Tom Hanks ha detto “no”, si è ribellato all’uso del suo volto e della sua voce per uno spot pubblicitario, soprattutto perché è stato utilizzato a sua insaputa. Kendall Jenner, invece, non solo non ha rifiutato, ma ha incassato qualcosa come 5 milioni di dollari. In cambio ha ceduto la propria immagine all’IA, l’Intelligenza artificiale, per diventare un’assistente di call center e chatbot, con cui “dialogare” con i fan. Il suo, però, non è un caso isolato: anche Paris Hilton, Snoop Dogg, Tom Brady e Charli D’Amelio hanno scelto di seguirla. Di fatto a molte celebrities non dispiace l’idea di prestare il loro volto e voce per rispondere alle domande degli utenti, i quali a loro volta sembrano attratti dalla possibilità di poter chattare con i vip (o meglio, le loro immagini).

Le star che prestano il volto all’intelligenza artificiale (e ai social)

Sono sempre di più, dunque, i personaggi famosi che accettano di diventare “assistenti personali” degli utenti, in virtù di ingaggi stratosferici. La Kendall, ad esempio, avrebbe ricevuto un’offerta da poco meno di 5 milioni di dollari (4,7 secondo le stime dei ben informati). D’altra parte il nuovo orizzonte, anche sui social, sembra essere quello di offrire la possibilità di chattare con i vip sui social. A confermarlo è stato lo stesso Mark Zuckerberg, numero uno di Meta che gestisce Facebook, Instagram e WhatsApp. In occasione della conferenza annuale Connect, infatti, Zuckerberg ha presentato i nuovi chatbot di artificial intelligence (AI), che avranno i volti di celebrità come Tom Brady, Snoop Dogg e Paris Hilton, oltre alla stessa Kendall.

Come funzionano i “colloqui” con le celebrities

Di fatto gli utenti social potranno porre domande e ricevere risposte dalle celebrities, con cui si potrà interagire virtualmente accedendo ai profili dedicati sui vari social. In questo caso attori, personaggi sportivi o del mondo della musica e della moda assumeranno un nome differente rispetto a quello dell’account ufficiale. Nel caso della Kendall, la si potrà trovare come “Billie”, Tom Brady invece diventa “Bru” mentre il nome con cui trovare Paris Hilton per poter parlare con lei (magari di tendenze fashion) sarà “Amber”.

Perché vogliamo chattare con le star?

«Oggi c’è una maggiore esigenza di visibilità da parte di tutti e il mondo social, e web in generale, riesce a soddisfare gran parte di questo bisogno. Internet riesce a realizzare molto di ciò che in passato non era realizzabile o non così facilmente realizzabile. Basti pensare alla possibilità di essere notati grazie a YouTube anche da parte di aspiranti artisti, cantanti, ma non solo. Purtroppo a volte la cronaca ci mostra anche gli effetti negativi di questa sovraesposizione e di questo bisogno di Like, come nel caso degli youtubers di The Borderline a Casal Palocco, a Roma» spiega Patrizia Magnante, presidente della Società italiana di Sociologia e docente all’Università di Tor Vergata.

Appagati dalla familiarità con i vip

«Il rapporto che si può creare con i personaggi famosi, anche se virtuale, è molto complesso e ricco di sfaccettature. Sicuramente gli influencer, per il fatto di esserci, di mostrarsi con il loro volto e corpo, in qualche modo consentono anche a chi li segue di esistere, di esserci in quanto followers, cioè persone che seguono le gesta più o meno epiche di questi personaggi», osserva Carmen Leccardi, docente emerita di Sociologia della Cultura presso l’Università di Milano Bicocca. «Ecco che in questo momento l’intelligenza artificiale si presta ad amplificare questo senso di familiarità con le star: è come se, grazie alle abilità comunicative di questi vip, si creassero delle “famiglie virtuali” (rigorosamente tra virgolette), “famiglie allargate” che a loro volta danno luogo a dipendenze emotive. Tutto ciò alimenta il desiderio di restare in contatto con i personaggi famosi o di creare un dialogo con loro», aggiunge Leccardi.

Il bisogno di identificazione con le star

Questo tipo di rapporto con i personaggi famosi, che in passato era molto più distante, viene facilitato dai social, che non a caso stanno puntando proprio sulla possibilità (teorica) di creare contatti diretti con gli utenti. «L’ “onore” (anche questo tra virgolette) di poter chattare con un vip o un’influencer, tramite l’AI, dà un senso di appagamento, ma allontana ancor di più da una realtà che è sempre più incerta: la pandemia Covid, la guerra in Ucraina e ora il conflitto in Medio Oriente per certi versi tolgono il fiato, aumentano il senso di imprevedibilità, mentre per paradosso le star sono sempre lì sui social che quasi ci aspettano, con la loro presenza costante. diventando quasi dei punti di riferimento», spiega Leccardi. Insomma, sarebbero rassicuranti. Se poi ci si può anche chiacchierare, il senso di familiarità aumenta.

In futuro pagheremo per parlare con i vip?

L’AI sta entrando rapidamente nelle vite di tutti, in parte cambiando le abitudini. Le aziende sembrano aver capito molto bene, tanto da aver deciso di investire in modo massiccio nello sviluppo e nell’impiego di questa tecnologia. Lo scopo, però, è sempre il profitto, per questo non dovrebbero stupire gli ingaggi milionari alle star per prestare la loro immagine a social o altri servizi. «Non mi stupisce che vengano offerti contratti stellari, dal momento che molti di questi personaggi sono seguiti quotidianamente da milioni di followers – prosegue Leccardi – Gli influencer guadagnano pubblicizzando prodotti che sono venduti e generano profitti. Perché non pensare, quindi, in futuro di vendere la possibilità di chiacchierare con i vip?».

C’è chi dice no: il caso di Tom Hanks

Ha fatto scalpore, invece, il rifiuto di Tom Hanks all’uso della sua immagine a scopi pubblicitari. Nel suo caso una società di servizi odontoiatrici ha utilizzato, senza il suo permesso, il suo volto per una campagna pubblicitaria. Il protagonista di Forrest Gump non ha gradito e ha denunciato sui social di essere stato clonato a sua insaputa dall’intelligenza artificiale. «Attenzione. C’è un video in giro in cui, con una versione di me prodotta dall’intelligenza artificiale, viene usata per far pubblicità a un piano dentale. È tutto falso. Io non c’entro», ha dichiarato ai suoi 9,5 milioni di seguaci. Quasi una beffa, dal momento che nel 2004 Hanks recitò in Polar Express, il primo film d’animazione che, grazie alla tecnica della performance capture, di fatto aveva come protagonisti personaggi digitali con il volto di attori in carne e ossa. «Da allora questa capacità è cresciuta a livello esponenziale», osserva ora Hanks.

Un fenomeno che riguarda sempre più adulti

Se si parla di social, web e mondo degli influencer si è propensi a pensare che il target sia costituito solo da giovanissimi, ma non è così: «Certe esigenze di identificazione non sono solo dei teenagers, o non più, purtroppo. Ci sono anche molti adulti che stanno andando in questa direzione, cioè trovano appagamento e compensazione nel web, che si tratti di social network o di siti di appuntamenti online», spiega Magnante, che però avverte: «C’è il rischio di confondere i due piani, quello della vita reale da quello della vita virtuale, con la conseguenza che, anche quando ci si rende conto che nel mondo virtuale c’è molta finzione, la si ignora volutamente e si cerca di non vederla».