Una fotografia in chiaro scuro quella che il rapporto OCSE “Education at Glance 2024” fa del sistema educativo e dell’istruzione in Italia. Se da un lato il Bel Paese può contare su alcuni parametri in cui le cose sembrano andare per il verso giusto, altri destano invece preoccupazione. Su tutti la dispersione scolastica.

La dispersione scolastica

Secondo il portale Skuola.net, che ha scandagliato i dati del rapporto OCSE sullo stato di salute del settore scuola negli Stati dell’area, la percentuale di giovani tra i 25 ei 34 anni senza titolo di studio secondario superiore nel nostro Paese è diminuita del 6 punti percentuali dal 2016 e ha raggiunto il 20% nel 2023. Un dato significativo che tuttavia rimane al di sopra rispetto alla media dell’OCSE del 14%.

Il fenomeno NEET

Quanto ai NEET, cioè i giovani che non hanno un lavoro, né frequentano un corso di istruzione formazione, l’Italia ha fatto molto negli ultimi anni, passando dal 32% al 21% tra il 2016 e il 2023 (ma è ancora lontana dalla media OCSE del 15%). Tuttavia, mentre le differenze di genere sono relativamente piccole per i giovani di età compresa tra i 20 e i 24 anni, il tasso di NEET è più elevato per i giovani di età compresa tra i 25 e i 29 anni con il 31% delle donne che non studiano e non lavorano contro il 20% degli uomini.

Il peso dell’istruzione dei genitori

L’istruzione dei genitori poi ha un forte impatto sul rendimento scolastico dei figli: in Italia il 69% dei 25-64 anni che hanno almeno un genitore con un titolo terziario, ovvero la laurea, ha conseguito la laurea (o un titolo equivalente) mentre il 37% degli adulti i cui genitori non hanno raggiunto titolo di studi superiori, non sono riusciti neppure a concludere le scuole superiori e ad ottenere la maturità.

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Dalla scuola all’occupazione: il gender gap

Secondo quasi tutti i parametri disponibili, le ragazze e le donne ottengono risultati scolastici migliori rispetto ai maschi (il 55% dei laureati è femmina) e in molti casi il divario si sta ampliando.

Ma anche se le donne superano chiaramente i ragazzi e gli uomini nell’istruzione, il quadro è invertito quando entrano nel mercato del lavoro. Le donne di età compresa tra i 25 e i 34 anni hanno meno probabilità di essere occupate rispetto agli uomini; il divario è generalmente più ampio per coloro che hanno un livello di istruzione inferiore a quello secondario superiore, più ristretto per coloro che hanno conseguito un titolo terziario.

In Italia solo il 36% delle giovani donne che ha un titolo di studio conseguito al di sotto del livello di istruzione secondaria superiore viene occupato, mentre la quota corrispondente per i giovani è del 72% (le corrispondenti medie OCSE sono del 47% e del 72%).

Disparità retributiva, Italia peggior Paese dell’OCSE

In Italia le giovani donne con una laurea guadagnano in media il 58% in meno dei loro coetanei maschi a parità di mansione. Si tratta del Paese con il più grande divario retributivo di genere nell’area OCSE, dove in media le donne percepiscono il 17% in meno dei colleghi maschi.

La forchetta si allarga nel caso delle giovani con un diploma di scuola secondaria superiore o l’istruzione post-secondaria non terziaria: in Italia guadagnano l’85% meno dei loro coetanei maschi.

Buone notizie dal corpo docenti

Un ambito in cui le cose sembrano girare per il verso giusto, sottolinea Skuola.net, è la questione docenti. L’Italia è il Paese con il miglior rapporto alunni per professore: 11 studenti per insegnante alle elementari (contro i 14 della media OCSE), 11 alle medie (contro i 13 OCSE), 10 alle superiori (contro i 13 OCSE). Bene anche sul fronte stipendi dei professori, cresciuti dell’8% (se misurati per gli insegnanti con 15 anni di carriera).