L’ultimo rapporto dell’Istat evidenzia una realtà ancora segnata da forti diseguaglianze tra uomini e donne, nonostante i significativi avanzamenti in campo educativo e culturale. La parità di genere è ancora lontana dall’essere raggiunta, specialmente nel mercato del lavoro, nella disponibilità economica, nella rappresentanza politica e nelle posizioni di leadership. Questa analisi è stata diffusa in occasione della della settima edizione del Forum on Well-Being organizzato a Roma dall’OCSE, in collaborazione con Istat e Mef. La pubblicazione, partendo dal progetto sul benessere equo e sostenibile (Bes), offre uno sguardo sulle diseguaglianze tra uomini e donne, tra generazioni, tra territori e tra gruppi di popolazione con diverso titolo di studio, con un approccio che tiene conto anche della combinazione di più caratteristiche, per individuare i gruppi maggiormente svantaggiati in termini di benessere nei vari ambiti della vita.
Scuola e università, risultati migliori per le ragazze
Dal punto di vista formativo e scolastico, il rapporto evidenzia come le giovani donne tra i 25 e i 34 anni siano ormai più numerose degli uomini a conseguire la laurea, con un rapporto di una su tre, rispetto a una su quattro tra i maschi. Le donne, inoltre, si distinguono per i migliori risultati scolastici, con tassi di abbandono più bassi e una preparazione che si riflette in competenze superiori. Questo fenomeno potrebbe sembrare una conquista importante per le politiche di pari opportunità, ma a livello pratico non si traduce ancora in una reale parità nei successivi ambiti professionali e sociali.
Mercato del lavoro ancora difficile per molte donne
Nonostante il livello educativo delle donne sia in aumento, le diseguaglianze sul mercato del lavoro permangono. Il tasso di occupazione femminile è significativamente inferiore rispetto a quello maschile: solo il 56,5% delle donne è occupato, contro il 76% degli uomini. Questa disparità è amplificata dalla presenza femminile limitata nelle posizioni di leadership politica e istituzionale, un dato che evidenzia la difficoltà delle donne a farsi strada nelle sfere decisionali del Paese. In effetti, sebbene le donne siano ben preparate sul piano culturale e accademico, il sistema lavorativo non sembra premiare in egual misura le loro competenze.
Fruizione delle attività culturali: diseguaglianze fra donne
Un altro aspetto rilevante emerso dallo studio riguarda le diseguaglianze, all’interno dei vari sottogruppi, tra diverse aree geografiche e livelli di istruzione. Le donne con un titolo di studio terziario residenti al Nord, per esempio, partecipano a attività culturali fuori casa in maniera significativamente più frequente rispetto alle donne del Sud con una formazione inferiore: come dire che le laureate del Nord frequentano il cinema e il teatro oltre otto volte in più rispetto alle loro connazionali del Sud con il solo diploma di maturità. Questo dato mette in luce non solo le disparità educative tra Nord e Sud, ma anche come la qualità della vita culturale e sociale delle donne sia legata a fattori territoriali e socio-economici.
La strada per superare le diseguaglianze di genere
Il maggiore investimento femminile nell’istruzione costituisce tuttavia, secondo quanto emerge dal rapporto, un fattore di potenziale attenuamento di questa disparità in futuro: soprattutto se accompagnato da un parallelo ampliamento delle opportunità e degli strumenti di sostegno alla conciliazione dei tempi di vita. Tema centrale per superare le ancora oggi presenti diseguaglianze di genere è infatti il riconoscimento del doppio ruolo che molte donne sono costrette a svolgere, sia come madri che come lavoratrici. Molte, infatti, continuano a essere le principali responsabili della gestione della casa e della cura dei figli, un peso che penalizza carriera, benessere psicologico ed economico.
La divisione dei compiti domestici e di cura tra uomini e donne è, altro tema cardine, ancora ben lontana dall’essere equilibrata. In molte famiglie, il ruolo di caregiver resta quasi esclusivamente femminile, con gli uomini che, seppur progressivamente più coinvolti, continuano a essere esonerati da compiti tradizionalmente considerati “femminili”. Una cultura patriarcale, che ancora permea molte realtà, che contribuisce a mantenere il ruolo della donna in secondo piano e continua a condizionare il suo accesso a opportunità economiche, politiche e sociali.