È passato esattamente un anno dall’efferato omicidio di Giulia Cecchettin da parte dell’ex fidanzato Filippo Turetta, ora in attesa del giudizio davanti la Corte d’Assise di Venezia. Purtroppo i femminicidi in Italia proseguono a ritmi impressionanti: erano già stati 105 quelli registrati da inizio 2023 a novembre, a fine dell’anno arrivarono a 120. E questo nonostante se ne parli, nonostante i messaggi che dovrebbero mettere in guardia le donne da amori tossici che spesso conducono a finali tragici. In occasione di questa dolorosa ricorrenza, Gino Cecchettin è stato ospite da Fabio Fazio a Che tempo che fa su La Nove e ha raccontato il proprio vissuto a un anno dall’uccisione della figlia. E l’imminente presentazione a Montecitorio della Fondazione Giulia Cecchettin – creata insieme ai figli Elena e Davide – che ha tra gli obiettivi lavorare per la parità di genere, contrastare la violenza sulle donne e tenere viva la memoria di Giulia e i suoi valori.
Cecchettin: «Ho ascoltato le parole di Turetta senza odio»
Il padre di Giulia, intervistato da Fabio Fazio, ha detto di aver ascoltare le parole di Filippo Turetta «senza provare odio, rabbia». «Questo l’ho fatto per un anno – ha detto il padre di Giulia -. Mi sono reso conto di quanto sia importate questo esercizio per creare valore. Però mi sono anche reso conto che attorno a me si respirava un qualcosa di negativo. È umano, è comprensibile». «Tutti questi sentimenti – ha aggiunto – vengono poi immessi nel proprio ecosistema. Ma in quest’ultimo anno ho imparato a concentrarmi sul positivo». E per pensare in positivo, «come sempre faccio – ha spiegato Cecchettin – prendo una foto di Giulia e me la guardo, e così non c’è nulla di negativo che appare nella mia vita, perché mi concentro sul bello».
«Sta a noi decidere se reagire positivamente o negativamente»
In quest’anno, ha osservato Cecchettin «a me è sembrato di vedere come se vivessimo in un’atmosfera dove noi singoli siamo degli individui che possono produrre ossigeno o anidride carbonica: l’ossigeno è un sentimento positivo, l’anidride carbonica è un qualcosa di negativo perché poi lo portiamo a casa, lo portiamo nelle relazioni con i nostri cari». Invece «quando recepiamo da ciò che ci accade qualsiasi elemento negativo, sta a noi decidere come reagire: se reagiamo positivamente portiamo a casa ai nostri figli, ai nostri cari un sentimento di amore, creando valore nel sistema. Viceversa, se ci facessimo sopraffare dal sentimento negativo, agiremmo in senso contrario». «Io – ha concluso il papà di Giulia – non sono riuscito a odiare. Non so come ho fatto, però, penso che il segreto stia concentrandosi sui nostri cari che ci danno amore, che ci danno bellezza».
Cecchettin: «Insegnare ai figli ad accettare la sconfitta»
«La vita è fatta di ostacoli che dobbiamo superare. Probabilmente noi genitori cerchiamo di togliere quanti più ostacoli possibile ai figli. Molto spesso però non facciamo il bene dei ragazzi; anzi, un po’ di turbolenza è necessaria perché ti fortifica», detto Gino Cecchettin. «Non si tratta – ha spiegato – di essere un genitore troppo autorevole o poco autorevole, significa usare la giusta autorevolezza, però far gestire un po’ di problematiche fin dalla giovane età ai ragazzi. Questo consente loro di sviluppare attitudini che in alcuni casi non avrebbero modo di trovare: permette di capire quant’è lo sforzo per ottenere dei risultati, questo è molto importante. e poi quando arriva la sconfitta accettarla, non solo accettarla, ma fanne virtù perché da una sconfitta si può imparare quello che è andato storto, facendone tesoro per la prossima volta».
La nascita della Fondazione Giulia Cecchettin
Cecchettin ha annunciato che il 18 novembre sarà presentata a Montecitorio la Fondazione Giulia che si propone di prevenire la violenza di genere e, fra gli obiettivi, ha l’introduzione di un’ora di affettività a scuola. «Abbiamo lavorato tanto, in modo assiduo e abbiamo creato la Fondazione Giulia Cecchettin, costituita qualche settimana fa ufficialmente. Adesso la presenteremo a Montecitorio il 18 novembre, ospiti del vicepresidente della Camera Giorgio Mulè». Un progetto nel quale, ha spiegato Cecchettin «ho cercato di portare il bello di Giulia. Una delle missioni della Fondazione è di portare avanti il nome di Giulia e il suo modo di vedere la vita. Lei era una ragazza che amava vivere, era buona ed altruista, e su questa linea vorremmo continuare». Il progetto più importante, inserito nello statuto, ha anticipato Cecchettin, è quello di fare formazione: «Dovremmo insegnare alla bellezza dell’amore, ecco, questo è in sintesi. Che, tradotto, significa fa capire agli studenti che amare è molto meglio che odiare. Faremo dei piani didattici, che i membri del comitato tecnico, tutti professori universitari, psicologi, pedagogisti elaboreranno, per una proposta che porteremo nelle scuole». Un percorso, ha concluso, che ha la velleità «di portare alla decisione di avere un’ora di educazione all’affettività nelle scuole».
Un anno fa l’assassinio di Giulia Cecchettin
Un anno fa – la notte tra sabato 10 e domenica 11 novembre 2023 – moriva a 22 anni Giulia Cecchettin, uccisa da 75 fendenti inferti dall’ex fidanzato, Filippo Turetta. I due giovani erano spariti assieme sabato sera 10 novembre, dopo essersi incontrati per un giro in un centro commerciale di Marghera. All’inizio si pensò al sequestro da parte dell’ex fidanzato; ma mano a mano che arrivavano i primi riscontri – la scoperta delle tracce di sangue nella zona industriale di Fossò – si fece strada la paura di un finale tragico. Il 23enne fu rintracciato solo il sabato successivo in Germania, fermo nella sua auto sulla corsia d’emergenza in autostrada. Il corpo senza vita di Giulia Cecchettin venne ritrovato dai carabinieri in un anfratto sul lago di Barcis, in provincia di Pordenone. Procede intanto il processo a carico di Filippo Turetta. Il giovane deve rispondere dell’accusa di omicidio volontario aggravato dalla premeditazione, crudeltà, efferatezza, di sequestro di persona, di occultamento di cadavere e di stalking. Il 3 dicembre è attesa la sentenza della Corte d’Assise di Venezia. Se i giudici crederanno alla ricostruzione dell’accusa, ovvero all’esistenza di un piano premeditato dell’imputato per l’assassinio dell’ex fidanzata, si profila l’ergastolo.