Nel cantiere delle possibili misure in vista della legge di Bilancio per il prossimo anno, il governo sta lavorando al capitolo pensioni. È qui che starebbe prendendo forma l’ipotesi di “Ape Donna“, ovvero un’Ape (Anticipo Pensionistico) sociale agevolato al femminile, che consentirebbe di ricevere l’indennità di accompagnamento verso la pensione a partire dai 61-62 anni d’età invece dei 63 previsti attualmente con “Ape Sociale”.
La soluzione al vaglio interesserebbe la platea delle donne appartenenti alle categorie di maggior tutela (licenziate, con invalidità almeno al 74%, caregiver o impegnate in lavori gravosi) e si aggiungerebbe allo sconto già in vigore di un anno per ogni figlio, possibile fino a un massimo di due anni.
Come funziona attualmente “Opzione donna”
L’attuale configurazione di “Opzione donna“, meccanismo introdotto dal Parlamento alla fine dell’anno scorso, consente l’uscita a 60 anni d’età con un’anzianità contributiva pari o superiore a 35 anni. Lo sconto è di un anno per le donne con un figlio (pensionamento a 59 anni) e di due anni per quelle con più figli (pensionamento a 58 anni). L’accesso a “Opzione Donna” è limitato all’appartenenza alle categorie di maggior tutela (caregiver, invalide civili, lavoratrici licenziate o dipendenti da imprese). L’assegno viene liquidato con il calcolo del sistema contributivo.
“Ape donna”, mix tra “Opzione Donna” e “Ape sociale”?
Con “Ape Donna” il governo starebbe valutando la possibilità di introdurre un sussidio sulla falsariga del cosiddetto “Ape sociale“, l’anticipo pensionistico in favore delle donne che appartengono alle categorie di maggior tutela (attualmente conseguibile al raggiungimento dei 63 anni d’età anagrafica e 30 di anzianità contributiva).
“Ape donna”, le ipotesi al vaglio
Nell’ipotesi al vaglio dei tecnici di governo, “Ape Donna” sarebbe rivolto alle donne alle quali è attualmente consentita l’uscita anticipata (caregiver, con almeno il 74% di invalidità civile, licenziate) che abbiano maturato 61-62 anni d’età e 30 anni di contributi (28 per le madri con due o più figli). Nel caso di donne impegnate in lavori gravosi (per almeno sei anni negli ultimi sette o sette anni negli ultimi 10 di lavoro) gli anni di contributi necessari sarebbero 36 (34 per le lavoratrici con due figli).
La platea in oggetto avrebbe la possibilità di beneficiare di un’indennità erogata dall’Inps per 12 mesi l’anno (non 13 come la pensione) pari all’importo della rata mensile della pensione calcolata al momento dell’accesso alla misura. Il sussidio, erogato fino all’accesso alla pensione di vecchiaia, non potrebbe comunque superare i 1.500 euro lordi al mese non rivalutabili.
“Ape Donna” e “Opzione donna”: le differenze
La soluzione “Ape Donna” potrebbe essere alternativa alla pensione “Opzione donna” o essere introdotta in aggiunta a questa.
Al momento la platea delle destinatarie sarebbe sostanzialmente la stessa (licenziate, caregiver ecc) ma nel caso di “Ape Donna” non si sarebbe costrette a optare per il metodo di calcolo completamente contributivo. Si andrebbe in pensione dopo (attualmente con “Opzione donna”, avendo due figli, si può “uscire” con 58 anni oltre a un anno di finestra mobile se dipendenti) e si avrebbe un’indennità che può raggiungere al massimo 1.500 euro lordi. Con “Ape Donna” sarebbe richiesto poi un numero di anni di contributi nettamente inferiore (tra 28 e 30 invece dei 35 di “Opzione Donna”) ma non si andrebbe in pensione, si avrebbe solo una misura di accompagnamento alla pensione.