Decine di migliaia di donne sono in sciopero in Islanda contro il divario salariale. Si tratta della più grande astensione al femminile dal lavoro da mezzo secolo nel Paese.
Lo storico sciopero del 1975
L’ultimo sciopero femminile di un’intera giornata risale infatti al 1975, quando il 90% delle donne islandesi si rifiutò di lavorare nell’ambito del “kvennafrí” (giorno di riposo delle donne), portando a cambiamenti cruciali, tra cui la prima donna eletta presidente di un Paese.
“Tu chiami questa uguaglianza?”
Lo sciopero di oggi, organizzato da circa 40 associazioni diverse, ha come slogan “Tu chiami questa uguaglianza?”. Tra le partecipanti ci sono lavoratrici dell’industria della pesca, insegnanti, infermiere che chiedono di colmare il “gender gap” retributivo. Smetteranno di lavorare, sia per lavori retribuiti e contrattualizzati, sia per tutti gli altri, come la cura della casa e la gestione dei figli, per tutta la giornata come fecero le loro madri e nonne mezzo secolo fa. A Reykjavik, si svolgerà la manifestazione più importante mentre altre mobilitazioni si terranno in una decina di città.
L’adesione della premier
Ad aderire anche la premier Katrin Jakobsdottir che ha sottolineato come non siano stati raggiunti gli obiettivi di piena uguaglianza di genere: “una cosa inaccettabile nel 2023”, ha commentato, nonostante siano la priorità del suo governo. E ha segnalato che le differenze di salario fra uomini e donne sono in aumento in tutto il Paese.
La situazione in Islanda
L’Islanda è il primo Paese al mondo in materia di uguaglianza di genere, con una riduzione del 90% del “gap” salariale e sociale negli ultimi 3 anni, secondo i dati ufficiali del 2022. Nonostante questi dati, le organizzatrici dello sciopero lamentano il fatto che in alcune professioni il divario di retribuzione tra uomini e donne raggiunga ancora il 21%. Freyja Steingrímsdóttir, portavoce del Bsrb, il più grande sindacato dei lavoratori pubblici, ha dichiarato che “si parla dell’Islanda come di un paradiso della parità di genere”, ma “dobbiamo assicurarci di essere all’altezza di queste aspettative”.
Lo sciopero contro la violenza di genere
La protesta riguarda anche il fatto che più di una donna su tre ha avuto esperienza di violenze di genere nella propria vita. Al discorso sulle discriminazioni economiche è infatti legato anche quello sulle violenze sessuali e di genere. Secondo una delle organizzatrici, Drífa Snædal, “la violenza contro le donne e il lavoro sottopagato sono due facce della stessa medaglia e hanno effetto l’una sull’altra”, ha detto al Guardian.