Genitori omosessuali: i diritti negati

Non poter restare in ospedale con il proprio piccolino, non poter avere un’assicurazione sanitaria, vivere con l’ansia che, se ti succede qualcosa, il tuo bambino potrebbe essere adottato perché l’altro genitore, per la legge, non è un genitore. E ancora: non poter prendere i permessi della legge 104 se il bambino è portatore di disabilità, non poter usufruire di congedi alla nascita o del congedo parentale fino ai 12 anni, oppure non poter stare col bimbo quando è malato. E via di questo passo.

Genitori omosessuali: il freno dal Ministero dell’Interno

Quanti diritti negati ai genitori omosessuali nella civilissima Italia, quell’Italia che con la Grecia è l’unico Paese dell’Europa occidentale a non avere una legge che tutela i bimbi nati in un’unione omosessuale. Ma in questo vuoto normativo, finora colmato da sindaci innovativi e welfare aziendali virtuosi, si è creato uno spartiacque pericoloso: dopo il freno posto dal Ministero dell’Interno ai riconoscimenti, la Procura di Padova ha impugnato i riconoscimenti di 33 bambini, figli di coppie lesbiche, registrati dal sindaco anche anni fa. Alcuni di questi bambini hanno sei anni: significa che una delle loro mamme non è più mamma – e la famiglia pure, cioè nonne e nonni, zie, zii e cugine e cugini.

Genitori omosessuali, la denuncia: gli annullamenti dei nati prima del 2022

Non solo la Procura di Padova si è attivata, come denuncia Diana De Marchi, Consigliera delegata al Lavoro, Welfare e Pari Opportunità della Città metropolitana di Milano: «Anche Belluno e Milano si stanno attivando: a Padova si tratta di fascicoli anche del 2018, bambini che da 4, 5 anni vivono in una famiglia in cui il secondo genitore, registrata in comune come genitore, potrebbe non esserlo più. Il rischio – in alcuni casi già realtà – è ricevere una telefonata dalla polizia locale per un appuntamento in cui si comunicherà l’annullamento, dopo il quale, per poter essere ancora mamma o papà, occorrerà scegliere l’adozione o il ricorso. Nel frattempo, rischi di non poter più andare a prendere tua figlia o tuo figlio a scuola. Sono i bambini e le bambine le vittime di questo vuoto legislativo e sono loro che vanno tutelati sempre, a partire dal riconoscimento della loro realtà familiare, qualunque essa sia».

Genitori omosessuali: cosa succede ai figli dopo il mancato riconoscimento?

Lo chiediamo ad Angelo Schillaci, professore associato di diritto pubblico comparato alla Sapienza di Roma. «In mancanza della legge, il genitore non riconosciuto deve iniziare una battaglia legale, oppure intraprendere il tortuoso iter dell’adozione cosiddetta “speciale”: una serie di atti come istanza al tribunale, visite degli assistenti sociali per l’idoneità genitoriale, test sui bambini, valutazione dei requisiti emotivi e patrimoniali. Un teatro grottesco in cui a farne le spese sono i bambini, e intanto passano anni. E se la mamma che ha generato il bambino morisse? Cosa ne sarebbe del piccolo? Potrebbe essere addirittura dichiarato adottabile, da chiunque».

Genitori omosessuali: i figli nati da padri gay

Sui figli nati da padri gay, è stata emessa una sentenza recente che di fatto nega del tutto il riconoscimento. Nel dicembre scorso la Suprema Corte di Cassazione a Sezioni Unite ha sancito che i bambini nati all’estero con la maternità surrogata da due padri gay non devono essere riconosciuti con la trascrizione – come stava accadendo in parecchie città – ma con l’”adozione in casi particolari.” «L’unica possibilità per loro, oltre a intentare un procedimento legale, oggi è quindi l’adozione, anche in questo caso lunga e farraginosa. E nel frattempo il bimbo potrebbe ritrovarsi senza genitori» prosegue il professor Schillaci. «Il paradosso è che, se una coppia eterosessuale ricorre alla fecondazione eterologa, nessuno chiede loro chi è la madre biologica e chi il padre. Potrebbe trattarsi di donazione di gamete o di sperma, ma la legge non si pone il problema, perché conta l’assunzione di responsabilità verso il nato. Perché con le coppie omosessuali invece sì?».

Quali tutele per i bambini verrebbero a mancare

Tutto ciò rischia di creare genitori (e bambini) di serie A e di serie B, anche riguardo alla maternità e alle tutele nei luoghi di lavoro, che si riflettono sul benessere dei bambini. Lo dimostra la storia di Sabrina e Laura. Sabrina Benini è unita civilmente a Laura dal 2016 e mamma di Vera, 6 anni, e Damiano, 3. La sua, la loro storia di genitorialità è la dimostrazione di come il riconoscimento all’anagrafe abbia fatto la differenza sulla vita del piccolo Damiano. «Grazie alla legge sulle unioni civili ho potuto beneficiare anche io, come compagna, della copertura sanitaria privata di Laura. E così, nella seconda gravidanza abbiamo fatto eseguire un test genetico: il risultato è che il bambino che aspettavamo era portatore della sindrome di Down. Abbiamo scelto di farlo crescere e iniziato un percorso di accettazione. Quando Damiano è nato, la sua cardiopatia congenita l’ha costretto a un lungo ricovero in ospedale, e se il sindaco – che nel frattempo era cambiato – non ci avesse riconosciuto entrambi come genitori, Laura non avrebbe mai potuto vederlo: per lei, niente visite in terapia intensiva, almeno sulla carta. Certo è che poi in ospedale avrebbero chiuso un occhio e lasciato entrare Laura, ma chiedo: il nostro diritto di genitori può essere una concessione lasciata al buon senso?».

