Oliviero Toscani è morto all’età di 82 anni. L’amiloidosi da transtiretina, di cui il celebre fotografo aveva rivelato di soffrire, non gli ha lasciato scampo. Malattia rara, ma grave, colpisce in Italia circa 800 persone l’anno. Vediamo nello specifico di che cosa si tratta…
Le forme di amiloidosi
L’amiloidosi è una condizione medica rara caratterizzata dal deposito di proteine anomale nei tessuti e negli organi del corpo. Queste danno origine a una sostanza chiamata amiloide che, a differenza delle normali proteine, non si degrada con facilità ma continua ad accumularsi in un punto o, più spesso, in un gruppo di organi. In quest’ultimo caso si parla di amiloidosi sistemica le cui forme più comuni sono quelle da catene leggere e da transtiretina (una proteina sintetizzata dal fegato). «La transtiretina è una proteina che ha la funzione fisiologica di trasportare la vitamina A e la tiroxina (l’ormone tiroideo) a tutti i tessuti. Esistono due forme di amiloidosi correlata a questa proteina: quella ereditaria, geneticamente determinata, e quella causata da transtiretina wild type (più diffusa, quella che ha colpito Oliviero Toscani)», spiega l’Osservatorio delle Malattie Rare (OMAR).
Gli organi attaccati dai depositi amiloidi
I depositi amiloidi, come si legge sul portale dell’ISSalute dell’Istituto Superiore di Sanità, «in genere interessano diversi organi come il cuore, i reni, il fegato o il sistema nervoso potando a una riduzione, parziale o completa, del funzionamento dell’organo interessato e, in relazione alla sua importanza nel sostegno alle funzioni vitali dell’organismo, può sopraggiungere la morte, a volte, solo a distanza di un anno o due».
I sintomi della malattia
Il fatto che la malattia possa colpire qualsiasi organo fa sì che i disturbi variano a seconda di quale sia stato interessato dall’accumulo anomalo. Più spesso, l’amiloide si deposita nei reni e può causare insufficienza renale. In questo caso, possono insorgere ritenzione idrica (edema), stanchezza, debolezza e perdita di appetito. L’amiloide depositata nel cuore – si legge su ISSalute – può determinare un aumento delle sue dimensioni e comprometterne la capacità di pompare efficacemente il sangue nel corpo. Ciò può provocare un’insufficienza cardiaca che può manifestarsi con mancanza di respiro e gonfiore (edema).
La diagnosi di amiloidosi
La diagnosi di amiloidosi può essere difficile poiché i disturbi che provoca sono spesso, inizialmente, molto generali. «La presenza della malattia – precisa l’ISS – può essere confermata prelevando una piccola quantità di tessuto (biopsia) dalla parte del corpo colpita per poi esaminarla al microscopio».
Quali sono le terapie disponibili?
Attualmente non sono disponibili terapie che possano rimuovere direttamente i depositi associati all’amiloidosi e il trattamento mira a prevenire l’ulteriore produzione di catene leggere anormale. Come riporta l’Osservatorio Malattie Rare, «è possibile trattare l’amiloidosi attaccando le cellule che la producono – il clone di plasmacellule – con l’utilizzo di approcci di chemioterapia e di immunoterapia diretti contro questa piccola popolazione neoplastica».
Aspettative di vita
L’aspettativa di vita fino a qualche anno era solo di pochi mesi dopo la diagnosi. Oggi varia a seconda dell’estensione dei depositi amiloidi, dell’età, dalla salute generale e della risposta alle cure. Con le terapie moderne, che comprendono anche la cura degli organi danneggiati, «molte persone sopravvivono per diversi anni e un numero crescente per un decennio o più», concludono gli esperti dell’ISS.