Dal prossimo anno tutte le classi dovranno aderire al progetto dell’Alternanza scuola-lavoro previsto dalla riforma della Buona Scuola. Molti istituti la organizzano con corsi e simulazioni in aula, ospitando esperti dal mondo del business; altri propongono stage in aziende, enti o associazioni.

Questa seconda opzione è più difficile da realizzare perché sono poche le aziende che danno la loro disponibilità, ma è anche la più efficace perché pone i ragazzi alla prova con un lavoro vero e consente loro di migliorare le abilità nella comunicazione interpersonale, nel problem solving, nella costanza e nel senso di responsabilità.

La novità è interessante perché in Italia il mondo del lavoro rimprovera a neodiplomati e laureati di avere una preparazione molto teorica e poco pratica.

I percorsi di formazione on the job resi obbligatori dallo scorso anno prevedono 400 ore negli istituti tecnici e 200 nei licei. Secondo i dati del ministero dell’Istruzione, nel 2016 ne hanno usufruito 652mila ragazzi e le scuole coinvolte sono passate dal 54% del 2015 al 96%.

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L’alternanza scuola-lavoro serve davvero a mio figlio?

Indipendentemente dal tipo di azienda e dai compiti da svolgere, questa esperienza permette ai ragazzi di sviluppare competenze fondamentali. «Sono le famose soft skills così richieste oggi da un mondo del lavoro in continua evoluzione: saper comunicare e lavorare con gli altri, avere capacità di problem solving, creatività, pensiero critico» spiega Catia Cantini, ricercatrice di Indire, l’istituto per la ricerca e l’innovazione della scuola italiana. Non dimenticare poi che l’alternanza fa media: ogni istituto decide come valutarla e spesso integra i voti scolastici di una o più discipline.

I ragazzi possono scegliere dove andare?

Dipende dalle aziende e dagli enti disponibili a ospitarli. «Gli studenti possono aderire automaticamente per candidatura volontaria o con selezione» precisa la ricercatrice. «Ma l’Italia è composta per lo più da piccole e medie imprese che non possono accogliere molti studenti. In più, non sempre i settori e i compiti corrispondono alle loro aspirazioni». Per questo a volte le scuole optano per corsi e simulazioni in aula con imprenditori ed esperti.

Noi genitori abbiamo voce in capitolo?

«Le scelte della scuola vengono condivise fin dall’inizio con gli studenti e le loro famiglie, che possono discuterne e fare proposte. Per esempio nei consigli di classe» dice Catia Cantini.

C’è il rischio che i ragazzi siano sfruttati?

Sì, e c’è anche quello che vengano lasciati senza far nulla, ad annoiarsi. Ma sono casi rarissimi. «Le strutture ospitanti devono documentare di essere in grado di accogliere studenti in formazione, indicare cosa faranno esattamente e consentire sopralluoghi del tutor scolastico: insomma, si è attivata tutta una rete a tutela dello studente» prosegue l’esperta. «Se capita la brutta esperienza bisogna segnalarlo subito alla scuola che è responsabile e prenderà provvedimenti».

L’esperienza di alternanza può trasformarsi in un vero lavoro?

«Sì, può anche proseguire con la firma di un contratto di apprendistato. In ogni caso, a conclusione dello stage, lo studente riceve un attestato di frequenza o una certificazione delle competenze acquisite che può inserire nel suo curriculum» conclude Cantini. È un tassello importante: si tratta proprio di quella fatidica “esperienza precedente” che i datori di lavoro chiedono al primo colloquio.

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Ho dei vantaggi fiscali o di altra natura?

Sì, ma solo se assumi con un contratto un ragazzo che, in passato, ha già fatto un’esperienza di alternanza da te o altrove. «Abbiamo inserito nella legge di stabilità 3.250 euro all’anno, per tre anni, di esonero dal pagamento dei tributi previdenziali» spiega Gabriele Toccafondi, sottosegretario al ministero dell’Istruzione.

Se non ci guadagno, perché dovrei farlo?

Perché hai la possibilità di “provare” uno stagista, perché può darti davvero una mano in un periodo intenso, perché fai conoscere il tuo settore ai consumatori di domani e migliori i rapporti con il territorio. «Non bisogna però dimenticare che si tratta di un impegno serio: i ragazzi non devono stare solo a guardare o fare cose banali come le fotocopie in ufficio» dice Toccafondi. «Per loro deve essere un’esperienza davvero formativa, quindi è necessario dedicare tempo a spiegare e insegnare il lavoro».

Ho particolari responsabilità legate al fatto che si tratta di minorenni?

No, l’assicurazione scolastica è valida anche se il ragazzo è in azienda. «Si tratta sempre di apprendimento, anche se in un luogo diverso. L’accordo scuola impresa, infatti, non ha nulla a che vedere con un contratto di lavoro» precisa il sottosegretario.

Posso scegliere i ragazzi con i voti più alti?

Nell’ambito dell’autonomia scolastica alcuni istituti danno alle aziende la possibilità di selezionare gli stagisti. «Ma questo va un po’ contro lo spirito della legge: tutti i ragazzi hanno un talento e l’alternanza spesso fa venir fuori anche quello di studenti che in classe non riescono a dare il massimo per tante ragioni. L’esperienza, al contrario, permette a molti di scoprire una passione. Per le aziende vuol dire avere persone davvero motivate che domani potrebbero essere ottimi candidati» afferma Toccafondi.

Non rischio di perdere troppo tempo tra burocrazia e training?

I tanti documenti che deve sottoscrivere l’azienda servono a tutelare il ragazzo. «Ma stiamo comunque lavorando per snellire le pratiche» assicura il tecnico. «Pensiamo ai singoli professionisti e alle ditte individuali che non possono dedicare tempo e risorse solo al progetto: le associazioni di categoria si faranno carico di compilare i documenti».