Mentre si avvicina l’esame di maturità per molti studenti italiani, che tornano in modalità quasi normale dopo il periodo Covid, si pensa già al prossimo anno scolastico, quando arriveranno due nuove figure: l’insegnante tutor e l’orientatore. L’obiettivo è aiutare i ragazzi a fare le scelte formative e professionali più adatte alle loro competenze, ma anche a prevenire in qualche modo la dispersione scolastica, legata per esempio a chi sceglie corsi universitari con poca informazione o convinzione.
Chi è l’insegnante tutor e che compiti ha
Si tratta di una figura voluta dal ministero dell’Istruzione, invocata da tempo da molte dirigenti di istituto e ormai prossima a entrare nelle classi, con il nuovo anno scolastico. Ma quali sono i suoi compiti, in concreto? «È una figura pensata non solo per orientare (per questo c’è il docente orientatore, di cui ci occupiamo sotto, NdR), ma che supporterà anche a livello educativo e questo è l’aspetto più interessante: saranno insegnanti formati in modo adeguato che aiutare gli studenti del triennio finale delle superiori aiutare a capire le proprie potenzialità, i propri desideri rispetto al futuro, per individuare attività di alternanza scuola-lavoro (PCTO), tirocini in aziende, esperienze in studi professionali, ecc.», spiega la professoressa Elena Ugolini, rettrice delle scuole Malpighi di Bologna e già sottosegretario all’Istruzione. L’obiettivo è chiaro: «Aiutare i ragazzi a costruire il proprio curriculum, che non è solo un racconto di chi si è e delle esperienze di studio e vita, come appunto il volontariato, la musica o lo sport praticato, è qualcosa di più ricco, che può contenere anche iniziative o attività decise in un dialogo più proficuo», aggiunge Malpighi.
Cosa farà in concreto l’insegnante tutor?
Si tratta, dunque, di un compito non semplice, sia per lo scopo che per le modalità. Per esempio, secondo la circolare ministeriale, ci dovrebbe essere un tutor per gruppi di minimo 30 e massimo 50 studenti, appartenenti a più classi. «Non sono affatto pochi. Noi al Malpighi da tempo abbiamo un Career Service, un ufficio che si svolge attività analoghe, ma dove ogni tutor segue un massimo di una quindicina di studenti, perché il lavoro non si limita a fornire informazioni sulle opportunità di lavoro», spiega Ugolini.
Che differenza c’è tra tutor e orientatore?
All’insegnante tutor, infatti, si affianca un’altra nuova figura, quella del docente orientatore. Quest’ultimo si focalizzerà nell’orientamento in modo che gli studenti possano scegliere seguendo il più possibile le proprie attitudini e aspirazioni professionali, tenendo presente anche le opportunità offerte dai territori, dal mondo professionale e dalle università o da altri ambiti formativi. Se spesso si è sentito parlare di mancanza di un orientamento adeguato, ora il nuovo docente specializzato potrebbe colmare il divario tra il mondo della scuola e quello del lavoro? «L’idea è quella. Sarà un referente che procurerà informazioni e notizie sul contesto economico e formativo del territorio e lavorerà presumibilmente in una fase successiva a quella dell’orientatore, nell’ultimo anno di superiori», conferma la rettrice.
Che competenze ha il tutor?
Una delle criticità, però, secondo gli insegnanti stessi è la formazione che dovrebbe avere il tutor. I volontari che volessero diventarlo dovrebbero partecipare a un corso di formazione di 20 ore. Tra i requisiti richiesti, poi, ci sono un contratto a tempo indeterminato con almeno cinque anni di anzianità maturata con contratto a tempo indeterminato o determinato; aver svolto compiti che rientrano nelle funzioni del tutor scolastico e del docente orientatore (tra cui funzione strumentale per l’orientamento, per il contrasto alla dispersione scolastica, nell’ambito del PCTO); essere disposti a fare il tutor per almeno un triennio scolastico. Ma è su questi aspetti che arrivano le contestazioni degli insegnanti: un docente «dovrebbe occuparsi solo di insegnare in modo altamente professionale, con un aggiornamento disciplinare continuo. Non è un missionario al quale si può chiedere di saper fare qualsiasi cosa», spiegano alcuni dei diretti interessati. Altri, invece, spiegano che si tratterebbe di «un’attività aggiuntiva che non si sa quanto durerà» e che quindi sarebbe necessario «prevedere figure specialiste intermedie che svolgano ruoli come questo per scelta e con competenze adeguate, all’interno del proprio orario di lavoro. Ci sarebbe un risparmio e la scuola avrebbe finalmente una struttura organizzativa».
Lo stipendio e il lavoro anche pomeridiano
Anche questo aspetto è delicato e fonte di attrito tra i sindacati e il Ministero, che ha stanziato fondi appositi per il docente tutor (e l’orientatore, di cui parliamo appena sotto). Ad ogni insegnante che diventerà tutor andranno tra 2.850 e 4.750 euro lordi in più all’anno in busta paga. Troppo poco, secondo i sindacati, per il lavoro mattutino “extra”. Per chi volesse estendere l’attività anche al pomeriggio si prevedono quasi 8mila euro lordi in più, ma «la remunerazione è un insulto, se devo togliere ore alla didattica vado piuttosto a fare le pulizie, prenderei di più», spiegano alcuni docenti che hanno risposto a un sondaggio condotto da La Tecnica della Scuola su 1.500 docenti. Dalla rilevazione emerge una bocciatura: per 9 insegnanti su 10 il nuovo ambito di lavoro non è di interesse, tanto che le candidature sono state poche. Il bando, con termine il 31 maggio, inizialmente prevedeva la scadenza al 2 maggio, ma è stato prorogato proprio per la scarsità della risposta.
Un primo passo contro la dispersione scolastica
D’altro canto l’introduzione dell’insegnante orientatore e del tutor potrebbero ridurre la dispersione scolastica: «I dati ci dicono che il problema non riguarda solo i ragazzi che non vogliono proseguire gli studi universitari o professionali, ma anche chi, dopo il primo anno accademico, cambia indirizzo universitario o abbandona per le difficoltà. Per fare un esempio, se un ragazzo o una ragazza sognano di fare Medicina, allora forse è bene pensare di rafforzare le loro conoscenze scientifiche, ma per tempo, fin dal terzo o quarto anno di liceo, non dopo aver sostenuto l’esame di Maturità. Questo lo si può fare solo se si svolge un’attività di orientamento e supporto adeguati», conclude Ugolini.