Un’altra sentenza destinata a far discutere. Il tribunale di Roma ha assolto un dirigente di un museo della Capitale denunciato per molestie. Secondo il collegio presieduto da Maria Bonaventura, Francesca (nome di fantasia) ha problemi di peso e avrebbe per questo equivocato le attenzioni del suo diretto superiore. La giudice è la stessa che aveva assolto anche un bidello dell’istituto Rossellini per aver palpeggiato una studentessa minorenne “soltanto” per 10 secondi.
La denuncia della ragazza
E’ il pm Antonio Calaresu nel 2021 a raccogliere la denuncia della giovane 20enne assunta in un museo di Roma a gennaio 2019. Secondo il suo racconto dettagliato, è costretta a subire gli assalti del dirigente già ad aprile di quell’anno. Nell’occasione, secondo la denuncia, la blocca in un angolo e le palpeggia fianchi, schiena e pancia. Dicendo “dai, fammi toccare ancora un po’”. Lei lo scoraggia ma lui non si ferma. Il 20 maggio 2019 le chiede di aiutarlo a prendere dei cataloghi in magazzino. A quel punto la afferra da dietro e inizia a palpeggiarle i fianchi e la pancia, si legge nell’edizione romana del Corriere della Sera. Quindi, appoggiandosi a lei, “le sniffa i capelli e sussurra ansimando”. Il terzo episodio avviene durante una cena tra colleghi. Il superiore la tocca “sul seno, sulla pancia, sui fianchi e sul sedere”. E arriva “a leccarla e a morderle le orecchie fino a quando le infilava la lingua in bocca”.
La versione delle colleghe
Francesca porta in aula come testimoni le colleghe dopo aver raccontato loro tutto. Ma le altre donne che lavorano nel museo ridimensionano l’accaduto, parlano di un “giocherellone”. Il dirigente che nel frattempo viene licenziato, si difende davanti ai giudici ribaltando le accuse: “È lei che è attratta da me”.
La sentenza che ha assolto il dirigente
Ora è arrivata la sentenza che ha assolto il dirigente. A pesare sono le testimonianze che non hanno confermato il racconto della presunta vittima e il suo complesso sull’aspetto fisico. “Alla luce di tutte le considerazioni qui svolte non si può escludere che la parte lesa, probabilmente mossa dai complessi di natura psicologica sul proprio aspetto fisico (segnatamente il peso) abbia rivisitato inconsciamente l’atteggiamento dell’imputato nei suoi confronti fino al punto di ritenersi aggredita fisicamente”, si legge nella sentenza. La procura ha annunciato che farà appello.