A quattro mesi dell’assassinio di Giulia Cecchettin, il padre Gino prosegue in quella che è diventata la sua missione dopo la tragedia che ha colpito lui e la sua famiglia: mantenere viva la memoria della 22enne, offrire la propria testimonianza, parlare con gli studenti e dare un contributo concreto per combattere la piaga della violenza sulle donne e dei femminicidi. In un’intervista a “Repubblica” racconta il percorso che lo ha portato a mettere il proprio dolore al servizio di una causa.

Il libro di Cecchettin e la Fondazione dedicati a Giulia

Di recente Gino Cecchettin ha pubblicato il libro “Cara Giulia. Quello che ho imparato da mia figlia” scritto con Marco Franzoso (Rizzoli). Domenica scorsa è stato ospite da Fabio Fazio a “Che tempo che fa” per parlare della Fondazione contro la violenza a cui sta lavorando e che sarà in parte finanziata dalle vendite del libro. Attraverso la Fondazione, ha precisato il padre di Giulia, intende “coinvolgere associazioni, Università: fare formazione, costruire consapevolezza, dare borse di studio per studentesse di materie Stem“.

Cecchettin: “Continuamente mi chiedo cosa potevo fare”

Nell’intervista a “Repubblica”, Cecchettin si domanda ancora oggi cosa avrebbe potuto fare di diverso per impedire la morte di Giulia, uccisa a coltellate l’11 novembre dall’ex fidanzato Filippo Turetta e ritrovata cadavere 7 giorni dopo. “Continuamente, te lo chiedi. – dice il padre di Giulia -. Ma a me stesso, prima: cosa potevo fare. E dopo allo Stato, alla sicurezza. Io potevo parlare di più con lei. Scavare, magari non dare tanta libertà a una ragazza che pure era responsabile, coscienziosa come lei”.

Libro su Giulia Cecchettin

L’importanza di ascoltare i figli, “non dobbiamo fare gli amici”

Alla giornalista Conchita Sannino, Cecchettin confessa il timore che Giulia possa non essersi del tutto confidata con lui a proposito di una relazione che era diventata tossica, essersi “limitata nelle sue conversazioni, perché non voleva farmi preoccupare“. “Perciò – afferma Cecchettin – dico ai genitori, quando me lo chiedono: non dobbiamo aver paura di violare anche la loro privacy, non dobbiamo fare gli amici o pensare che tutto andrà necessariamente come loro pensano che vada. Dobbiamo perdere tempo, con loro“.

La necessità di maggiori risorse per le forze dell’ordine

Un altro aspetto toccato da Gino Cecchettin nel corso dell’intervista è la necessità da parte dello Stato di investire maggiori risorse nelle forze dell’ordine in modo da contrastare più rapidamente ed efficacemente il fenomeno della violenza di genere e dei femminicidi. “Sono grato alle forze dell’ordine, agli inquirenti, molto – sottolinea -. Ma penso che se davvero vogliamo cambiare le cose, se la battaglia contro i femminicidi e la violenza di genere la dobbiamo fare insieme, dobbiamo anche investire. Di più. Sulla vigilanza, sui territori. Dobbiamo avere pattuglie in più, donne e uomini in più. Non posso dimenticare che mentre denunciavo, mentre giustamente ripetevo una due dieci volte le cose, tutto si era già compiuto”.

Gino Cecchettin

La forza di Davide e Elena, gli altri due figli di Gino Cecchettin

Oltre che di Giulia, Gino Cecchettin – che ha perso la moglie Monica per un tumore – è padre anche di Davide e e di Elena. Da quest’ultima ha detto di aver compreso l’importanza del concetto di patriarcato. “Il termine patriarcato – dice – , l’espressione violenza di genere, i femminicidi: sono parole che, quando non ti riguardano, scivolano via. Ho dovuto studiare. Faccio a Elena l’augurio di esaudire fino in fondo i suoi desideri. Vuole diventare una grande biologa e non ho alcun dubbio che ci riuscirà: ma può dare anche di più. E poi c’è Davide, il mio 17enne. Mi dicono: Gino ma come fai, dove prendi lo spirito. Rispondo: dovete vedere Davide. Concreto, umile. Una forza”.

La parole di Mattarella: “Non dimenticherò mai la sua telefonata”

Tra i messaggi che Gino Cecchettin ha ricevuto dopo la tragedia della morte della figlia quello che ha nel cuore è del presidente Sergio Mattarella. “Non dimenticherò mai la sua telefonata. Perché è arrivata nel momento più duro, e lui lo sapeva. Giulia già non c’era più da settimane, già avevamo subìto tutto, ma
aspettavamo di poter fare il funerale – conclude -. Lui mi ha detto: ti chiamo ora perché so che adesso serve. E mi ha davvero incoraggiato, mi ha dato speranza”.