In sole 24 ore, 46 grandinate tra Emilia Romagna e Lombardia, da inizio luglio 70 tempeste in Lombardia, secondo l’analisi di Coldiretti. A questi numeri si aggiungono le dimensioni dei chicchi, che in Veneto hanno raggiunto la grandezza di un’arancia. Era già successo in passato, ma non con questa frequenza e intensità.

Negli ultimi 10 anni aumentati del 30 per cento i chicchi “estremi”

Lo conferma Sante Laviola, ricercatore dell’Istituto di scienze dell’atmosfera e del clima del Cnr, che con i colleghi ha condotto uno studio innovativo proprio sulla grandine, pubblicato sulla rivista Eos. Per la prima volta si è potuto utilizzare il satellite, che consente una misurazione più efficace della grandine rispetto agli strumenti a terra. «Abbiamo così verificato che negli ultimi 20 anni, sull’Italia in particolare, le grandinate sono aumentate, sia nella grandezza dei chicchi, sia nell’intensità dei fenomeni. In particolare dal 2010 al 2021 c’è stato un aumento del 30 per cento, non solo dei chicchi entro i 10 centimetri, ma anche dei chicchi estremi, oltre i 10 centimetri di diametro. Un chicco di 10 centimetri può pesare 200 grammi e arriva al suolo con una velocità di 150 chilometri orari». Una bomba.

Perché l’Italia è particolarmente esposta alla grandine

Oltretutto lo studio aiuta a intravedere il futuro. «Nei prossimi anni avremo grandinate sempre più frequenti e intense, soprattutto sull’Italia, Paese particolarmente vulnerabile non solo per la conformazione geografica e orografica, ma anche perché al centro del Mediterraneo, esposto tanto alle correnti fredde atlantiche quanto agli anticicloni africani». Se quindi il Mediterraneo è di per sé un hotspot climatico (cioè un’area a particolare vulnerabilità agli effetti dei cambiamenti climatici), l’Italia è un hotspot nell’hotspot. L’estensione da Nord a Sud e la presenza delle montagna rendono l’Italia il fulcro per la grandine.

La grandine dipende dalla maggior energia in atmosfera a causa del caldo

Grandinava anche in passato, ma oggi grandina di più e in modo più violento. «Dallo studio emerge come questi cambiamenti nel Mediterraneo siano iniziati già 60 anni fa ma oggi si siano moltiplicati di frequenza e intensità. Il Mediterraneo, cioè, è più predisposto a formare fenomeni intensi, come la grandine, perché più carico di energia. L’atmosfera, per intenderci, è maggiormente in grado di formare i sistemi temporaleschi con le nubi a fungo, da cui proviene la grandine». A causare l’aumento di questa energia sono diversi fattori, tutti in crescita e tutti legati all’aumento delle temperature: in particolare quella della superficie del mare che, aumentando l’evaporazione, agevola la formazione di nubi temporalesche.

Cosa c’entra lo zero termico con la grandine

«Allo stesso tempo lo zero termico è salito di 400-500 metri» prosegue il ricercatore. «Vuol dire che avviene più in alto il passaggio dall’acqua al ghiaccio e viceversa, scendendo. La grandine quindi si forma più in alto, dove le temperature sono più basse. Ciò significa che il percorso per poi raggiungere il suolo è più lungo, quindi un chicco di grandine in caduta acquisisce maggiore energia cinetica. E questa dà alle grandinate la violenza a cui stiamo tutti purtroppo assistendo».

Più caldo uguale più nubi uguale più energia

D’estate le grandinate sono sempre più frequenti a causa delle alte temperature, soprattutto in coincidenza con l’anticiclone africano che apporta in atmosfera un’enorme carica d energia sotto forma di calore. «Queste intrusioni di enormi masse d’aria calda (quest’estate siamo alla terza) fanno riscaldare la colonna d’aria (quella che abbiamo sulle nostre teste e che va dai 10 ai 18 chilometri, in base alla latitudine), quindi cresce la capacità di quell’aria di trattenere umidità. Alla fine, si forma una quantità di acqua in eccesso, che deve scaricarsi». Per questo i fenomeni sempre più intensi: più caldo uguale più nubi, uguale più energia, uguale più acqua.

La grandine si accompagna a fulmini e venti violenti

Il fatto è che la grandine non viaggia da sola. «Questi fenomeni trascinano con sé fulmini, venti e trombe d’aria. Il chicco cioè non cade come se lanciassimo una biglia dal balcone ma si carica di una componente aggiuntiva: il vento. E se prima accadeva con meno frequenza, oggi è più “normale” perché appunto sono in aumento i fenomeni legati al caldo che fanno crescere l’energia in atmosfera».

Più fenomeni al Sud fino a novembre

Il Nord è esposto quanto il Sud, ma se prima la stagionalità era la stessa (da aprile a settembre), ora al Sud grandina fino a novembre, e in modo più violento anche a causa dell’anticiclone africano, che apporta in atmosfera un’enorme carica d energia sotto forma di calore.