Le avevano date per finite, schiacciate dal peso delle accuse e dal clamore di uno dei più fragorosi scandali dello sport italiano. Dopo che, lo scorso novembre, le ex ginnaste azzurre Anna Basta e Nina Corradini avevano puntato il dito contro l’accademia di Desio, il centro di allenamento della squadra Nazionale di ginnastica ritmica, parlando di abusi psicologici, pressioni, problemi alimentari non gestiti, si era detto: «L’era delle Farfalle è chiusa».
L’inchiesta sulla ginastica ritmica
Con l’accademia commissariata, Emanuela Maccarani lasciata ad allenare ma destituita dal ruolo di direttrice, le inchieste della Procura federale e della Procura di Monza aperte, rimettere lo sport al centro era impresa tutt’altro che scontata. Ma la sostanza di cui le Farfalle sono fatte si è rivelata capace di reggere l’urto, invertire la rotta e aprire un nuovo corso. A Milano le ragazze della ginnastica ritmica sono tornate sul podio vincendo a luglio l’ultima tappa del concorso generale di Coppa del Mondo e ridando sostanza alle aspettative in vista dei Mondiali di Valencia, in programma dal 23 al 27 agosto.
Ginnastica ritmica: il riscatto delle Farfalle
Ma nessuno si salva da solo e infatti, dietro questo percorso di rinascita che è insieme della squadra e di tutto il movimento, c’è un lavoro di gruppo. A raccontarlo è Marcella Bounous, pedagogista, psicologa dello sport tra le più importanti in Italia e docente all’Istituto universitario salesiano di Venezia, mandata a Desio dalla Federazione come “duty officer” per vigilare sul rapporto tra le atlete e le allenatrici e per rimettere insieme i pezzi di un’eccellenza apparentemente in frantumi. Comincia parlando della vittoria ritrovata a Milano. «C’era bisogno di un riscatto. Vedere le bambine che correvano a chiedere gli autografi ha fatto bene a tutto l’ambiente. Nonostante le difficoltà dell’ultimo anno, non c’è stata disaffezione: non era scontato, perché per tanti mesi le ragazze sono sparite dai radar. L’indicazione è stata: “Chiudetevi in voi e cercate di ritrovarvi”». Riuscirci, dice, è stata una strada lunga e dolorosa in cui lei le ha accompagnate dal 17 novembre scorso. «Il mio ruolo è sorvegliare, perché il benessere viene prima di qualsiasi medaglia. Ho trovato una grande apertura e una grande disperazione. Erano come un puzzle i cui pezzi non si incastravano più. Abbiamo iniziato a vivere insieme, capire che cosa era successo e rimettere a posto le cose a suon di call notturne e pianti infiniti».
Le Farfalle unite più che mai
Ora le ragazze stanno bene, racconta, ma ci sono voluti mesi e mesi. «Per un lunghissimo periodo non si sono allenate: arrivavi in palestra e vedevi solo lacrime e cellulari che volavano. Sono piccole donne che da un giorno all’altro si sono ritrovate addosso prima, la Procura federale e poi la Procura di Monza, con telefoni sequestrati e interrogatori e due tecniche indagate (Emanuela Maccarani e Olga Tishina, ancora in carica come allenatrici e in attesa di giudizio, ndr). Abbiamo avuto tantissimi infortuni, perché la mente fa questi scherzi. Ma è comprensibile: fino al giorno prima erano sulla bocca di tutti, avevano sponsor e vittorie, poi improvvisamente hanno visto il loro mondo andare in pezzi. Una mattina si sono svegliate e hanno letto quello che ha letto il resto dell’Italia. È come salire sul ring e prendere un pugno ancora prima di infilare i guantoni. Hanno sanguinato per mesi. Ma sono rimaste unite: quando una andava a Milano per gli interrogatori, l’accompagnavano tutte. Mi dispiace quando sento dire che è un gruppo malato che non osa parlare: è esattamente il contrario. Hanno evitato di alimentare polemiche che non sarebbero servite a nessuno e si sono concentrate sullo sport e sulla qualificazione olimpica. Sono ragazze sane con famiglie sane. Ammetto: non me l’aspettavo. Su un gruppo sano puoi lavorare, e le vittorie di oggi ne sono la prova».
L’anno zero di una cultura nuova della ginnastica ritmica
Le chiedo che cosa pensi della questione del peso che tanta parte ha giocato nelle accuse. Va dritta al punto. «Il peso non può essere un tabù. In tutti gli sport gli atleti vengono pesati e in molte discipline, come il pugilato, è il criterio della divisione in categorie. Nella ritmica le ginnaste non devono essere magre, ma devono avere un peso conforme alla prestazione, anche per evitare infortuni. Qualcuna lo mantiene più facilmente, altre meno. Ma è importante capire a che cosa viene collegato quel peso. Se ci sono commenti e giudizi, è un danno. Bisogna comprendere, non giudicare». La Federazione, ha fatto e sta facendo un grande sforzo per rimettere al centro il benessere mentale. «L’eredità positiva di quello che è successo è la consapevolezza che occorre più attenzione per la persona. Lo sport di alto livello non è per tutti: soprattutto in certe discipline ci vuole negli staff qualcuno che guardi oltre le prestazioni e sappia vedere se qualcosa non va. Non possiamo pretendere che siano sempre gli allenatori: a volte servono figure esterne. Questo deve essere l’anno zero di una cultura nuova».
Un gruppo di ascolto per le atlete
Anche gli atleti sono parte di questo nuovo corso. Milena Baldassarri, individualista della Nazionale di ritmica e vincitrice di 5 medaglie mondiali, ha vissuto di riflesso i mesi difficili del movimento. «Noi individualiste ci alleniamo a Fabriano. Le accuse non ci hanno toccate, ma siamo su un’unica barca: se si rovescia cadiamo in acqua tutti. Quello che hanno provato le colleghe non è una cosa bella, per fortuna sono forti e hanno saputo reagire». Lei, brutte esperienze non ne ha mai avute, ma è felice degli sforzi della Federazione per aiutare chi ne aveva bisogno. «Dopo tutto quello che è successo, si è messo in moto un meccanismo virtuoso all’interno del Safeguarding Office. È stato creato anche il gruppo degli atleti, a cui è possibile rivolgersi in caso di problemi perché a volte comunicare tra colleghi è più facile». Ci sono due referenti per ogni disciplina: per la ritmica una è Alessia Maurelli, la capitana delle Farfalle, l’altra è lei. «Fortunatamente al momento non ho ricevuto segnalazioni. Però si è aperto un vaso e credo che certi tabù siano caduti. Alle bambine il consiglio più grande che posso dare è non mollare. E, se c’è qualcosa che non va, parlarne: finché li tieni dentro, i problemi non li risolvi».