Qualche giorno dopo averla intervistata, ricevo un messaggio da Valeria, una cascata di ricci e occhi di velluto: «Parlando con te ho capito il bello dei miei 43 anni. Sono confortevoli, comodi, proprio come quella vecchia tuta da ginnastica del liceo che non riesco a buttare e che, nonostante sia consumata, mi fa sentire ancora bella».

40 anni: ci si rimette in gioco e si spera ancora

Nelle parole di Valeria, che 3 anni fa, per i suoi 40 anni si è fatta un regalo, ha deciso cioè di licenziarsi e di rimettersi a studiare psicologia, c’è racchiusa tutta la bellezza dei 40 anni oggi. Un’età matura, consapevole, vitale, in cui siamo pronte a rimetterci in gioco, in cui iniziamo a raccogliere i frutti di quello che abbiamo seminato, basta pensare a Kate Middleton, che negli ultimi anni da (futura) regina consorte, non ha sbagliato un colpo, né un vestito ed è sempre la più brava, la più bella, la più amata.

Ma anche un’età in cui si ha ancora tempo per sperare, desiderare, per dare forma alla propria vita e riconoscerne la meraviglia, per essere felici e realizzare grandi sogni, come ha fatto Samantha Cristoforetti che ha avuto il secondo figlio l’anno scorso, a 44 anni.

40 anni: l’età per progettare e rimodellare i ruoli

Insomma, l’età del progettare. Un verbo questo che Sara, 45 anni, mamma di Viola, 11, con una separazione dolorosa alla spalle, conosce bene e mi ripete spesso, quasi come un mantra. «Quando mio marito mi ha lasciata mi sentivo persa, finita, senza più desideri. Pian piano, però, ho iniziato a progettare di nuovo, prima piccoli passi, poi grandi cambiamenti. E a ogni passo mi sentivo sempre più serena, più forte». Come se Sara, a 40 anni, avesse (ri)preso in mano la sua vita –

«Ha presente una palla informe di pongo?» mi dice, muovendo le lunghe dita delle mani – e l’avesse rimodellata, in base alle sue nuove necessità ma anche ai suoi nuovi desideri. «Fino agli anni Settanta le età delle donne erano scandite da ruoli sociali e culturali precostituiti, con un canovaccio socialmente ben definito» spiega Elena Rosci, psicoterapeuta e autrice di due saggi Mamme acrobate (Rizzoli) e La maternità può attendere (Mondadori). Quei ruoli, che spesso erano anche delle gabbie, oggi non esistono più. «Le 40enni attuali costruiscono la loro identità in un canovaccio progressivo, che non ha mai fine. È come se recitassero a braccio in un teatro sperimentale. Come se interpretassero in modo poco prevedibile e reversibile quei ruoli di un tempo, sapendo che la loro vita può essere continuamente rimodellata» continua.

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– Vittoria Puccini
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Jessica Alba è stata una delle prime dive di Hollywood a ricorrere alla tecnica dello shatush.

La star ha dichiarato di aver messo fine alle meches e ai colpi di sole e di voler una chioma ad effetto naturale.

Stufa dei trattamenti senza fine per evitare l’effetto ricrescita, ha amato fin da subito la praticità della nuova tecnica.

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Anne Hathaway

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Gisele Bundchen

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– Beyoncé
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– Sienna Miller
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– Adriana Lima
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– Samantha Cristoforetti, astronauta

In Cina a 30 anni le donne sono “un avanzo”

Proprio come ha fatto Sara, rimettendosi a scrivere la parte che voleva interpretare. «In Cina, le donne che a 25 anni non sono ancora sposate, vengono chiamate con un’espressione che si traduce con “donne-avanzo”, come nel titolo di un bellissimo documentario di pochi anni fa, Leftover Women, che segue le vite di tre trentenni molto realizzate a livello professionale, che però sono ancora “zitelle”. Sembra un mondo lontanissimo dal nostro, anche se il primo giro di boa, quello dei 30 anni, ti schiaccia a una serie di imperativi tradizionali: “Quando ti sposi?”, “Quando fai un figlio?» commenta la filosofa Ilaria Gaspari.

Le donne di 40 anni oggi sono più libere

«Per questo, forse, noi 30enni siamo ancora schiacciate da molti dilemmi. Una luce in fondo al tunnel di questi piccoli ricatti che appartengono a un mondo che non esiste più eppure non tramonta, la vedo guardando le mie amiche più grandi, le 40enni. Mi sembrano donne libere. Le pressioni sociali hanno imparato a gestirle, hanno dimostrato – ed è tutto merito loro! – di essere in grado di barcamenarsi fra i dilemmi, i grandi bivi e le scelte della vita, trovando, spesso, non senza fatica, maniere di fare a modo proprio. Sembrano avere davvero la possibilità di reinventarsi, anche per la libertà con cui sono cresciute, e si sono permesse di sbagliare strada, di tentare e tornare indietro, di cadere e rialzarsi, senza permettere a nessuno di chiamarle “avanzi” né di dettare i ritmi che scandiscono le loro vite. Se come scriveva Simone De Beauvoir, la femminilità – intesa come la postura passiva di chi aspetta di essere scelta e vive come un fallimento l’idea di poter essere scartata – è una trappola, credo che possiamo ben dire che le 40enni di quella trappola hanno saputo smontare il meccanismo».

