Basta con la dicitura “avvocata“, ma anche con quella di “sindaca“. È la proposta di legge della Lega che vuole vietare negli atti pubblici “il genere femminile per neologismi applicati ai titoli istituzionali dello Stato, ai gradi militari, ai titoli professionali, alle onorificenze, ed agli incarichi individuati da atti aventi forza di legge”.

Cosa prevede la proposta di legge

Il testo, a firma del senatore leghista, Manfredi Potenti, è ancora una bozza ma è già chiarissima nelle premesse. «La presente legge – si legge – intende preservare l’integrità della lingua italiana e in particolare, evitare l’impropria modificazione dei titoli pubblici, come ‘Sindaco’, ‘Prefetto’, ‘Questore’, ‘Avvocato’ dai tentativi ‘simbolici’ di adattarne la loro definizione alle diverse sensibilità del tempo».

Opposizioni contro la Lega

Di fronte alla proposta di legge le opposizioni sono insorte. «È senza confini la misoginia leghista. Ed anche ridicola, espressione di una sotto cultura priva di pensiero e di attenzione perfino a quanto raccomandato dall’Accademia della Crusca», ha commentato la capogruppo di AVS alla Camera Luana Zanella. Per la collega di partito, Aurora Floridia, questa iniziativa «rappresenta un grave passo indietro nella lunga e faticosa lotta per la parità di genere». Ma anche dal Pd le reazioni non sono tardate ad arrivare: «Secondo la Lega in nome della lingua italiana dovremmo sanzionare chi l’italiano lo parla correttamente. I trogloditi che per rimuovere il rispetto del genere femminile farebbero di tutto, leggano la Treccani», ha tuonato la dem Michela Di Biase. E la senatrice Cristina Tajani ha rispolverato una preghiera: «…Orsù dunque, avvocata nostra, rivolgi a noi gli occhi tuoi misericordiosi” … chissà se il Senatore Potenti, che propone di proibire l’uso del femminile professionale, vorrà multare anche i fedeli che recitano il Salve Regina”.

La replica della Lega

Il leghista Potenti, da parte sua, ha spiegato che «occorre scongiurare che la legittima battaglia per la parità di genere, al fine di conseguire visibilità e consenso nella società ricorra a questi eccessi non rispettosi delle istituzioni” E, per questo, ritiene “necessario un intervento normativo che implichi un contenimento della creatività nell’uso della lingua italiana nei documenti delle istituzioni”.

L’obiettivo della proposta di legge

Nell’articolo 3 della pdl, è messo nero su bianco il “divieto del ricorso discrezionale al femminile o sovraesteso o a qualsiasi sperimentazione linguistica. È ammesso l’uso della doppia forma o il maschile universale, da intendersi in senso neutro e senza alcuna connotazione sessista”. Obiettivo – come recita l’articolo 1 – è “preservare la pubblica amministrazione dalle deformazioni letterali derivanti dalle necessità di affermare la parità di genere nei testi pubblici”. Previste per gli inadempienti anche multe da 1.000 a 5.000 euro”.