Rientrata in Italia dopo 20 giorni trascorsi in un famigerato carcere iraniano, Cecilia Sala ha raccontato nel suo podcast Stories la drammatica esperienza dell’arresto e della detenzione, tre settimane senza potere leggere un libro, con una luce al neon sempre accesa e una piccola finestra da cui arrivava uno spiraglio di sole. «A me non è stato spiegato perché io sia finita in una cella di isolamento nel carcere di Evin», spiega la giornalista al direttore di Chora Media Mario Calabresi, che ha raccolto le sue parole.
L’ipotesi dello scambio con l’ingegnere iraniano
Nel racconto, Cecilia sottolinea che mai le è stato spiegato perché era finita in una cella, ma subito ha collegato il suo caso a quello dell’ingegnere Mohammad Abedini Najafabadi. «Ho pensato che potessero avere l’intenzione di usarmi per quello – spiega – Avevo chiara questa ipotesi e pensavo fosse uno scambio molto difficile».
Cecilia Sala: «Sono confusa e felicissima»
«Sono confusa, felicissima. Mi devo riabituare e devo riposare. Questa notte non ho dormito per l’eccitazione, per la gioia. La notte precedente non ho dormito per l’angoscia», afferma Cecilia Sala il giorno dopo il ritorno a casa e la sua liberazione dal famigerato carcere iraniano.
La scelta di Cecilia Sala di andare in Iran
La giornalista spiega la scelta che aveva fatto di tornare in Iran, «dove c’erano le persone a cui più mi sono affezionata». «Ci tenevo a tornare da loro – dice – ed è molto difficile ottenere un visto per l’Iran, ero molto felice di averlo ottenuto, questo viaggio comincia per incontrarle e dar loro voce».
L’ultima intervista all’iraniana Zeinab Musavi
Nel suo podcast, Cecilia ricorda di aver intervistato, proprio il giorno prima di essere arrestata, la comica iraniana Zeinab Musavi: la più famosa stand up comedian del Paese, che ha vissuto in prima persona la detenzione a Evin, le aveva parlato di quell’esperienza e di come, in una cella di isolamento, le erano venute in mente delle battute e aveva riso. «Per me pensare alla sua forza è stato di grande aiuto nei giorni successivi», dice la reporter che è riuscita, nonostante l’isolamento e il silenzio, a ridere per due volte: «La prima volta che ho visto il cielo», anche se nel piccolo cortile del carcere circondato dal filo spinato, «ho pianto di gioia e ho riso di gioia», e «poi quando c’era un uccellino che faceva un verso buffo».
Le ore interminabili nel carcere di Evin
Nel podcast Stories di Chora media Cecilia racconta che, mentre era in isolamento, «ad un certo punto mi sono ritrovata a passare il tempo contando i giorni, a contarmi le dita, a leggere gli ingredienti del pane, che era l’unica cosa in inglese», e «non ho mai pensato che sarei stata liberata così presto». «La tua testa – afferma – quando non hai nulla da fare, non ti stanca, non hai sonno, quindi non dormi e là dentro già un’ora sembra una settimana; se non dormi e devi riempirne 24 di ore, è più faticoso». «La cosa che più volevo – confida – era un libro, la storia di un altro, qualcosa che mi portasse fuori, una storia diversa dalla mia” perché “non riuscivo ad avere tanti pensieri positivi rispetto alle mie prospettive».
Privata degli occhiali, nessun materasso per dormire
«C’è un’indagine in corso e – spiega la giornalista – ci sono tante cose che non posso dire in questo momento, anche per rispetto del lavoro che stanno facendo le persone che mi hanno portata via di lì. Però posso dire che non vedo senza lenti od occhiali e gli occhiali non me li hanno mai dati fino agli ultimi giorni, perché sono pericolosi puoi spaccare il vetro e usarli per tagliarti. Non ho potuto scrivere, non ho potuto avere una biro, per lo stesso motivo». E «ho chiesto il Corano in inglese perché pensavo fosse l’unico libro che potessero avere dentro una prigione di massima sicurezza della Repubblica islamica e non mi è stato dato per molti giorni». Sulle sue condizioni di detenzione, Cecilia Sala racconta: «Avevo delle coperte, non avevo cuscini o un materasso».
Gli interrogatori e la accuse a Cecilia Sala
Ma il «problema non era mangiare, piuttosto dormire», sottolinea la 29enne rivelando di essere stata interrogata tutti i giorni dall’autorità nelle prime due settimane di detenzione. «Mi accusavano di tante azioni illecite compiute in tanti luoghi diversi» ma «non è stata mai minacciata la mia incolumità» anche se «nella mia testa ho pensato che mi avrebbero potuto uccidere».
I drammatici momenti dell’arresto
La giornalista è stata arrestata mentre era in hotel e portata in carcere il giorno prima del programmato rientro in Italia, «stavo lavorando alla puntata di quel giorno del podcast – racconta – e mi hanno bussato alla porta, pensavo fossero delle pulizie e ho detto che non avevo bisogno di nulla e stavo lavorando. Sono stati insistenti e ho aperto. E non erano persone delle pulizie».