zampa sia ai tailleur severi. È un manifesto. Racchiude in sé aspetti e princìpi femministi: lascia libero il corpo, si mette e si toglie in un attimo, non costringe in architetture modaiole, sta bene a tutte.
Il successo del wrap dress
Quando viene avviata la produzione nel 1974, Diane von Fürstenberg lo propone in tante stampe floreali, animalier, lussureggianti, spesso ideate dall’amico Andy Warhol. Piace subito a tutte e tutte possono permetterselo: costa 85 dollari e nel primo anno se ne vendono 5 milioni, fino a raggiungere la velocità di 15.000 a settimana. Il nome di Diane è sulla bocca di tutti, la sua “invenzione” in tutti i guardaroba. Il 22 marzo del 1976 il settimanale statunitense Newsweek le dedica la copertina. Poi il Costume Institute del Met di New York espone in pianta stabile il suo wrap dress bianco e smeraldo, celebrando un’icona che da 50 anni asseconda le esigenze di ogni donna. Diane ne spiega il successo così: «Il wrap dress ci permette di sgattaiolare dentro e fuori da un abito senza fare alcun rumore». Dopo tanti riconoscimenti, negli anni ’80 il power dressing e problemi di salute costringono la designer a lasciare la moda. Alla metà dei ’90 torna in pista con il brand DVF e più energia che mai.
Il successo infinito di Diane von Fürstenberg
La storia di Diane parla di emancipazione, consapevolezza, empowerment. Nel 2001 si sposa con Barry Diller, direttore generale della Paramount. Fonda la von Fürstenberg Foundation e i DVF Awards per sostenere giovani talenti femminili della moda. Diventa numero uno del Cfda (Council of Fashion Designers of America), entra nella classifica di Forbes tra le donne più influenti del mondo. Nel 2023 lancia il progetto ReWrap, per vendere o acquistare abiti di seconda mano. La sua vita è la dimostrazione di come sia possibile trasformare le proprie ambizioni in realtà. Il wrap dress è una dichiarazione non solo di stile, ma anche di indipendenza. Lo amano Kate Middleton, Michelle Obama, Penélope Cruz, ma tutte dovremmo averne uno. Perché trascende i look. Perché, malgrado abbia 50 anni, continua a sedurre con il suo taglio fluido capace di avvolgere ogni silhouette e valorizzarla con grazia. Perché con le sneakers è comfy-chic, con un paio di scarpe a T col tacco è raffinato senza sforzo, con le ballerine è minimal e bon ton, con gli stivali è casual e glam. Perché permette di essere eleganti con disinvoltura, sensuali senza esagerare. Perché con quell’incrocio che accarezza le forme, quella semplicità che risolve il look e fa risparmiare tempo, invita a essere sempre, in qualsiasi circostanza, a qualsiasi generazione si appartenga, quello che ci pare.