Dalle visite in ospedale alla legge 104

Domanda più che legittima anche perché la vita intanto continua a presentare il conto: «In seguito ho dovuto eseguire un intervento delicato alla testa. Ho potuto chiudere gli occhi con serenità, però, perché sapevo che con i bambini c’era Laura, e ci sarebbe stata lei in ogni caso. Lei che ha potuto sempre usufruire della legge 104 per stare con Damiano, grazie proprio alla registrazione come genitore e a un welfare aziendale che arriva dove lo Stato nemmeno guarda». Insomma, aspetti di vita pratica a cui non si pensa, ma su cui il mancato riconoscimento della genitorialità impatterebbe in modo pesante.

genitori omossessuali: la genitorialità dei padri gay

Sono molto preoccupati delle novità anche Davide Fassi e Davide Chiappa, membri dell’associazione Famiglie Arcobaleno, uniti civilmente nel 2019 e padri da pochissime settimane di Martino Libero, nato in Oregon con la maternità surrogata. «Noi in realtà abbiamo iniziato a diventare genitori 14 anni fa. Le coppie gay non fanno figli per un impulso, perché per loro la genitorialità è un processo lungo, meditato, che si costruisce nel tempo» racconta Davide Fassi.

Come si diventa padri gay negli Stati Uniti

Ma come funziona negli States? Che documenti si producono? «Quando è nato Martino Libero, abbiamo ricevuto una sentenza del tribunale, in base alla quale si definisce il genitore biologico, l’altro genitore e la rinuncia da parte della gestante. Poi esiste un altro documento con il certificato di nascita in cui veniamo citati come genitori entrambi» prosegue Davide Fassi. «Tornati in Italia, però, scopriamo che i nostri documenti non hanno valore e che Martino per lo Stato non esiste: esiste solo il suo codice fiscale. Nostro figlio in pratica è un immigrato con il visto turistico. Può essere curato in base a una legge recepita dalla Lombardia nel 2022 – per cui i minori hanno comunque diritto all’assistenza sanitaria. Ora però siamo in un limbo: tra un mese scade il visto turistico e pare che in base alla convenzione di New York dell’89 sui diritti del fanciullo lui possa restare coi genitori. Ma noi, per lo Stato italiano, genitori non siamo. E poi, in caso contrario, dove dovremmo rimpatriarlo? Nella clinica in cui è nato?».

Le tutele al lavoro per i padri omosessuali

Il tema genitore-non genitore è ricorrente anche nel lavoro. Davide Fassi è dipendente della pubblica amministrazione e ha preso il congedo di paternità di 10 giorni, poi un congedo straordinario di 45 che ha già goduto. Davide Chiappa ha utilizzato l’escamotage della “maternità alternativa in assenza della madre” prevista dall’Inps, 14 settimane. Nel frattempo però stanno scadendo i 60 giorni che l’inps si prende per confermare che maternità e paternità siano state prese in modo corretto. «Probabilmente l’Inps rifiuterà il nostro diritto, che noi però abbiamo già goduto. Vuol dire che dopo prenderò un’aspettativa, oltre alle ferie e a eventuali permessi». Uno dei due è stato già contattato per capire di cosa ha goduto realmente, perché le aziende brancolano nel buio: «L’azienda mi ha contattato per chiedermi cosa sta succedendo e sempre ritorna la domanda: chi è il genitore biologico? Ma a una coppia eterosessuale che abbia fatto l’ovodonazione, questa domanda viene fatta?».

Le aziende che tutelano

Il punto è che si ottiene sempre qualcosa ma si tratta di soluzioni ad personam, perché una legge non c’è. E così questi genitori non sono genitori. Laddove però non arriva i legislatore, arrivano i welfare aziendali. Grazie alle unioni civili negli anni si sono moltiplicati gli accordi aziendali che danno alle coppie di fatto gli stessi diritti dei coniugi eterosessuali. Sandro Gallittu, responsabile dell’ufficio Nuovi dritti della Cgil, ne cita alcuni: «Nel settore metalmeccanico, nell’azienda Nuovo Pignone i diritti genitoriali sono estesi anche al genitore affettivo purché convivente; in Intesa San Paolo l’accordo siglato nel 2022 equipara il genitore sociale al genitore biologico; in ambito agroalimentare (Nestlè) il congedo retribuito di 12 settimane consecutive viene riservato anche al lavoratore padre o caregiver secondario».