Pubblicata la nuova edizione della Mappa dell’Intolleranza, il progetto ideato da Vox – Osservatorio Italiano sui Diritti, in collaborazione con l’Università Statale di Milano, l’Università di Bari Aldo Moro, Sapienza – Università di Roma.
Al suo ottavo anno di rilevazione, la mappatura consente l’estrazione e la geolocalizzazione dei tweet che contengono parole considerate sensibili, secondo sei categorie: misoginia, antisemitismo, islamofobia, xenofobia, abilismo, omotransfobia. L’obiettivo è quello di identificare le zone dove l’intolleranza è maggiormente diffusa, cercando di rilevare il sentimento che anima le communities online, ritenute significative per la garanzia di anonimato che spesso offrono e per l’interattività che garantiscono.
Rilevati quasi due milioni di post su X
Nel 2024 la rilevazione ha riguardato quasi 2 milioni di post su X pubblicati nel periodo gennaio-novembre: un periodo di forti turbolenze, segnate dalla guerra in Ucraina e a Gaza, dalle elezioni americane, dal prepotente insorgere di fenomeni populisti nel mondo. «Una fase di incertezze e fragilità, che si sono riverberate – spiegano ricercatrici e ricercatori di Vox – nel vissuto quotidiano delle persone, contribuendo a creare un tessuto endemico di tensione e polarizzazione dei conflitti. Oggi l’odio online è attore fondamentale nella rappresentazione della polarizzazione e i social si configurano come la cinghia di trasmissione tra i mass media tradizionali, la politica e alcune sacche di forte malcontento, che trovano sfogo ed espressione proprio nelle praterie dei social».

Le donne la categoria più colpita
Avanza l’odio contro le donne: sul totale delle persone colpite da hate speech, le donne sono la metà. Sono oltre 51mila i tweet misogini al mese, 1.700 al giorno. Irrompe, atteso, l’odio antisemita, che passa dal 6,59% di due anni fa al 27% attuale. Sono le persone di origine o religione ebraica al secondo posto tra le categorie prese di mira, seguite nell’ordine da stranieri, musulmani, disabili e omosessuali. Avanzano pure xenofobia e islamofobia con messaggi d’odio specie contro migranti e musulmani (124mila tweet negli 11 mesi presi in esame)
La geolocalizzazione dell’intolleranza
Un secondo livello di rilevazione riguarda lo studio sui dati geolocalizzati. Il contributo dei LLM (Large Language Models) ha consentito una campionatura efficace dei dati stessi.
Per quanto riguarda la distribuzione dell’odio nelle diverse regioni e città italiane, non ci sono differenze di rilievo rispetto agli anni passati: le più coinvolte risultano le grandi città. Qui in ogni caso Milano appare come la più misogina e xenofoba, mentre Roma svetta in quanto ad antisemitismo e omotransfobia.
Un’analisi interessante riguarda il genere degli “odiatori”, dove si evidenzia come nella categoria misoginia, quasi il 21% dello hate speech sia prodotto dalle donne stesse (contro il 30% degli uomini), fenomeno che parrebbe prefigurare una sorta di “auto-oggettivazione”, di scelta cioè di un bersaglio esterno (un’altra donna), a fronte della difficoltà a percepirsi in quanto vittima o a viversi come poco autonoma.