Il servizio del Tg La7 sul presunto caso di molestie e il possibile coinvolgimento dello zio Mario Meneguzzi nella scomparsa di Emanuela Orlandi getta su tutte le furie la famiglia della ragazza sparita a Roma nel giugno 1983.
L’avvocatessa degli Orlandi: “Calpestata la dignità umana”
Nell’incontro con la stampa, gli Orlandi e la loro avvocatessa, Laura Sgrò, accusano soprattutto chi ha fatto uscire la “notizia”. “Si è parlato di una persona morta, Meneguzzi, che non si può più difendere – incalza l’avvocatessa Sgrò -. Di un magistrato che non avrebbe indagato, Domenico Sica, anche lui morto e che non si può più difendere. L’unica persona che poteva parlare, Natalina (la sorella di Emanuela Orlandi, ndr), non è stata sentita. La cosa era a conoscenza di noi tutti da anni: erano queste le carte impolverate portate in Procura dal Vaticano? Così è stata fatta vera macelleria, la dignità umana è stata davvero calpestata”.
“Molestie” dello zio, le confessioni di Natalina Orlandi
Natalina Orlandi nega recisamente di essere stata bersaglio delle molestie dello zio, se non “di qualche piccola avance verbale nel 1978, magari un regalino, qualche apprezzamento: ma quando feci capire che non c’era nessuna possibilità è finito tutto lì”.
Racconta che all’epoca – cinque anni prima della scomparsa di Emanuela – non disse al padre dei timidi approcci dello zio. Ne parlò col fidanzato Andrea, poi diventato suo marito, e in confessione col padre spirituale della famiglia, successivamente diventato vescovo in Colombia. Ma non c’era stato assolutamente nulla e le nostre famiglie rimasero sempre in ottimi rapporti”.
Nel 1983, dopo che la sorella scomparve, fu condotta dai carabinieri dal magistrato Sica insieme al fidanzato, per rispondere se era vera quella cosa con lo zio di cinque anni prima. “Per me era ormai nel dimenticatoio, ma ho raccontato tutto. Era stato uno ‘scivolone’ di un cinquantenne, che io non giudico bene, con una ventunenne, ma tutto era finito lì. E ora questa cosa insignificante viene presentata come lo scoop del momento”.
Caso Emanuela Orlandi, quando Natalina fu convocata in Vaticano
Che in Vaticano esistessero carte sulla vicenda dello zio, Natalina lo apprese nel 2017, quando al proposito fu contattata dall’allora sostituto mons. Angelo Becciu, scorgendo tra l’altro in quell’incontro un intento “ricattatorio”. “Suo fratello insiste per avere la documentazione – le fu detto -, ma abbiamo questa cosa che la riguarda. Quindi dobbiamo divulgare anche questa storia”. “Le avance furono solo un fatto verbale, e di breve durata – interviene l’avv. Sgrò -. Come si fa a metterle in relazione con una scomparsa avvenuta cinque anni dopo?”.
Pietro Orlandi: “Una carognata”
Durissima la reazione di Pietro Orlandi, fratello di Emanuela, che ricorda come la cosiddetta “pista familiare” fosse già stata battuta ed escluso il coinvolgimento dello zio. Il fratello della giovane scomparsa 40 anni fa è arrabbiato e parla di una vera “carognata“. A questo proposito Pietro ribadisce il desiderio di incontrare il Papa, anche per metterlo in guardia “dalle carogne che gli girano intorno, laici e prelati”. L’auspicio di Orlandi è che il Santo Padre possa prendere posizione “anche su questa cosa. Se è uscita dalla procura vaticana è una cosa grave”.
Caso Emanuela Orlandi, l’appello per la Commissione d’inchiesta
Orlandi lancia anche un vero e proprio appello perché passi la Commissione parlamentare d’inchiesta sulla scomparsa della sorella. “Il Vaticano le ultime briciole di dignità le ha calpestate ieri. Non pensavo che sarebbero scesi così in basso. Spero proprio che papa Francesco prenda dei provvedimenti. E spero che la Commissione passi perché il Vaticano non potrà controllare tutti i parlamentari che ne fanno parte”. L’avv. Sgrò sottolinea che la Commissione ha la facoltà di indagare anche su reati prescritti, quindi su un caso di 40 anni fa “può fare tantissimo”.
Gli aspetti contestati dagli Orlandi
Contestati infine altri aspetti della notizia del Tg La7, come il confronto di Mario Meneguzzi con l’identikit dell’uomo che incontrò Emanuela alla sua uscita dalla scuola di musica nel centro di Roma il giorno della scomparsa. “Ma quel giorno mio zio era in vacanza a Spedino, vicino a Torano, il paese dove andava la famiglia. Il che taglia la testa al toro”, dice Pietro. “Ma come lavorano? Possibile che ora non si vada a guardare a quello che già si sapeva all’epoca? Tra l’altro la sera della scomparsa di Emanuela, nostro padre telefonò per primo proprio allo zio, al telefono fisso del paese”. Natalina, a sua volta, contesta anche che lei avesse paura di perdere il posto alla Camera che le aveva procurato lo zio, che vi gestiva il bar: “Ma io avevo fatto un concorso pubblico!”.