Tra mamme e papà che lavorano vige sovrana l’imparità. E la strada in salita per le donne è un potente disincentivo al diventare madri.
Child penalty: quando nasce un figlio il padre è premiato, la madre penalizzata
«Si pensa che dopo la nascita di un figlio la donna dedichi meno tempo al lavoro per occuparsi del bambino e che invece l’uomo si sforzi ancora di più per far fronte alle maggiori esigenze economiche della famiglia» dicono la demografa Alessandra Minello e l’economista Tommaso Nannicini, autori di Genitori alla pari. Tempo, lavoro e libertà (Feltrinelli).
«I congedi di maternità e paternità e l’organizzazione del lavoro sono modellati su queste aspettative sociali che non sono naturali ma patriarcali. Risultato? Child premium per lui, child penalty per lei: la maggiore produttività percepita dei padri porta spesso i datori di lavoro a concedere loro scatti di carriera. Sulle madri grava invece uno stigma negativo: prendono più congedi, fanno più part-time, quindi non possono essere promosse». Le donne stesse si cristallizzano in pensieri come «Dopo l’arrivo dei figli non potrò pensare alla carriera» o «Scelgo un lavoro che mi dia il tempo per occuparmi dei bambini».
Molte madri con bimbi piccoli lasciano il lavoro: è la child penalty
Del resto, che i genitori siano lasciati troppo spesso soli a barcamenarsi con i figli è confermato dalla ricerca Donne, Lavoro e Sfide Demografiche, appena realizzata da Fondazione Gi Group, Gi Group holding e Valore D: analizzando il periodo 0-6 anni, la combinazione di congedi e servizi per l’infanzia presenta una “scopertura” di 65,5 mesi in Italia, 56 nei Paesi Bassi, 30,75 in Francia e 28 in Spagna. Non c’è da stupirsi leggendo i dati dell’Ispettorato Nazionale del lavoro: nel 2022 le 61.000 dimissioni volontarie presentate da genitori con figli al di sotto dei 3 anni sono state nel 73% dei casi di donne. «I padri che lasciano il lavoro sono meno e con una differenza fondamentale: la maggior parte si licenzia perché ha un’opportunità migliore in un’altra azienda» commenta Nannicini. Le madri spesso danno le dimissioni affidandosi ai 2 anni di Naspi e sperando di potersi rimettere in gioco più avanti, ma per loro uscire dal mercato del lavoro coincide poi quasi sempre con l’esserne estromesse.
Alle donna si chiede di essere moglie, madre, professionista e sempre perfetta
Allo spettro della maternità che spesso aleggia ancora nelle aziende si affianca una promessa che ci ha prima galvanizzate e poi ci si è ritorta contro. «Le tante conquiste sociali degli ultimi decenni hanno trasmesso alla donna il messaggio “puoi essere tutto”, che però è diventato per molte “devi essere tutto”: professionista di successo, madre perfetta e partner appagante. Ma non si sono create le condizioni sociali perché le donne possano identificare quali siano le loro vere aspirazioni e sceglierle liberamente» dice Alessandra Minello.
Il carico di lavoro domestico è sbilanciato sulle madri: anche questa è child penalty
A corollario si aggiunge il mito del multitasking: una reiterata narrazione ha attribuito alle donne questa capacità di svolgere più attività contemporaneamente, omettendo di citare il livello di carico mentale prodotto delle molteplici difficoltà organizzative e gestionali. Ci sono poi dinamiche di coppia su cui agire. Tra queste la cosiddetta “incompetenza strategica” o “armata”: gli uomini svolgono compiti domestici o di cura in modo deliberatamente inefficace così da lasciarli sulle spalle delle donne. «Perché cambino i padri devono cambiare anche le madri» avverte Minello. «Troppe posizionano i partner nel ruolo limitato di “aiutanti” nella gestione di casa e figli. Collocarli invece in un’ottica di pari responsabilità significa scardinare un assetto di potere dentro alla coppia frutto di stereotipi patriarcali».
Le madri al Sud e quelle con bassa istruzione faticano molto più a trovare lavoro
Non dimentichiamo poi che di mamma, e di famiglia, non ce n’è una sola. «Nel 2022 soltanto il 55,5% delle donne tra i 25 e i 49 anni con figli sotto i 6 anni lavorava contro il 76,6% delle donne senza figli. Ma il dato va visto più in dettaglio: lavora solo il 40% delle donne con figli minori che vive al Sud contro il 75% delle donne con figli minori che sta al Nord» spiega Minello. «C’è un’altra fetta di popolazione che ha meno opportunità di entrare nel mercato del lavoro: quella delle madri con bassa istruzione».
Aumentano le famiglie non tradizionali, omoaffettive e con un solo genitore
Non solo. «La società sta evolvendo e crescono le famiglie non tradizionali» spiega Nannicini. «Da quelle omoaffettive che non hanno il riconoscimento ufficiale della genitorialità condivisa a quelle monoparentali dove un solo genitore – quasi sempre la madre – si occupa dei figli».
Bisogna rendere paritari i congedi di maternità e paternità
Una situazione così ingarbugliata e pressante va affrontata a più livelli. Un tema cruciale è quello dei congedi assai sbilanciati. «Non basta puntare ad averli paritari, occorre la giusta copertura retributiva. Oggi a far decidere se sarà la madre o il padre a prendere il congedo facoltativo è l’aritmetica: se la copertura è bassa o nulla, si rinuncia allo stipendio più alto che di solito è ancora quello del padre» dice Nannicini. «Andrebbe anche promosso il tempo flessibile di coppia. Per esempio, con il lavoro agile condiviso: entrambi i genitori adottano a turno questa modalità di lavoro, così lo smart working diventa uno strumento di conciliazione e non un recinto dentro cui le donne sono rinchiuse perché possano occuparsi di figli e lavoro. Dal lato aziende, si potrebbero dare benefici fiscali e nell’accesso agli appalti pubblici a quelle dove gran parte dei padri prendano i congedi».
I genitori sono stanchi e non hanno tempo per sé
Dal nuovo report Le sfide della genitorialità (di QUID+ Gribaudo – Idee Editoriali Feltrinelli) i genitori appaiono preoccupati, stanchi, confusi, soli e nel 71% dei casi non trovano tempo per sé. Quando il mondo politico-produttivo e la società tutta troveranno tempo, e risorse, per occuparsi di loro?
Con la collaborazione scientifica di Università degli Studi di Milano
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