Nella precarietà si è costrette a reinventarsi

Insomma, le 40enni di oggi si possono concedere il lusso di cambiare scena continuamente, di interpretare il loro ruolo nel mondo senza ricadere negli schemi imposti da altri. «Nella società attuale, incerta e precaria, in cui le tappe di vita che un tempo scandivano con maggiore regolarità il passaggio all’età adulta si sono fatte più sfumate, non riusciamo a progettare il nostro percorso con razionalità, a determinate tappe non seguono più traguardi certi, ma possiamo immaginarci strade possibili in cui è sempre più centrale il desiderio» spiega Caterina Satta, sociologa dell’infanzia e della famiglia al Dipartimento di Scienze Politiche e Sociali dell’Università di Cagliari. «In questo cambiamento continuo e non lineare, noi diventiamo centrali nella costruzione del percorso, un percorso che ricerca l’originalità e che, rispetto a quelli dei nostri nonni e dei nostri genitori, è più creativo, più ricco, più dinamico. Ed è in grado di disegnare traiettorie di vita che, proprio per la loro particolarità, possono diventare modelli per gli altri». «È come se mi fossi resa conto di avere davanti un spazio tutto da esplorare» dice Sara, con una dolcezza ruvida e sorniona. «È proprio così» le fa eco la sociologa. «A quest’età ci sentiamo libere di mettere in gioco il nostro desiderio, che è quello che ci tiene a galla nelle mareggiate, sempre più frequenti, e che proprio per questo dobbiamo curare e coltivare. Ci collega con il possibile, ci dà la forza per fare quel passo in più per percorrere sentieri inesplorati».

Occhio a non rincorrere sempre qualcosa di nuovo

Per tracciare un nuovo percorso in questa società dove molte regole sono cambiate, dove tutto è più fluido e incerto. E proprio quest’incertezza, che da un lato ci dà la libertà e l’opportunità di recitare a braccio, dall’altro può spingerci a una continua ricerca di qualcosa di diverso. «Se cambiare scena è una messa a punto di un progetto personale va bene. Ma se i tasselli della nostra costruzione non vanno mai a posto e noi continuiamo a rincorrere qualcosa di nuovo, rischiamo di sentirci inquiete e stanche perché il cambiamento vorticoso crea anche grandi fatiche» spiega la psicoterapeuta Elena Rosci. La soluzione? Torna il tema dei desideri. «Rivolgere lo sguardo alle nostre ispirazioni più intime, non vedere un bilancio in perdita, ma godersi quella maturità magnifica che abbiamo acquisito. Quella bellezza che, anche se con qualche ruga in più, non è per questo meno attraente né meno desiderabile. Sì, perché se abbiamo un baricentro ben costruito, se accettiamo la nostra età, capiremo che i 40 sono sì gli anni dei cambiamenti ma anche quelli della calma interna. In cui il rumore di incertezza degli anni precedenti si zittisce e si ha finalmente la percezione di avere ancora tutte le possibilità davanti» conclude la psicoterapeuta.

Le 40enni fanno parte degli Xennials

E a dimostrare che noi 40enni siamo abituate ai cambiamenti, ce lo dice anche la “scienza”. «Gli Xennials, ovvero i più giovani della macro-generazione “X”, che hanno meno di 45 anni e che sono cresciuti negli anni ’90, sono una combinazione di due mondi, sono la generazione della complessità, sono nati nelle terre di mezzo, nelle grandi transizioni, basti pensare all’arrivo di Internet e all’introduzione dell’euro» spiega Federico Capeci, Ceo di Kantar Italia e autore del libro Generazioni: chi siamo, cosa vogliamo, come possiamo dialogare (FrancoAngeli). «Gli anni ’80-’90 sono stati anni di incertezza e di disorientamento, anni di sogno e successiva disillusione, anni di allegria e amarezza, anni di possibilità e di rammarico. Per questo, la Generazione X e ancora di più quella degli Xennials, sono le generazioni del crocevia tra quello che c’è stato e quello che ci sarà, le generazioni dell’incognita, come la “x” usata in matematica per definire la variabile sconosciuta di un’equazione».

Le 40enni sanno desiderare e attendere

I 40enni di oggi vivono tra desiderio e realtà, tra volere e potere, tra presente e futuro: una generazione fattiva, ambiziosa, vigorosa, che non molla, che ama sognare. «Che si mostra maggiormente in grado di accettare le ambiguità e le incertezze della vita, grazie a una spiccata abilità a muoversi in modo camaleontico. Sì, a volte può essere anche cinica e spregiudicata, ma spesso più oggettiva della generazione precedente e di quella successiva: sa attendere per un bisogno, un sogno, una passione; sa realizzare, passettino dopo passettino, un desiderio; sa sposare un obiettivo e andare avanti con ostinazione» conclude Capeci. E con un sorriso imprevedibile, come quello di Sara e Valeria. Che non si conoscono ma sanno di non essere sole. «Perché questi nuovi percorsi» conclude la sociologa Caterina Satta «li stiamo tracciando tutte insieme». Noi, splendide 40enni.